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di Laurie Penny – 26 agosto 2012 (tradotto da Fabio Sallustro)
Questa settimana si sono messi tutti a discutere di violenza sessuale e del suo significato.
Seguendo il caso Assange, ascoltandolo mentre declamava il suo discorso alla Evita dal balcone dell’ambasciata ecuadoregna, dibattendo con uomini e donne sulla rete, ho avuto modo di sentirmi dire da persone più che degne, e di ogni schieramento politico, che le donne che hanno accusato il fondatore di Wikileaks di abusi sessuali stavano mentendo, erano state ingannate, facevano da “specchietto per le allodole” oppure (e questo l’ho sentito sempre più spesso) quanto la loro definizione di stupro fosse imprecisa.
Non tutti quelli che hanno sostenuto simili concetti erano imbecilli patentati come George Galloway o galletti repubblicani come il candidato al senato Todd Akin.
Alcuni degli idioti in questione erano semplici internauti convinti che se un uomo con il quale hai precedentemente acconsentito a fare sesso ti blocca in terra e ti scopa allora non è stupro.
Se stai indossando una minigonna e flirti allora non è stupro.
Se un uomo ti penetra senza preservativo mentre dormi, contro la tua volontà, non è stupro, non, per usare le parole di Akin, “uno stupro vero e proprio“.
Vecchi uomini, bianchi e potenti, sembrano sapere molto meglio delle vittime cosa sia uno stupro.
Fanno la coda per dirci che alle donne (e la discussione verte sulle donne e le loro menzogne nonostante il 9% degli stupri abbia come vittime gli uomini) non deve “sempre essere chiesto il permesso di prima di ogni penetrazione“.
Grazie dell’informazione George, comunque questa regola vale per te.
C’è un esercito di commentatori che ritiene che il concetto “non è una vera violenza” sia tanto una valida difesa per un richiedente asilo quanto una verità oggettiva.
Dicono che le donne mentono. Mentono sullo stupro, sulle aggressioni sessuali, lo fanno perché sono stupide, perché cercano attenzione o magari perché sono deluse.
Conta poco che la percentuale di menzogne in caso di stupro sia allo stesso livello di qualunque altra accusa di natura penale (da 2% al 4%).
Per cultura ancora ci rifiutiamo di credere, collettivamente, che gran parte delle violenze siano inflitte da uomini comuni, uomini con amici e famiglie, uomini che magari hanno fatto cose straordinarie nella vita.
Ci rifiutiamo di credere che i bravi ragazzi violentino le donne. E che lo facciano spesso.
E’ doloroso da accettare. E’ molto più facile continuare a credere che solo i cattivi violentino, solo i violenti, gli psicotici, gli assatanati nei vicoli, dipinti in modo caratteristico, con i loro coltelli, solo queste persone violentino invece degli uomini ordinari.
Invece di persone che potrebbero essere nostri amici, colleghi o gente che ci intriga.
Questa è una possibilità che non ci piace.
Neanche a me piace. Quindi fingiamo tutti che non sia questo il caso.
Vedete che giustizia?
In realtà lo stupro è molto comune.
Nel 2008 sono state circa 90.000 le vittime di stupro negli USA e si stima che oltre metà delle vittime non vada mai alla polizia per denunciare il crimine.
Questo porta il dato a quasi 200.000 vittime.
Tra il 10% e il 20% delle donne ha vissuto uno stupro od un abuso di natura sessuale.
E’ così frequente, mi spiace che non sia bello da ascoltare, che esiste una buona probabilità che voi conosciate qualcuno che abbia subito o fatto violenza.
Ed esiste la possibilità che il violentatore non creda neanche di aver fatto qualcosa di sbagliato, che pensi che quanto ha fatto non sia una violenza, che NON POSSA essere una violenza perché, dopo tutto, non è un cattivo ragazzo
L’uomo che mi ha violentato non era un “cattivo”.
A malapena trentenne, rispettato e di bell’aspetto, parte di un gruppo che non frequento più, amico di molte donne forti che ammiravo.
Avevo 19 anni e ammiravo anche lui.
Una notte andai ad una grande festa, in un albergo.
Nel prosieguo della serata alcuni degli organizzatori più grandi (tra cui lui) mi invitarono in una camera che avevano affittato.
Sapevo che ci sarebbe potuta scappare qualche bevuta e dei baci.
Iniziai a sentirmi male e chiesi se non sarebbe stato un problema dormire nella stanza.
Mi sentivo sicura dato che erano presenti altre persone.
Quella notte non avevo in programma di fare sesso con quell’uomo (o con chiunque altro) ma se anche fosse stata mia intenzione farlo questo non lo avrebbe legittimato a penetrarmi senza un preservativo o senza che lo volessi.
