Pia Covre ci segnala e volentierissimo condividiamo:
PROSTITUTA ROMENA MALMENATA E DATA ALLA FIAMME CASO EMBLEMATICO DEL FALLIMENTO DEL PROIBIZIONISMO E DEMAGOGIA DELLA POLITICA
La lotta alla tratta a Roma e in Italia non esiste quasi più. Firma l’appello per la legalizzazione della prostituzione.
Roma, 13 settembre 2012
Comunicato stampa congiunto del Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, Associazione Radicale Certi Dirtti e Associazione Radicali Roma
La vicenda della prostituta romena massacrata di botte e data alle fiamme in una strada di Roma è l’emblema di una drammatica situazione sociale che dimostra, se ancora ve ne fosse bisogno, di come le politiche proibizioniste sul tema della prostituzione siano miseramente fallite. La ragazza romena, ricoverata in gravissime condizioni all’Ospedale Sant’Eugenio di Roma, è uno dei tanti casi di persone vittime della tratta che sempre più si alimenta grazie al proibizionismo e alle ipocrite azioni di demagogia politica repressiva e del tutto inutili.
Gli stessi finanziamenti destinati alla lotta alla tratta della prostituzione sono stati tagliati e così l’ aiuto e la protezione a quelle persone vittime dello sfruttamento e della schiavitù sono sempre più difficili se non addirittura inesistenti.
Negli scorsi mesi abbiamo documentato come nella città di Roma le continue ordinanze emergenziali anti-prostituzione, l’ultima, per la quinta volta, è stata reiterata lo scorso febbraio, siano del tutto inefficaci. Perseguitare le prostitute con sanzioni non fa altro che alimentare la clandestinizzazione del fenomeno rendendo impossibile la fotografia di tutti quei casi di furti e violenze che non vengono nemmeno più denunciati e che sono di sicuro in aumento. Basti ricordare quanto denunciato dal Sindacato di Polizia (FP Cgil) lo scorso gennaio secondo cui a fronte di quasi 14.000 sanzioni fatte in due anni a prostitute, solo quattro di queste sono state pagate.
Il Sindaco di Roma nonostante l’ordinanza antiprostituzione sia in vigore chiede ora una legge nazionale proibizionista che di fatto estenderebbe in tutta Italia la drammatica situazione in cui si trova la Capitale. Il Sindaco continua a tenere nascosti i dati sui costi delle operazioni (personale, mezzi, ore di straordinario, propaganda, ecc) antiprostituzione facendo finta di niente e continuando a blaterare sul nulla.
Lo scorso aprile abbiamo promosso un manifesto-appello per la legalizzazione della prostituzione e per dare dignità alle sex workers che è già stato sottoscritto da migliaia di cittadini.
L’appello si può firmare al seguente link:
http://www.certidiritti.it/campagne-certi-diritti/itemlist/category/85-legalizzazione-prostituzione
@artem
Vorrei anzitutto precisare che la fonte da cui ho attinto le mie informazioni è un sito femminista di impianto certamente abolizionista, ma canadese, non svedese. L’autore dell’articolo in questione è il sociologo marxista Richard Poulin che ricava i dati citati da fonti sicuramente non svedesi (potete appurarlo, scorrendo le note dello scritto). Mi pare per altro grave ritenere che pubblicazioni scientifiche dedicate alla questione riportino cifre false!
