Il dibattito che si è sviluppato sul post di critica al pezzo della Terragni mi ha lasciato abbastanza basita.
Parrebbe che per la rete ci sia una sorta di partito delle madri, si dichiarano fiere di essere uteri e sciorinano maternage in quantità.
Con collaudata compassione nei confronti delle donne “sterili” loro sono fiere della propria femminilità. Parlano da creatrici del mondo, da lì traggono potenza, e tutto il resto in gloria.
Mettete in rete un esercito di madri orgogliose del proprio ruolo e vedrete qualcosa di insidioso che permea le discussioni e vuole condizionare il cammino movimentista del femminismo (o quantomeno il nostro). Pare che queste mamme siano vicine a Snoq e allora lo capisco perché quei riferimenti alla maternità, gli slogan atroci tipo “rimettiamo al mondo l’Italia” e poi tutta una serie di articoli e libri letti in cui si discuteva sempre della stessa cosa chè pensavo quasi di trovarmi nell’epoca sbagliata.
Neppure mia madre era così mussoliniana nella considerazione del ruolo materno. Forse perché a modo suo faceva la resistenza, anche se bambina.
Della madre si dice sia colei che genera la vita e giù con gli stereotipi che mi risuonano nelle orecchie fin dai circuiti delle borghesi sedicenti femministe (?) in cui le donne vengono descritte tutte come sante, pressappoco, e le madri stanno una spanna in su rispetto a tutti. Madonne. Uteri benedetti.
Tempo di essere madri (o uteri) è anche una campagna di un gruppo di estrema destra e la coincidenza è strana perché dall’altro lato, dove si discute partendo dal femminismo della differenza, si dicono più o meno le stesse cose. E non è il gruppo di estrema destra che sta andando a sinistra. E’ ciò che dovrebbe stare a sinistra che va a destra.
La maternità quale fantastico obiettivo di realizzazione per tutte. E tra pappine e pannolini e discorsi da mom/pride, maturano dei veri e propri deliri di onnipotenza per cui il resto del mondo è fuori.
Ora mi spiego anche perché quando noi nell’ambito della nostra analisi sulla precarietà affrontammo l’argomento della maternità e ponemmo la questione, seria, di tutte quelle che un figlio non lo vogliono, arrivarono a commentare su Malafemmina decine e decine di donne orgogliose di essere uteri.
Per inciso si poneva il problema perché il mondo non può essere misurato sul disegno di riproduzione della specie di chi pompa la natalità italica spandendo motivazioni radical chic per rendere le donne fiere di essere uteri partorienti.
Ragionando di welfare e di lavoro la onnipresente proposta di conciliazione lavoro/famiglia pensata solo per le donne è una condanna a morte. A questo ci si voleva anche riferire.
Ma in termini culturali il presente è questo e dobbiamo farci i conti. Ci sono donne che brandiscono la maternità come fosse un vessillo di guerra. Lo usano per tiranneggiare le discussioni in web e spero non lo facciano nella vita reale. Comunque ritengono la maternità come uno strumento di potere. Sono guerriere che se gli parli a tono ti rincitrulliscono con rigurgiti dell’ultima poppata.
E non c’è verso di ragionare o di fare capire che il mondo è bello perché è vario e mentre loro organizzano la breccia su Roma con tanto di passeggini muniti di missili tu vorresti dire che a te piace vivere fondamentalmente in quanto persona.
Persona e non utero, madre, moglie. Persona che vive e gode anche, se lo sceglie, di una sessualità non riproduttiva. Persona e non un ruolo sociale talvolta obbligato e talvolta scelto. A parte essere madri/bianche/borghesi/etero siete qualcos’altro? Perché se l’altro è infliggere presenza negli spazi femministi per dirci che siamo sterili e pure un po’ lesbiche che tengono frustrata la propria femminilità diciamo che possiamo farne a meno. No?
Ciascun@ si realizza come vuole e davvero non pensavo che esistesse una simile cordata internettiana pronta a scaraventarsi sul tuo spazio se solo osi declinare la maternità al di fuori dell’ortodossia corrente.