Ricordo di essermi svegliata mentre mi stava penetrando e ho capito che il mio corpo non stava facendo quello che gli dicevo di fare.
Potevo essere stata bloccata o, più probabilmente, ero troppo nauseata per muovermi.
Non ho mai retto bene l’alcol, e per questo ho praticamente smesso di bere, ma la sensazione che provai in quei momenti era molto più forte e non so se qualcuno mise qualcosa nella mia bevanda.
Ero terrorizzata dal suo volto contratto e sudato, mentre mi scopava.
La mia testa era come andata. Non potevo muovermi.
Ero angosciata ma era già dentro di me e decisi che sarebbe stato più semplice cessare di guardarlo e lasciarlo finire.
Quando smise mi raggomitolai nell’angolo di quel letto enorme e restai così fino all’arrivo del sole.
Mi alzai sentendomi malata e ferita dentro e feci una lunga doccia nel bellissimo bagno dell’albergo.
L’uomo che mi aveva scopato senza consenso era sveglio quando uscì dal bagno.
Provò a spingermi sul letto per del sesso orale ma mi rialzai in fretta e mi vestii.
Gli chiesi se avesse usato un preservativo.
Mi rispose che non era il “tipo da preservativo” e mi chiese se prendessi la pillola.
Non mi ricordo di aver pensato: “Sono appena stata violentata”.
Dopotutto quest’uomo non si comportava nel modo in cui avevo immaginato si comportassero gli stupratori.
Gli stupratori sono cattivi.
Non sono ragazzi a posto, non sono gente rispettata che semplicemente crede che sia giusto infilare il pene in una ragazza che dorme nel tuo stesso letto, senza preservativo.
Quest’uomo sembrava quasi confuso vedendomi prendere le mie cose e fuggire via.
Mi mandò anche un mail, alcuni giorni dopo, rimproverandomi per essere stata poco delicata.
Mentre camminavo verso casa non pensai affatto di essere stata violentata.
Il giorno successivo, quando raccontai ad un’amica comune (colei che mi aveva presentato l’uomo in questione) cos’era successo, non usai la parola “stupro”.
In quel momento avevo una paura diversa, dato che provavo dolore fisico: temevo di avere l’aids.
Dovetti aspettare due settimane per il risultato del test.
Emerse che lo stupratore mi aveva attaccato un’infezione guaribile.
Dissi alla mia amica che mi sentivo sporca e mi vergognavo di me stessa.
Disse che le dispiaceva che mi sentissi così.
Nel nostro gruppo sembrarono tutti concordare sul fatto che finendo in una stanza d’albergo e togliendomi i vestiti mi sarei dovuta attendere qualunque cosa accadde dopo.
Così la piantai.
Andai alla polizia?
Ma figuriamoci…
Pensavo fosse colpa mia.
La mia esperienza non è così rara e risale a diversi anni addietro.
Guardandomi indietro posso dire che essere stata violentata non è stata la cosa peggiore che mi sia capitata.
L’esperienza nel raccontarlo e non essere creduta, la sensazione di essermi sentita sola e piena di vergogna, tutto questo è restato in me per molto tempo e ha cambiato il modo in cui mi relaziono con gli altri.
Ma l’ho superata.
Ci penso raramente.
Per alcune persone però lo stupro è un trauma che cambia la vita.
Anche quando non è uno “stupro vero e proprio”.
Essere stuprate dall’uomo che apprezzi, di cui ti fidi e che magari ami (il 30% delle vittime sono aggredite dal ragazzo o dal marito) è un’esperienza completamente diversa dal venire stuprata da uno sconosciuto in un vicolo ma non vuol dire che provochi meno danni.
In particolare se gli altri pensano che tu sia un puttana che dice balle.
Mi spiace se vi da fastidio sentirvelo dire.
Volete sapere cos’altro da fastidio?
La gente che dice che non è accaduto, che te lo sei cercata.
Che odi gli uomini.
Che sei contro la libertà di parola.
Questo è quello che devono sentire centinaia di migliaia di donne quando ascoltano stimati commentatori, non Galloway o Akin, affermare che quello di Assange “non è un vero stupro”.
L’idea di scopare una donna mentre dorme, senza un preservativo, o di bloccarla in terra e penetrarla dopo un richiesta precedente di sesso consensuale, pensare che tutto questo sia solo “cattiva etichetta sessuale” (grazie ancora George), l’idea che i bravi ragazzi non stuprino, questa concetto produce due risultati.
Uno: alimenta la fantasia che esista un solo tipo di stupro che si verifica nel tipico vicolo, con il solito coltello da parte del classico sconosciuto.