50.000 è invece la cifra che avevo annotato io in un appunto, dopo aver letto il libro di Lidya Cacho e, infatti, nel mio commento riferisco che il dato è attinto proprio da questa fonte. Riprendendo in mano il testo in questione, mi rendo conto però che effettivamente la formulazione della frase è diversa e quindi chiedo sinceramente scusa a artem e agli altri utenti del blog. Lidya Cacho, riferendosi prevalentemente alla tratta proveniente dai paesi latinoamericani, scrive : ” I trafficanti che riforniscono il mercato spagnolo intercettano le loro vittime principalmente in Brasile, Suriname, Colombia, Repubblica Domenicana e nelle Antille. Pressapoco 50.000 donne (nere e latinoamericane) vengono portate in Olanda e in Germania per il commercio sessuale” (p.280 di “Schiave del potere”). Quindi, le 50.000 donne del Terzo Mondo e dei paesi emergenti vittime della tratta verrebbero inviate sia in Germania che in Olanda, ma non è chiaro quante siano schiavizzate in Olanda e quante in Germania. Da notare, comunque, che in questo passo si riportano esclusivamente dati relativi alle vittime della tratta nere e latinoamericane. Manca, invece, in questo brano, una stima di quelle provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est, stati con i quali la Germania e l’Olanda intrattengono stretti rapporti. Quante saranno? Nessuna? Non credo. Ribadisco comunque il concetto: la legalizzazione della prostituzione non determina la scomparsa o la riduzione drastica del fenomeno della tratta. Se rendi accettabile la mercificazione dei corpi, ne incentivi la domanda ed alimenti inevitabilmente anche l’offerta, compresa quella rappresentata dalla tratta.
Benché non possa essere ricondotta esclusivamente a meccanismi di brutale coercizione (la tratta), ritengo però che la prostituzione non possa, nella maggior parte dei casi, essere definita una scelta libera da vincoli fortemente costrittivi. Nel valutare il fenomeno non possiamo sottovalutare le condizioni strutturali, le relazioni economiche, sociali, culturali, etniche, psicologiche, di potere…all’interno delle quali viene compiuta la decisione di prostituirsi.
Se analizziamo la composizione sociale ed etnica della prostituzione nei vari paesi, possiamo constatare che essa è costituita prevalentemente da ragazze straniere provenienti da paesi poverissimi (in Italia la percentuale relativa è dell’80%). Si tratta quindi di donne sfuggite alla fame, alla cui decisione è difficile attribuire la qualifica di libera, ossia di assunta, senza forti condizionamenti, all’interno di una opportuna gamma di opzioni. Per altro, diciamoci la verità, il mercato non offre molte opportunità di lavoro a una straniera.
Quanto alle prostitute autoctone, in parte sono tossicodipendenti, in parte donne che versano in condizioni di grave deprivazione economica, moltissime sono donne che hanno subito abusi nell’infanzia. Secondo studi realizzati in Canada e in Inghilterra, una percentuale tra l’80 e il 90% di donne o ragazzine prostituite è stata vittima di violenze gravi in famiglia e circa la metà ha subito l’incesto. Le vie che conducono dalla violenza sessuale alla prostituzione sono molteplici: le bambine abusate dal padre o da altri familiari sono scambiate o vendute ad altri uomini; crescono identificandosi con quello che il padre o un altro adulto ha fatto loro, imparando a concepire e impiegare la sessualità come merce di scambio, anche per ottenere affetto e attenzione e convinte di essere capaci di fare solo quello, per sfuggire agli abusi scappano di casa e finiscono sul mercato della prostituzione, perché non c’è altro modo di sopravvivere. Nei Paesi occidentali, almeno un terzo delle prostitute di strada sono minorenni. L’età media di ingresso nella prostituzione è tra i 13 e i 15 anni. (Ho reperito questi dati e informazioni che ho riportato quasi alla lettera in Patrizia Romito, Un silenzio assordante, p.125). Conosco peraltro personalmente situazioni drammatiche identiche a quelle descritte dalla psicologa sociale Romito.
Poi certo, c’è anche chi, potendo scegliere fra una vasta gamma di opzioni, decide di prostituirsi.
Mi preme sottolineare che io non denigro e non disprezzo affatto le prostitute, né imprimo loro alcuno stigma.
Né intendo, con questo mio intervento, stigmatizzare le posizioni contrarie alle mie. Rispetto artem e qualsiasi altra persona condivida le sue opinioni. Non considerate pertanto le mie osservazioni come un attacco personale, ma solo come una critica politica.
Infine, se me lo consentite, voglio concludere anch’io con pochissime frasi estratte dal libro di una ex prostituta francese: Maldy Bonheur, autrice di J’ai tourné la page, cioè Ho voltato pagina.
« La prostitution c’est le monde des quatre misères.
