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Paestum: tra “rappresentanza” e mancato riconoscimento delle soggettività!

Paestum convocato dalle femministe “storiche”. Noi non c’eravamo per scelta e chi della nostra community voleva esserci non se lo potevamo permettere. Alcune delle donne che sono state con noi a Livorno, al II° FemBlogCamp, invece c’erano. Segnaliamo un report, ci sembra l’unico, in giro che racconti un punto di vista differente. Poi segnaliamo dei video/interviste a cura della Libreria delle Donne di Milano e se volete leggere altre note proseguite nel loro sito. In generale però viene registrata di quelle giornate, a parte l’alto numero di partecipanti, la discussione che interessa a quelle che ne parlano, ovvero quella della rappresentanza.

L’articolo della Dominjianni sul Manifesto racconta un po’ di tutto. Ci è stato sottoposto nella nostra mailing list e questa è l’opinione di una compagna del nostro Collettivo che condividiamo anche qui.

Da Feminoska:

io non sono stata a Paestum e perciò non posso parlare più di tanto dell’evento in sè, se non condividere qualche impressione di quello che ho letto/sentito a riguardo.

1 – Noto con dispiacere che anche una testata come il manifesto ha deciso di dare visibilità ad un evento femminista che potrei definire ‘istituzionale’ a scapito di eventi cresciuti ‘dal basso’ come il fem blog camp.
Ricordo, per chi lo avesse dimenticato, che solo 10 giorni fa centinaia di femministe e antisessisti erano presenti a livorno costruendo con le proprie forze, saperi, passioni un camp fatto di condivisione e partecipazione, che mi pare rappresenti assai meglio di Paestum – almeno per quanto mi è dato sapere di un luogo che, se non ho malinterpretato, mi è parso governato da catering e dibattiti frontali in stile professore-allievo – ‘l’assunto che, per avere un senso, la politica deve muovere ed essere mossa dalla vita […], e che dunque l’unica mossa che vale contro la governamentalità biopolitica di oggi è quella di una soggettività esposta in prima persona, di una pratica non alienata in regole e procedure, di una parola aderente non all’ideologia ma all’esperienza, di un’azione non differita nel programma o nell’utopia ma sperimentata nel qui e ora.
(tra il dire e il fare c’è di mezzo….)

Peraltro quei pochi articoli che ho potuto leggere nelle settimane passate sul fem blog camp, erano soprattutto interessati alla presenza della zanardo o della ‘mosca bianca’ lorenzo (oooohhhh, l’uomo antisessista, notizia!!!:-D) e spesso facevano riferimento a FaS (che, scusate la finezza, son due anni che si fa un ‘tombino’ così per realizzarlo) solo marginalmente e in maniera quasi casuale, quando non ignorandoci completamente.

Questo non per manie di protagonismo – personalmente non me ne può fregare di meno – però a titolo di ‘osservatrice’ posso affermare che trattasi di scelte politiche operate dalle testate giornalistiche volte a legittimare solo alcune modalità di fare politica, quelle che in qualche modo non vanno a scardinare veramente le fondamenta del potere (noi, al contrario di loro, si è parlato tanto di sessualità, di genere, di antispecismo, di precarietà…di tutte quelle catene reali e quelle oppressioni che sperimentiamo quotidianamente e che ci rubano vita, e contro le quali lottiamo con tutte le nostre forze).

2 – L’incipit dell’articolo parla di ‘desiderio di politica‘: ma quale politica mi chiedo io? perchè se non si parla di sessualità e poteri, di precarietà, ecc.ecc. dove caspita è andata a finire la preziosissima intuizione del fatto che il personale è politico?
La politica di cui si parla a Paestum è ‘la questione della rappresentanza‘…. cioè, davvero siamo ancora qui? E’ questo l’immaginario politico in grado di scardinare gli ingranaggi del potere che dilaniano i nostri corpi e le nostre vite? Ma forse nemmeno mia nonna ragionava così!

E inoltre ‘Non è però tanto la rappresentanza quanto il lavoro a prendersi prepotentemente la scena, e ben più della sessualità di cui invece si parla poco o niente. Ma qui il lavoro non è solo quello che c’è e quello che non c’è, quello garantito e quello precario, quello fisso e quello intermittente: è prima di tutto investimento di energia e di desiderio, progetto di sé e relazione con altre e altri, realizzazione o delusione, racconto d’esperienza, spesso ferito dalla mancanza di restituzione.