Madre potente, madre miracolosa, madre santissima, madre che guarda l’uomo e lo tratta di merda perché lui viene considerato un essere inferiore. La santità è in lei, quella Madonna, e questa cosa la vorrei dire ai padri separati cattolici e fascisti che da un lato parlano di “natura” e vogliono ristabilire i ruoli sociali secondo stereotipi che sono vecchi quanto il cucco e dall’altro però pretendono che quelle stesse madri che loro mettono sull’altare della santità poi mollino i figlioli per un’equa condivisione.
Finché esiste quel ruolo materno i padri saranno sempre tenuti fuori dal raggio d’azione del miracolo. Si parla di divinità e non di cose umane. Ma demonizzarle non serve. Perché la demonizzazione ricaccia le madri alla perfezione, le rende martiri, detta regole e dice che devono essere perfette, dunque ancora più orgogliose del proprio ruolo, un ruolo sul quale costruiscono potere.
Ho partorito anch’io, è andata bene, non ho visto la luce, lo so cosa vuol dire essere madre. So anche che la sensazione di onnipotenza che deriva dall’aver creato prima o poi finisce, la chimica del corpo cambia, gli ormoni si riassestano e poi le mamme hanno da trovare un ruolo altro, da persone, perché altrimenti diverranno oppressive e opprimenti e tiranne e qualche volta stalkers dei propri figlioli.
Ma prescindendo dal privato di ciascun@, ché tutte possono fare quello che vogliono, il punto è che quello stato di grazia non lo si può infliggere al mondo.
Personalmente sono stufa, davvero, di dover parlare di “fierezza uterina” nel 2012. Sono costretta a improvvisare una opposizione che andava bene nel ventennio e si vede lontano un miglio che siamo tornate indietro.
Talmente indietro che mi pare davvero utile dirvi di mollare i figlioli ai padri. Sono affidabili, sono perfetti, quanto lo siete voi. Sono perfettamente in grado di assumersi la responsabilità di fare tutto ciò che c’è da fare. E voi, mamme, fatevi una vacanza, please, perché vi giuro, amiche, che oltre la maternità c’è veramente molto ma molto di più.
Ps: Se avete letto fino qui ringrazio tanto. Se dopo aver letto rinfacciate la fatica di aver letto sono cazzi vostri. Nessun@ vi obbliga. Più autodeterminazione per tutte così magari ciascun@ si assume le proprie responsabilità senza rinfacciare e/o infliggere pesantezza al mondo.
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Perfettamente d’accordo. Ognuna faccia quel che vuole. I padri sono imperfetti quanto noi ma io smetterei volentieri di lavorare, perchè lavoro da quando avevo 14 anni e non ne posso piu’.. La riforma fornero mi ha schiantato
Non facciamo l’errore di demonizzare ora il ruolo della madre.
Di fatto abbiamo un utero, e sta a noi decidere quando, come e se usarlo. Il ruolo della madre non è un ruolo “di potere”, ma è un ruolo, diverso dal ruolo di padre, con il quale ha in comune moltissimi aspetti (la maggioranza, in effetti), ma che conserva le sue peculiarità proprio in virtù di quell’utero che tanto sembra infastidire.
Questo, personalmente, non mi fa sentire né migliore né peggiore di chi un utero non ce l’ha, ma mi rende più consapevole delle mie diverse responsabilità verso quell’utero. E verso la creatura che eventualmente ci finirà dentro, o verso quella che ne è uscita.
Negli anni ’50 uno psicologo inglese, John Bowlby, si vide affidato dall’OMS l’onere di compiere uno studio sui bambini senza famiglia: dalle sue osservazioni prese vita la teoria dell’attaccamento, che pone particolare attenzione al legame speciale madre-figlio, ma che comunque non trascura le altre relazioni del bambino all’interno della famiglia. Tutte le relazioni sono importanti nella loro diversità. E’ una teoria molto interessante.
Ovvio che poi siamo tutti individui, e viviamo la vita in un modo che nessuna teoria può descrivere in termini generali, perché essere individuo significa essere particolare.
Ci sono delle funzioni che non possiamo trascurare quando ci coinvolgono personalmente: la gestazione, l’allattamento, il momento del distacco in cui il bambino impara (grazie all’aiuto della madre) a percepirsi come essere separato ed autonomo… E’ bene dare la giusta importanza a queste cose, sopratutto per il bene dei bambini.
Che questo diventi un modo per discriminare chi bambini non ne ha, mi sembra semplicemente assurdo.