Misère économique,
Misère affective,
Misère culturelle,
Misère sexuelle.
Sans aide, nous ne pouvons [..] nous en sortir. Nous aider à s’en sortir, c’est bien, mais nous aider à ne pas y entrer, c’est ça l’objectif.
Traduco:
La prostituzione è l’insieme di quattro povertà: povertà economica, povertà affettiva, povertà culturale, povertà sessuale.
Senza aiuto, non ne possiamo uscire. Aiutarci ad uscirne, è buona cosa, ma il vero obiettivo è questo: aiutarci a non entrarci.
PS: Spero che le parole di Bonheur non siano percepite né come un attacco personale, né come una gratuita offesa a chi non condivide la mia visione della situazione. Non intendono esserlo, ve lo assicuro.
Dimenticavo le soluzioni proibizioniste:
manda la buoncostume dappertutto, in strada e casa per casa, che continui e aumenti la criminalizzazione e l’illegalita, e soprattutto dagli al cliente, questo maledetto, fagli una legge che se paga una donna finisce in galera, e se non ci vuole finire deve fare un bel corso rieducativo dove gli spieghi che sono tutte schiave e basta.
Lo fai venire nell’aula magna della Questura ad ascoltare in silenzio e se protesta o alza la voce non fa più il corso e in galera ci finisce davvero…
Le condizioni delle prostitute sulla strada peggiorano?
Più tardi, c’ho un cliente da rieducare…..
I dati riportati si riferiscono a fonte svedese proibizionista, riprese da un sito ultraproibizionista, non sono verificabili in alcun modo e sono stati più volte contestati e confutati, da ultimo
http://anaisginori.blogspot.it/2012/09/prostituzione-le-ombre-dietro-al.html
Da più di 10 anni la questione prostituzione in Svezia è nelle esclusive mani della polizia, che batte le strade con tecniche simili a quelle della buoncostume di Roma.
Non per sfiducia, ma è difficile credere alle affermazioni indimostrate di chi, per legge, considera la persona che sceglie liberamente di fornire servizi sessuali come “incapace di agire” per definizione e dunque incapace di manifestare liberamente la propria volontà.
E’ il trucco usato dagli svedesi ( dico per intendersi, naturalmente, non certo tutti gli svedesi) per far passare per buona quella particolare idea di “dignità” sessuale della donna che trova fondamento nell’ideologia del femminismo radicale proibizionista attraverso l’affermazione della sessualità come esculsivamente affettiva, sacrale e totalizzante e che definisce squallido e degradante tutto ciò che non corrisponde a questo modello.
In questa visione la dignità sessuale diventa un concetto legato al valore morale e all’onorabilità, diversamente dal femminismo libertario maggiormente presente in Germania e in Olanda, che invece vede la dignità sessuale della donna come la concreta possibilità di compiere scelte di vita in assoluta autonomia e libertà.
La visione proibizionista tende a considrareun fatto umano come l’accordo tra persone per uno scambio denaro -servizi sessuali come negativo in sè e sempre da condannare.
Per questro lo scontro tra le due linee è e sarà totale.
Da una parte chi vuole lavorare in sicurezza, dall’altra chi denigra,disprezza e vuole vietare proprio l’esercizio e addirittura la manifestazione di questa volontà, e per poterlo fare si fa scudo delle persone costrette al lavoro coatto. Non solo, afferma che tutte le persone che si prostituiscono sono vittime di tratta! Non si spiegherebbe altrimenti il dato farlocco delle 50.000 (cinquantamila) prostitute vittime di tratta in Olanda, dato assolutamente sovradimensionato anche rispetto al numero totale delle prostitute che oggi operano in quel Paese.
Come sempre si adopera il vecchio trucco svedese. si guarda a spanne quante sono , si dice che sono tutte schiave e vittime di tratta, si spacciano i dati per buoni, si dice che in tutto il mondo va così, e se qualcuno protesta magari gli si urla dietro nelle assemblee, perchè nessuno possa mai separare la libera scelta dalla tratta, pena l’esistenza stessa dei movimenti proibizionisti, che intervistano, citano e parlano solo delle persone vittime di tratta, perchè il resto non esiste.