Ed è quello che è più fastidioso nelle discussioni attuali.
Ci sono molti uomini giovani, molti di loro anche di “buone maniere”, che cercano di trovare il modo per creare dei confini che non feriscano loro o gli altri e a questi uomini viene detto che qualche volta quando le donne dicono che è stupro non è detto che lo sia davvero.
Due: rende sospetto qualunque uomo o donna che denunci uno stupro se questo è stato messo in atto da parte di una “brava persona”.
Come se la colpa fosse della vittima.
E questo rende più improbabile che le vittime di stupri denuncino il crimine.
Io non l’ho fatto.
Ci sono voluti mesi solo per capire che si trattava di stupro.
Ho smesso di parlarne perché sono stanca di essere chiamata bugiarda ed ho capito bene il messaggio generale che diceva “stai zitta”.
Ho provato a smettere di pensarci.
Ma questa settimana è ricominciato tutto da capo.
Sicuramente non sono l’unica che si è ritrovata a ricordare certe scene. E probabilmente non sono l’unica che si è messa a discutere con pochi amici dei “vecchi tempi” di quanto accadde.
Uno di loro mi ha detto: vorrei averti preso più seriamente perché credo accadde anche ad altre.
Questa cosa non riguarda più solo Julian Assange.
Sta diventando una scusa per portare indietro la definizione di stupro ad un tempo in cui il consenso non era importante, quando avevamo appena cominciato a ribellarci.
Sta nuovamente succedendo tutto questo.
Solo che questa volta è davvero peggio perché sta accadendo nel nome della verità e della giustizia, nel nome della libertà di parola.
Se questi principi vogliono dire qualcosa, questa critica, questa ridefinizione di stupro in nome della coscienza, del diritto di parola, di Wikileaks e di Assange, questa ridefinizione di stupro deve cessare.
Sesso non consensuale è stupro. E i bravi ragazzi stuprano.
Mi spiace se suona male.
Ma ci sono gesti che fanno molto più male e lo fanno molto, molto più a lungo.
A volte per la vita.
Questi gesti devono cessare.
wwww.znetitaly.org
Fonte: http://www.zcommunications.org/the-reality-of-rape-by-laurie-penny
Originale: the independent
Traduzione di Fabio Sallustro
Traduzione © 2012 ZNET Italy – Licenza Creative Commons – CC BY-NC-SA 3.0
“L’uomo che mi aveva scopato senza consenso era sveglio quando uscì dal bagno.”
c’è un errore grammaticale.
Vedo che chi ha scritto l ‘articolo non conosce ne la vicenda di assange ne la legge svedese, assange è accusato di stupro non perché durante il rapporto lo donna ha detto di fermarsi e lui non l’ ha fatto , ma perché in Svezia il sesso senza preservativo è reato, e lui lo ha fatto senza preservativo tutto qui quindi il reato è stupro semplice con pene fino a 6 mesi , ma la sua paura non è questa e che lui una volta in svezia venga subito trasferito in usa dove o ergastolo a guantanamo o pena di morte.
Assange é dispostissimo a subire un processo per stupro in Inghilterra. Il problema é che in Svezia non cé´nessuna garazia che egli non venga consegnato agli USA. Anzi, chi conosce la politica passata svedese, succube della peggiore volontà politica USA, sa benissimo che questa estradizione é una certezza, se Assange toccherà il suolo svedese. E finire a Guantanamo non lo si può augurare proprio a nessuno.
La questione è che per avere Assange a dirigere Wikileaks ci si senta autorizzati a mettere in discussione la definizione di stupro, determinando così un passo indietro nella tutela delle vittime e nella prevezione culturale di questo tipo di reato.
daccordo in tutto e per tutto quello che dici sullo stupro, ma credo che la scelta dell’ esempio di Assange non sia la più felice. Non perché io creda irrealistica l’accusa, che poi ciò che io credo su un caso giudiziario non è importante e spetta sempre a un tribunale stabilire una verità giudiziaria ,ma perché il vero nodo che lega il presunto stupro di assange alla libertà di parola è la possibilità che, una volta detenuto, assange possa essere estradato negli USA per essere giudicato su un atto politico: la diffusione di documenti segreti. Mi farebbe molto piacere poter vedere Assange processato per stupro con la esplicita rinuncia ad ogni possibilità di estradizione. Potrei andare oltre, e chiedermi se sia preferibile avere un colpevole a dirigere, libero, una associazione come Wikileaks o averlo in carcere e veder richiusa una finestra sul torbido mondo delle relazioni tra eserciti ed economia reale….ma esulerebbe dal discorso intorno dallo specifico reato contestatogli e quindi soprassiedo.