C’è ancora, e credo che ci sarà ancora per molti anni, l’abitudine a considerare l’ANSA una sorta di “grado zero” dell’informazione giornalistica: come fosse l’oggettività fatta parola, fonte di informazione primaria e attendibile in quanto “neutra”, non sbilanciata politicamente o per via di dipendenze economiche. Per questo si è diffuso tanto il suo linguaggio e il suo modo di esprimersi, apparentemente piatto e privo di connotazioni di sorta. Apparentemente. Credo invece che lo si possa prendere a esempio di “grado zero” della consapevolezza del linguaggio giornalistico riguardo alcune questioni di diritti civili in Italia. Come in questo esempio. Il giorno che si avrà la forza – giudici e giornalisti non l’avranno mai, ovviamente, non è il loro compito – di mettere insieme certi fatti con altri senza vergognarsi di parlarne con un linguaggio più proprio, sarà sempre troppo tardi.
Parolisi uccise per rapporto sessuale negato [nel titolo si usa l’indicativo, segnatevelo]
Depositate le motivazioni della sentenza di primo grado
Un rapporto sessuale negato avrebbe [nel testo, invece, si parte col condizionale. Anche dopo le motivazioni del giudice, meglio non sbilanciarsi, mi raccomando] scatenato la furia di Salvatore Parolisi, il caporal maggiore dell’Esercito condannato in primo grado all’ergastolo per avere ucciso a coltellate, il 18 aprile 2011, la moglie Melania Rea, nella pineta di Ripe di Civitella (Teramo): è questa la conclusione [le conclusioni, com’è noto, si esprimono col condizionale: “due più due farebbe quattro”] alla quale è arrivato il giudice di Teramo, Maria Tommolini, nelle motivazioni della sentenza.
Secondo il giudice si è trattato di un delitto d’impeto [DELITTO D’IMPETO, ricordatevi bene questo orrore: è la nuova maschera dell’onore maschio, del raptus, del “non volevo farlo davvero”, del “bravo ragazzo” ] che non avrebbe nulla a che vedere con le relazioni extraconiugali di Parolisi [affrettiamoci a dirlo, non sia mai qualcuno voglia scalfire la moralità del bravo ragazzo], maturato a causa della frustrazione vissuta dall’uomo nei confronti di Melania [frustrazione che anch’essa, con le relazioni extraconiugali, non c’entra nulla, figuriamoci], “figura dominante” della coppia [ecco, cominciamo col mettere le cose in chiaro: lei s’è beccata le coltellate ma dominava e frustrava il bravo ragazzo. Di recente è pieno di donne dominanti distratte, c’avete fatto caso?]. Nella ricostruzione fornita dal magistrato l’omicidio si sarebbe consumato in pochi momenti, quando Melania si è spostata dietro al chiosco della pineta per fare pipì: la vista della moglie seminuda – sempre secondo il giudice – avrebbe verosimilmente [dice il vocabolario: verosimilmente = con tutta probabilità, insomma un altro condizionale, lasciando sempre aperta la porta ad altre ipotesi, eh] eccitato Parolisi [bravo ragazzo ridotto a un automa priapico appena percepisce fica, e che vuoi farci, sono fatti così] che si è avvicinato e ha baciato la donna, per avere un rapporto sessuale [ha baciato la donna è in modo indicativo: cos’è accaduto durante la di lei pisciata lo sappiamo con certezza, ma il resto è tutto in forse]. Melania però avrebbe rifiutato l’avance, forse rimproverando il marito [strano, notoriamente pisciare tra le fratte stando attenti a non battezzare i vestiti è il momento migliore per fare e accettare proposte], che a quel punto ha reagito all’ennesima [ennesima? Qualcuno legge, qui sopra, un accenno alle altre? Quando sarebbero accadute? O basta dire dominante e il resto è ovvio senza bisogno di riportarlo?] umiliazione [UMILIAZIONE? Voler essere lasciati in pace a pisciare significa umiliare qualcuno? Far notare al marito che forse quello non è il momento migliore per proporre sesso ha – non “avrebbe”, “ha”, dice l’ANSA – il peso di una frustrazione?], sferrando i colpi con il coltello a serramanico che aveva in tasca [quale bravo ragazzo non gira con un serramanico in tasca? Con certe dominanti in giro, uno ha il dovere di difendersi, eh].