Riguardo la Germania rilevo una particolarità curiosa: in molti post chiaramente provenienti dal radicalismo proibizionista compare spesso questa frase
“Anche in Germania la tratta non è stata affatto debellata!”
corredata sempre dal punto esclamativo e mai sorretta da alcuna fonte, da dati verificabili, da testimonianze credibili. Anch’io le ho cercate in rete, ma non sono mai riuscito a trovarle.
Il fatto è che i proibizionisti, secondo uso, fingono inesistente ciò che a loro non piace. Duque la Germania, le leggi che tentano di dare dignità vera al mestiere di prostituta, le sicurezze, le tutele, la diminuzione dello stigma e della violenza, il miglioramento delle condizioni di vita di tante donne per costoro, come sempre, non esistono.
” Io lavoro in un edificio sicuro e controllato e i clienti scelgono liberamente di venire da me. Quando pensate all’industria del sesso, non è qualcosa che è “la fuori”, non è un settore della società isolato da tutti gli altri. Stiamo parlando della mia vita, e della vita di tante donne e uomini di questa società. Spesso è già abbastanza difficile accettare lo stigma sociale di essere una prostituta, per favore non lasciate che siamo ancora criminalizzate. Non sto chiedendo ad alcuno di voi di approvare il lavoro di prostituta o di pensare che quello che io faccio sia giusto, vi chiedo solo di avere il pieno rispetto dei diritti umani che questa Legge ci darebbe.”
(dall’audizione di una prostituta davanti al Comitato neozelandese per la Riforma della Prostituzione, 2001)
In Nuova Zelanda la prostituzione è stata regolamentata dopo un acceso dbattito parlamentare per un solo voto, sinistra progressista batte destra moralista, guarda un po’….
@artem
Considero anch’io indispensabile intraprendere una decisa battaglia contro il concetto di clandestinità, abrogando le norme che la producono. Non ritengo, però, che il pur indispensabile mutamento radicale della legislazione vigente in tema di immigrazione possa determinare una drastica riduzione della tratta. Vedi, Michela, la ragazza rumena dalla cui triste vicenda è scaturita questa discussione, è stata gravemente ustionata probabilmente da sfruttatori della sua stessa nazionalità e dunque regolarmente residenti in Italia, in quanto appartenenti a uno Stato che fa parte dell’Unione Europea. Se svolgi una breve ricerca sul web, riesci a rintracciare diverse notizie relative alla presenza in Italia di organizzazioni criminali di trafficanti di origine comunitaria. Ciò significa che la pur civile e necessaria regolarizzazione di tutti gli stranieri residenti in Italia non produrrebbe una diminuzione significativa della tratta.
La questione è che se concepisci la prostituzione come una qualsiasi attività lavorativa, se normalizzi cioè la mercificazione dei corpi e la rendi accettabile agli occhi degli uomini, ne incentivi la domanda e quindi l’offerta anche illegale.
Anch’io condivido le pertinenti e appassionate riflessioni di Valentina. Le sottoscrivo in toto. Sono convinta come Valentina che la legalizzazione della prostituzione, ossia l’adozione di una legislazione affine a quella olandese o tedesca, non risolverebbe il problema della criminalizzazione xenofoba dei clandestini, comporterebbe il rischio di una riconversione degli schiavisti della tratta in meri capitalisti della prostituzione altrui, determinerebbe una gigantesca espansione dell’industria della mercificazione dei corpi e, soprattutto, incrementerebbe la tratta anziché combatterla! Sì, perché se legalizziamo la prostituzione, ne alimentiamo la domanda e, di conseguenza, l’offerta, tanto legale quanto illegale. Vi sono dati che, purtroppo, supportano questa mia convinzione.
In Olanda e in Germania i clienti delle prostitute rappresentano dal 60% al 66% della popolazione maschile e in Thailandia, addirittura, sono aumentati passando dal già imponente 75% del 1995 al 90% del 2010, una percentuale decisamente più elevata che altrove (in Francia sono ad esempio il 12,5%, in Canada l’11,1%. In Italia la percentuale è più alta che in queste nazioni, ma non raggiunge la vertiginosa cifra degli Stati che hanno legalizzato la prostituzione).
