Sto con i minatori, sempre e comunque, e non come quelli che dicono sto con i minatori e per dimostrarlo vado a pescare il fatto che tra una moltitudine di uomini ci sono lì sotto pure 4 donne (‘sti cazzi!) e via con il fenomeno di costume ché te lo vorrei vedere il 50/50 e relative lotte per le quote rosa in miniera. Ma che ci posso fare se dalle mie parti di miniere non ce ne sono? E non ci sono manco lotte virili in superficie, di quelle che piacciono ai compagni, perché quella che c’era, dei forconi, l’hanno fottuta quelli di forza nuova, e per il resto mi occuperei anche dei camionisti, i tir che bloccano le strade e le rivoluzioni nell’edilizia e i problemi di sicurezza sul lavoro, e in effetti me ne occupo, salvo che qualcuno poi arriva e dice “e che c’entra questo con il femminismo”?
Insomma io mi occuperei di un sacco di cose ma mi occupo anche di questioni di genere e dunque mi viene da occuparmi di due articoli, oggi, uno sul Corriere e uno su Libero, che parlano di un bambino con la gonna.
All’estero ho visto bimbi e bimbe e uomini e donne vestite in ogni modo possibile. Le bimbe possono mettere i pantaloni e i bimbi se vogliono la gonna nessuno gliela nega. Solo una società omofoba come la nostra può farne un caso di una cosa che riguarda il privato di un bambino, una famiglia, la scelta educativa dei genitori.
Il Corriere affronta la questione in una maniera politically correct e stana il genitore attribuendogli l’intenzione all’educazione che rispetta i generi come se questa fosse una colpa invece che una scelta intelligente.
E io penso alle tante volte in cui i bimbi hanno proprio voglia di imitare i genitori, a seconda della propria preferenza, e quante volte un bambino viene scoraggiato e costretto e frustrato quando vuole solo imitare un po’ la mamma e vestirne gli abiti e non è mica detto che questa sia una preferenza di tipo sessuale. E’ solo un modo di sperimentare. L’abbigliamento è solo abbigliamento. Solo una società come la nostra così ammuffita e piena di pregiudizi può prendere per il culo un bambino che mette la gonna.
Infatti lo leggiamo chiaramente su Libero il giudizio lapidario e in modo neppure tanto velato il suggerimento ad una educazione improntata non sul rispetto dei generi ma sull’odio nei confronti di quelli che definisce “orecchioni”. E deve essere proprio un bell’orgoglio per una testata nazionale propagandare come corretta ancora la modalità omofoba che fa dire “meglio un figlio morto che frocio” che porta tanti danni e tante aggressioni nei confronti di gay, lesbiche e trans.
Rendiamoci conto che quando leggete cose come questa scritta su Libero si vede lontano un miglio che esiste una violenza, una costrizione alla nascita che orienta e impone un genere piuttosto che l’altro sulla base di requisiti biologici ai quali bisognerebbe dichiarare fedeltà. Ma se, come credo, a parte la questione biologica, donna non si è ma si diventa e uomo pure e gay e lesbica e trans e tutto questo avviene a prescindere da quello che hai in mezzo alle gambe e a prescindere dalla dimensione riproduttiva alla cui fedeltà sei chiamata sul campo a contribuire con ovuli e spermatozoi efficienti, se si può essere ciò che si vuole, perché siamo uguali, dovremmo esserlo nella scelta di chi vogliamo diventare, e dunque perché un quotidiano responsabile della diffusione di idee omofobe non ha alcun contraltare efficace in Italia, un solo luogo di informazione, un media che dica che no, fare violenza su un bambino che vuole mettere una gonna imponendogli i pantaloni è sbagliato?
Mi sono molto commosso. Diffondo.
Tuttavia, non ho avuto la tua stessa impressione riguardo l’articolo del Corriere. Tutto sommato, mi è sembrato dignitoso.
Libero, invece, sì che fa giornalismo! -.-“