Questa è la concenzione di lavoro? Beh, per me il lavoro è schiavitù, il precariato è avvilente ma è la nostra realtà, e non ci si può non confrontarsi con essa. Come si può dire che il lavoro sia ‘progetto di sè spesso ferito dalla mancanza di restituzione‘?
Vallo a dire a una badante, ad una sex worker, ma anche a me!!!!
Il lavoro nel mio quotidiano è compravendita di prestazioni in cambio di denaro,  tramite quella compravendita il mio datore di lavoro si prende il diritto di maltrattarmi, abusare di me a parole e con mille subdole azioni, e di sicuro non è il mio progetto, o quello che meglio mi rappresenta!
Da un pò di tempo a questa parte ho messo davvero in discussione questo aspetto della mia vita e mi sono resa conto che, anche quando mi capita di realizzare lavori che in qualche modo mi gratificano (e dedicandomi a diverse attività fortunatamente capita anche questo), si tratta sempre e comunque di lavoro, ci sono sempre dei limiti e dei paletti (di tempi, di modi, di opportunità) che non corrispondono alla piena espressione di sè.
Mi sono accorta col tempo che tutte le migliori espressioni di me passavano e passano attraverso la gratuità  – che vivo comunque con responsabilità, ma che mi assicura la piena libertà d’azione. Il lavoro nella mia vita si è perciò pian piano svuotato di tutti i costrutti simbolici di autorealizzazione che gli vengono associati (per renderlo più accettabile) e si è mostrato per ciò che è: transazione con me come merce. (e nb: il reddito di sussistenza di cui si parla nell’articolo declinandolo al femminile dovrebbe essere rivendicato da tutt*, uomini e donne, perchè siamo tutt* parte lesa nei giochi di potere che vengono operati sulla nostra pelle quotidianamente dal ‘mercato del lavoro‘ – non è un caso che si chiami mercato).

3 – ‘C’è di mezzo il «riconoscimento di soggettività» che le giovani a ragione rivendicano. Ma che non è affatto in contraddizione con il riconoscimento di genealogia che fa la storia e la forza del femminismo.
Ecco, io qui alla Dominijanni tirerei un ceffone (cultural/metaforico). Perchè le giovani non dimenticano la genealogia (difatti noi ad esempio, che manco siamo tra le più giovani, di Paestum abbiamo parlato, loro guardacaso di noi no), ma la genealogia non deve diventare un atteggiamento di supponenza, un fardello che le più giovani debbano buttarsi acriticamente sulle spalle. Cosa temono, mi chiedo, l’oblio? Beh, parliamone, ma a parte che aggrapparsi alla storia del femminismo per legittimarsi fa tanto ‘politico aggrappato alla poltrona’, sono queste persone le prime a non volersi mettere in discussione, le prime a ignorare le nuove istanze, le prime a derubricare qualsiasi altra proposta come inconsistente o inopportuna, le prime a voler a tutti i costi dettare l’agenda a quelle ‘vite che anelano farsi politica‘ (questa è mia! ;-)) Lo abbiamo visto in opera nelle chiamate SNOQ, mi pare di scorgerlo anche a Paestum nel modo in cui le questioni vengono scelte, poste e discusse.

Hanno paura di essere superate (cosa che invece, se fossero lungimiranti, dovrebbero accogliere con gioia), non ci pensano nemmeno a mettersi in discussione. Mi pare che davvero non riescano a fare molto altro se non guardarsi allo specchio.
Brave, siete ‘storia’. Ma se non aprite davvero occhi, orecchie e cervello, diventate fossili. Se non vi fate da parte quando è giusto farlo, se non aiutate le femministe più giovani, piene di idee ma prive di visibilità a prendere parola siete peggio: siete fossili che sistematicamente ci tolgono la parola, fossili che mettono i bastoni fra le ruote al cambiamento. Fossili decadenti di un paese in decadenza.
Loro non sono il femminismo, sono parte del femminismo. E questo fa una differenza enorme.

Posted in Comunicazione, Critica femminista, Pensatoio, Scritti critici.


7 Responses

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  1. fasse says

    Un altro commento da fb da parte di una ragazza che c’era, lisbeth http://www.facebook.com/FemminismoaSud/posts/391845034220094:

    uscita prima dal lavoro vi do il mio contributo su paestum…mi sembra giusto dire che cosa io mi aspettavo da lì: a dire il vero poco ma essendo vicino casa, (sono di salerno) sono andata. Ci sono andata anche perchè trovo cmq settario nn partecipare solo perchè già sappiamo cosa ne verrà fuori nel senso che si può cmq diventare un punto di riferimento e intessere (veramente!) relazioni con chi è
    più affine a noi e che magari sentendo solo la loro campana si deprimeva e tornava a casa. Inoltre credo che non bisogna x forza essere d’accordo su tutto ma trovare dei punti in comune(contro la precarietà che investe soprattutto le donne, i tagli alla spesa sociale ecc) per agire insieme come donne in conflitto contro questo sistema (e quindi la rappresentanza non può essere oggetto di discussione di un movimento di femministe in questa situazione economica e politica). In verità la questione della rappresentanza è stata molto criticata anche dalle “storiche” in plenaria (penso alla muraro alla jourdan alla terragni, alla pomeranzi..) ma in fin dei conti nn ho cmq capito dove queste volevo andare a parare con questo incontro. Si parlava di relazione tra donnema nn ho ben capito x fare che visto che delle questioni reali e attuali nn si è parlato x nulla. Mi è sembrato inoltre molto strano che la terragni abbia detto che a parlare di rappresnetanza erano le giovani poichè i pochi interventi di giovani donne (pochi perchè su 750 eravamo massimo 100 ad avere meno di 40 anni) parlavano di precariatoe di movimento nn certo di rappresentanza. Si è parlato poi a parlare di desiderio di rappresentanza °_° e vabbè e di precariato della vecchiaia (questo nel mio gruppo in cui anche in un ambito + ristretto l’ascolto è stato poco °_°). Ma credo che non sia stato solo un problema di “cattiva fede”..ho capito che ciascuna ha il suo angolino al sole e i suoi soldini da parte e purtroppo a certe cose nn ci arrivano proprio…Detto questo non imposterei la mia ragione di vita sulla guerra alle femministe storiche…è solo controproducente…noi dobbiamo fare il nostro.
    Per me e rivolgo l’appello anche a voi bisogna uscire dal silenzio attraverso una mobilitazione di donne contro la crisi trovando dei punti in comune…non possiamo essere d’accordo su tutto ma neanche possiamo parlare di cose astratte (come a paestum)in questi momenti drammatici. è già tardi.

  2. Igor_Giussani says

    “Dare come discriminante fondamentale la società patriarcale e capitalista forse non basta più, quale è la “modernità”cosa è cambiato?”

    Questo è uno spunto bellissimo dove secondo me le eco-femministe hanno già alcune risposte valide. Si parla sempre di ‘patriarcato’, come se le discriminazioni attuali fossero dovute al retaggio della società contadina e che quindi siano un’eredità involuta della moderna società industriale; io invece penso che questo retaggio in parte ci sia ancora (il maschilismo più rozzo e becero), ma che a dominare sia nuove forme di discriminazione (magari più liberali nei modi) insite nella modernità così come l’abbiamo conosciuta e che prescindono dal patriarcato.

  3. fasse says

    da Fb http://www.facebook.com/FemminismoaSud/

    Paoletta Brunelli
    Contenta, di essere stata a Paestum, tante donne di tutte l’età circa 800 o anche di più che in qualche modo sono riuscite a costruire una forma d’incontro dal basso ben organizzata, e ci sono stata bene
    perché ho conosciuto pezzi di memorie storie di donne, relazioni, empatie e dialoghi. Ma parallelamente saliva in me col passare del tempo un’estraneità in un luogo estraneo e surreale;
    in un sud quasi profondo per nulla scosso dalla nostra presenza che ben si amalgamava nella sua pacificazione ad una vetrina del matrimoniaggio che è questo paese, per alcuni tratti salivano in me immagini del film Reality di Matteo Garrone…
    E’ da tempo che sento una rabbia dentro leggendo le “analisi chiuse” “dentro le stanze”, l’incapacità
    e la poca pratica politica logora e svilisce chi fortemente intravede la necessità dell’agire in questi tempi di attesa. Ora riflettendo mi sono chiesta, dobbiamo avere la capacità di rompere con il lamenti del tipo: gli uomini occupano la politica o concetti come: la natura femminile ha valori in se di pace solidarietà e cura, o le donne sono state in silenzio.. O il clichè la forza delle donne.. E il 50/50 per chi e per che cosa? Se non per normalizzare e per un controllo emancipatorio …cosa ha a che vedere con la capacità di autodeterminazione della non delega del il rifiuto delle rappresentanze, temi e agiti di ben altra ampiezza nella critica alla società patriarcale. E’ stato riduttivo parlare di precarietà generazionale e non del lavoro oggi, perché essa è ormai pratica di vita…purtroppo per chi vive una condizione di classe. E da quali parti si è parlato dell’agire politico nei territori occupati ormai socialmente e ideologicamente dalle Destre, perchè dove c’è sessimo c’è anche razzismo e fascismo.
    Dare come discriminante fondamentale la società patriarcale e capitalista forse non basta più, quale è la “modernità”cosa è cambiato? Conosciamo innanzitutto un raccontare di femminismo
    eterosessuale e di classe media che non esamina le disuguaglianze e non mette al centro le differenze fra donne e l’oppressione delle donne da parte di altre donne.
    Ora ritengo che essere nel movimento femminista sta anche nel convivere con le sue contraddizioni (cit.)
    Ma spero tanto che Paestum sia un punto di partenza e non invece un magma di soggettività
    residuali molto spesso autocelebrative e autoreferenziali.
    Un contributo…io ci sono andata…ma..