All’incremento della domanda, ovviamente, corrisponde l’incremento dell’offerta, tanto legale quanto illegale. In Olanda, infatti, dove la prostituzione è sempre stata socialmente accettata ed oggi è legalizzata si è avuto un forte incremento della tratta di cui erano vittime 2500 persone nel 1981, 10.000 nel 1985, 20.000 nel 1989, 30.000 nel 1997 e, secondo i dati più recenti forniti dalla Cacho, 50.000 negli ultimi anni. Ad Amsterdam, dove ci sono 250 eros center l’80% delle prostitute sono straniere e il 70% di esse sono prive di permesso di soggiorno e vittime della tratta. Nel 2002, a due anni dall’ applicazione della regolamentazione, solo il 4% delle prostitute svolgeva la propria attività negli eros center legali. Oggi la situazione sarà indubbiamente migliorata. Ma quante sono ancora le prostitute illegali? La regolamentazione, inoltre, avrebbe dovuto, nell’intenzione dei promotori, porre fine alla prostituzione minorile, ma così non è avvenuto. L’organizzazione per i diritti dell’infanzia, che ha sede ad Amsterdam, stima che la prostituzione minorile sia aumentata in seguito alla regolamentazione, passando dalle 4000 prostitute minorenni del 1996 alle 15.000 del 2002. Dal 2000 si è avuta, d’altra parte, un’espansione del 25% dell’industria del sesso.
Anche in germania la tratta non è stata affatto debellata!
Nello stato di Victoria in Australia la polizia stima in 100 il numero delle case chiuse legali e in 400 il numero di quelle illegali.
A Vienna vi sono 800 prostitute legali e 2800 illegali!
Questi dati mi paiono abbastanza eloquenti. Temo che la legalizzazione della prostituzione, anziché assestare un colpo definitivo alla tratta, finisca per alimentarla!
Io credo, invece, che si debba procedere nella direzione indicata da Valentina e si debba disincentivare la domanda di prostituzione , anche attraverso l’accrescimento della consapevolezza da parte degli uomini dell’inaccettabilità della mercificazione del corpo delle donne e attraverso la promozione della conoscenza delle reali condizioni di vita della stragrande maggioranza delle prostitute.
Ho attinto le mie informazioni da Lidya Cacho e dai seguenti articoli:
http://sisyphe.org/spip.php?article4209
http://sisyphe.org/spip.php?article1565
L’Associazione vittime ed ex vittime di tratta penso sia il Progetto Le Ragazze di Benin City, sicuramente per mia colpa non trovo i concetti che hai riportato, puoi citare la fonte?
Non ho il libro, forse lo dice chiaramente in qualche punto.
Peraltro Isoke Aikpitanyi, la fondatrice,afferma :
“La maggior parte delle ragazze che si prostituiscono nelle strade italiane sono vittime della tratta e sono schiave. Bisogna liberarle e basta, il che vuol dire offrir loro una concreta via di uscita. La via di uscita non può esser permetter loro di prostituirsi in quartieri a luce rossa o in aree “protette”, perché saranno sempre i trafficanti a gestire tutto. E non può essere proporre loro di fare delle cooperative e di autogestirsi come prostitute, perché non sono venute a fare le prostitute, quindi se offriamo loro solo questa opportunità, non le liberiamo.”
http://consumabili.blogspot.it/2011_05_01_archive.html
Dice appunto che, secondo la sua opinione, la maggioranza è vittima di tratta e che la soluzione della legalizzzazione per queste vittime di tratta, che sono entrate nel mondo della prostituzione senza volerlo, sarebbe sbagliata. Non parla delle persone che scelgono liberamente di fornire servizi sessuali, parla di chi è costretto.
Per me poi “legalizzazione” della prostituzione è una parola chiarissima, significa una legge che disciplini l’attività di prestazione di servizi sessuali remunerati in forma autonoma, dipendente o associata tra persone maggiorenni consenzienti.