Nella sentenza di condanna a Parolisi, il Gup Tommolini parla anche del rapporto tra il caporal maggiore e la soldatessa Ludovica Perrone e pur escludendo implicazioni dirette sul’omicidio [ma sì, ma cosa volete che c’entri una relazione extraconiugale con la frustrazione e l’umiliazione per un rapporto sessuale negato in mezzo alle fratte durante una pisciata, ma cosa andate a pensare, pervertiti che non siete altro], afferma che la relazione tra i due era ancora in atto [leggi: il Parolisi scopava già di suo, quindi l’impeto della reazione non è dovuto al sesso mancato, ma proprio all’ennesima frustrazione della donna dominante. Porèllo, lui è uno che ci tiene, all’educazione]. Per dimostrare probabilmente che Salvatore ha detto troppe bugie anche sul rapporto tra i due agli inquirenti, cita le telefonate intercorse tra i due: dal 2 settembre 2009, data presumibile dell’inizio del rapporto, al 27 aprile 2011 Salvatore e Ludovica si sono scambiate 5395 chiamate e 4012 sms. Il che significa che nei 603 giorni del loro rapporto tra i due c’é stata una media di 8,9 telefonate al giorno e 6,6 messaggi [e che altro cacchio faceva Parolisi durante il giorno? Ah, sì, subiva frustrazioni dalla dominante] tale da spingere il giudice ad affermare che “vi era da circa due anni una stabile relazione sentimentale ancora in corso” [che comunque non c’entra con l’impeto di Parolisi: l’ANSA mette il condizionale alle motivazioni del giudice, ma davanti ai suoi numeri s’inchina. Potenza delle scienze esatte].
“Nel tentativo di allontanare i sospetti”, Parolisi “ha fornito, con proprie dichiarazioni e interviste televisive, una mole di menzogne che, inconsapevolmente [al bravo ragazzo, inconsapevolmente, ne succedono di tutti i colori, e che ce vòi fa’, il mondo va così, inconsapevolmente ma con il coltello a serramanico in tasca], hanno costituito una sorta di confessione”. E’ quanto sostiene il Gup nelle sue motivazioni. “Una mole di menzogne (così come era solito fare nella propria vita quotidiana [menzogne nella vita quotidiana che però, inspiegabilmente, non servivano a schivare le ennesime umiliazioni della dominante frustrante, eh? Ammazza che cattivona che doveva essere, lei]) – scrive il magistrato – che ha offerto al giudicante una chiave di lettura che ha consentito di ricostruire la dinamica dell’accaduto, il movente e l’effettiva personalità di un uomo che ha vissuto e vive una propria realtà, che prende spunto dal vero, lo rielabora e, quindi, lo eleva a verità [insomma, quelle parole che altrove definirebbero un qualunque emerito stronzo, qualora costui avesse la dominante frustrante allora descriverebbero un “inconsapevolmente impetuoso”] tanto da essersi già assolto dai terribili delitti commessi”.
E il battesimo del “delitto d’impeto” è servito: officianti una giudice e un’agenzia di stampa. Buon 2013.
assolutamente condivido la decostruzione dell’ articolo. unica nota, è fondamentale fare una distinzione tra i dispacci dell’ ansa – in quanto agenzia di stampa- e gli articoli del sito, a tutti gli effetti articoli di ‘informazione’ (e in quanto tali troppo spesso disinformazione).
quello che si intende per ‘grado zero’ sono solamente i dispacci.