  4. paoletta says

    Contenta, di essere stata a Paestum, tante donne di tutte l’età circa 800 o anche di più che in qualche modo sono riuscite a costruire una forma d’incontro dal basso ben organizzata, e ci sono stata bene
    perché ho conosciuto pezzi di memorie storie di donne, relazioni, empatie e dialoghi. Ma parallelamente saliva in me col passare del tempo un’estraneità in un luogo estraneo e surreale;
    in un sud quasi profondo per nulla scosso dalla nostra presenza che ben si amalgamava nella sua pacificazione ad una vetrina del matrimoniaggio che è questo paese, per alcuni tratti salivano in me immagini del film Reality di Matteo Garrone…
    E’ da tempo che sento una rabbia dentro leggendo le “analisi chiuse” “dentro le stanze”, l’incapacità
    e la poca pratica politica logora e svilisce chi fortemente intravede la necessità dell’agire in questi tempi di attesa. Ora riflettendo mi sono chiesta, dobbiamo avere la capacità di rompere con il lamenti del tipo: gli uomini occupano la politica o concetti come: la natura femminile ha valori in se di pace solidarietà e cura, o le donne sono state in silenzio.. O il clichè la forza delle donne.. E il 50/50 per chi e per che cosa? Se non per normalizzare e per un controllo emancipatorio …cosa ha a che vedere con la capacità di autodeterminazione della non delega del il rifiuto delle rappresentanze, temi e agiti di ben altra ampiezza nella critica alla società patriarcale. E’ stato riduttivo parlare di precarietà generazionale e non del lavoro oggi, perché essa è ormai pratica di vita…purtroppo per chi vive una condizione di classe. E da quali parti si è parlato dell’agire politico nei territori occupati ormai socialmente e ideologicamente dalle Destre, perchè dove c’è sessimo c’è anche razzismo e fascismo.
    Dare come discriminante fondamentale la società patriarcale e capitalista forse non basta più, quale è la “modernità”cosa è cambiato? Conosciamo innanzitutto un raccontare di femminismo
    eterosessuale e di classe media che non esamina le disuguaglianze e non mette al centro le differenze fra donne e l’oppressione delle donne da parte di altre donne.
    Ora ritengo che essere nel movimento femminista sta anche nel convivere con le sue contraddizioni (cit.)
    Ma spero tanto che Paestum sia un punto di partenza e non invece un magma di soggettività
    residuali molto spesso autocelebrative e autoreferenziali.
    ho scritto questa nota sulla mia pagina faceboock ora voglio condividerla con voi e anche sul blog di Paestum… per un ulteriore contributo Paoletta Brunelli

  5. fasse says

    Ciao Bia, fino ad ora la discussione nella mailing list si è fermata a questo. se ci sono altri interventio in proposito sicuramente li segnalaremo. 🙂

  6. Bia Sarasini says

    care, un report di chi dichiara dall’inizio che non c’era mi sembra una contraddizione palese. Per cui. aboliamo dei fantasmi e delle leggende. A apestum non ci sono state discussioni frontali, niente relazioni introduttive, il palco è sempre stato rigorosamente vuoto, a volte qualcuna si è spostata al centro perché le altre volevano vedere,. C’erano alcuni microfoni che circolavano tra le presenti (746 registrate, che hanno dato un contributo, con cui si sono pagati i costi della sala, un bel po’ quelle no, fate voi i conti). I temi. è vero si è parlato molto di rappresentanza, troppo. Ma con un bel conflitto, sparso tra età e storie diverse, tra chi ritiene che sia centrale e chi no. Il fatto che abbia preso tanto tempo è stata una sorpresa. Si è parlato moltissimo di lavoro e precariato, per voce delle più giovani presenti, quasi un terzo dell’assemblea, ma non solo. Poco e niente di sessualità. questo lo scrivo non per “convincervi”, di che poi? che siamo tutte contemporanee? -questo è un dato di fatto, basta guardarlo da qualunque angolatura si sia collocate. Vorrei chiedere invece – a chi c’era, o no, non importa- se volete postare interventi sul blog. Potete mandarli ai contatti, o alla mia mail personale, o anche su fb.

Continuing the Discussion

  1. Rassegna Stampa – femminismo a sud - « Primum vivere anche nella crisi: la rivoluzione necessaria. La sfida femminista nel cuore della politica linked to this post on Ottobre 10, 2012

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