Cosa non si capisce? Dov’è l’equivoco?
Il fatto che, nei paesi legalizzatori, continui la criminalizzazione degli immigrate clandestine e di chi non ritiene opportuno vedere violata la propria riservatezza nell’esercizio dell’attività di prostituta conferma due questioni fondamentali:
la necessità di una battaglia contro il concetto di clandestinità attraverso l’abrogazione delle norme che la creano e di una parallela contro le procedure che impongono la registrazione delle prostitute. Moltissime ragazze che lavorano nei bordelli legali intendono farlo per un tempo limitato o fino al raggiungimento di un preciso obiettivo economico, con l’intenzione poi di uscire dal mondo della prostituzione. La registrazione in questi casi diventa un inutile fardello che rileva solo quando serve a discriminare e che andrebbe tolto al più presto.
Molto più utile sarebbe ampliare, nei paesi legalizzatori, l’accesso facoltativo alle tutele sanitarie e anzi detassare completamente i guadagni della prostituta, riversando ogni incombente fiscale sui prestatori di servizi.
Anche l’opinione che vuole i mafiosi riconvertiti in imprenditori in giacca e cravatta da norme confuse è tutta da dimostrare.In Italia i bordelli legali sarebbero meno di 500, altrettante le strade dedicate da monitorare, con la fregola che hanno gli italiani sulla materia stai sicura che avrebbero sempre con gli occhi addosso, di spazio per gli squali non ce ne sarebbe poi tanto. Nei paesi legalizzatori i beneficiari economici dei proventi dei locali sono invece noti e verificabili. In Germania, per esempio, dove i bordelli sono prorio tanti, è anche interesse del gestore offrire buone condizioni di lavoro, altrimenti le ragazze vanno da un’altra parte.
Nessuna legalizzazione potrà mai sconfiggere completamente la tratta, sarebbe necessario legalizzare in tutto il mondo e rendere la prostituzione veramente un mestiere come un altro, cancellare completamente lo stigma, e oggi è impossibile e irreale.
Per battere i trafficanti l’unico modo è armare di diritti le persone che vogliono lavorare, perchè possano con la maggiore forza possibile agire sulle loro condizioni di lavoro, e intervenire con efficacia sul lavoro coatto. Così magari sarebbe più facile sviscerare le strategie dei criminali invece di insistere a mandare per le strade di notte la buoncostume ad estorcere denaro per poi neanche incassarlo…..
Bellissimo intervento, Valentina! Come sempre 🙂
Secondo l’Associazione vittime ed ex vittime di tratta la regolamentazione della prostituzione non è uno strumento utile per combattere la tratta. Se il governo italiano fosse intenzionato a combattere la tratta lo farebbe già adesso, senza dover modificare la legge sulla prostituzione. E’ legittimo fare proposte sulla prostituzione, certo, però mi pare poco corretto mettere in relazione queste proposte con la quasi uccisione di una vittima della tratta. La “legalizzazione” della prostituzione cosa significa? E’ una parola equivoca che lascia credere che per cessare le persecuzioni xenofobe e securitarie della polizia e dei vigili contro le donne che sono in strada, sia necessario depenalizzare l’intero settore dell’industria della prostituzione. Ma nei paesi europei che hanno regolamentato la prostituzione non è cessata la criminalizzazione delle immigrate clandestine e di chi non può o non vuole regolarizzarsi come prostituta. Inoltre c’è il concreto pericolo che, nella generale confusione di una normativa che dà via libera agli interessi terzi nella prostituzione che verrebbero depenalizzati, molti schiavisti della tratta riuscirebbero a riconvertirsi in rispettabili imprenditori. Penso che se si vuole davvero combattere la tratta, bisogna studiare e sviscerare le strategie di reclutamento e gestione dei territori delle organizzazioni che la gestiscono, cosa che nessun politico si prende la briga di fare. E che si debba intervenire sulle leggi sull’immigrazione, abolendo CIE e repressione e con grande mobilitazione pretendere un vero impegno per sostenere le ragazze e dare loro possibilità di uscirne.