Ma non piace neanche sentir parlare con tanto disprezzo di utero e mammelle: io amo entrambi, il mio utero e le mie mammelle, come amo i miei piedi, le mani, l’ombelico, le ginocchia…
Non attacchiamo una donna solo perché condivide la gioia di essere mamma: è bello condividere la gioia. Solo per dire: non facciamo di tutta l’erba un fascio: una può essere felice di essere mamma senza per questo commiserare, disprezzare o criticare chi non lo è.
E se sto a casa con mio figlio a guardare i dvd di Harry Potter non lo faccio per sentirmi martire: ma perché farlo mi fa stare bene, davvero davvero. Giurin giuretta.
E anche io mi sento attaccata a volte: perché non esco abbastanza spesso, perché non mi prendo i miei spazi, perché mi dedico poco ai miei hobbies, perché qui e perché là… E se ognuno potesse sentirli libero di fare ciò che vuole, non sarebbe meraviglioso?
Ma poi – fate benissimo a metterlo mille volte in evidenza – la supermadreoblativa, quella che mette il “sagrifizio” in ogni gesto che compie in relazione al Santo Figliolo, anche quando di sacrificarsi non ce n’è assolutamente bisogno, quella, be’, prima o poi CHIEDE IL CONTO di tutte le “rinunce” che, evidentemente, si è autoimposta non a cuore poi così lieve. E il conto è spesso salatissimo: se si acconsente a “saldarlo” a volte è la propria intera vita. Io sono stata martellata fin da piccina su come divenire madre fosse essenziale per non ridurmi ad una “pazza isterica”; sono stata infelicissima per questo e quasi mi sono ridotta ad accontentarmi di un compagno qualsiasi pur di riprodurmi (e sfuggire la clinica psichiatrica); sono stata fortunata perché alla fine il figlio l’ho avuto, quando ho voluto, dall’uomo che amavo e che amo (che è un eccellente papà, a cui lietamente delego quando si può ed è necessario); per mio figlio, che è per me una grande gioia ma pure una grande fatica, non accetto in alcun modo di ANNULLARMI, perché se mi annullassi ripeterei, nel nostro rapporto, quelle forme sottili di violenza e costrizione di cui già sono stata vittima…
Brava! Finalmente qualcuno che parla come si deve! Quella è gente matta!
Io sn madre e femminista da sempre e ancora adesso…che v devo di’.
Finalmente.
Sono mamma ma la mia vita non finisce lí, ho un lavoro e per quanto possibile una vita sociale e di coppia, e sarei morta di depressione se non fossi tornata al lavoro 4 mesi dopo il parto x entrambi i miei figli. Quelle che hanno questi deliri di onnipotenza, che decantano le lodi delle madri che danno la vita, magari partoriscono senza epidurale e si sentono per questo delle eroine dei giorni nostri perchè il dolore del parto santifica e fortifica e perchè no crea un rapporto speciale con il proprio figlio, dal quale non si separano almeno finchè non ha la maggiore età, lo allattano fino alle superiori, si fanno trattare come delle bestie da soma e da riproduzione e non aspirano ad altro, e guardano come se fossero opera del demonio asili nido e biberon, bè evidentemente non hanno altro di cui essere fiere nella loro vita, non hanno altro da dare ai loro figli e alla loro famiglia e al resto del mondo che il loro utero e le loro mammelle, e si accontentano della grande presa per il culo di questa società che vorrebbeconvincerci che le casalinghe sono le martiri della società e essere casalinga dovrebbe essere la massima aspirazione x una donna, perchè FA COMODO cosí.
Io penso che essere orgoglos* di una funzione biologica non è adulto. I bimbi sono orgogliosi della cacca nel vasino. Poi si cresce…
Si ma infatti a queste qui non le rappresenta in quanto “donne fiere della propria femminilità” una femminista come noi e figuriamoci che possono pensare delle donne che non partoriscono o quale discrimine possano tirare fuori sulle trans. un mondo diviso tra uteri orgogliosi e in azione e il resto del mondo che dovrebbe restare in adorazione è veramente surreale.
queste ci inchiodano ad essere orgogliose di una sola funzione biologica e se non fai la madre praticamente hai scelto il nulla. 😐
questo “mammismo” endemico (molto italiano, ma non solo) è senza età e trasversale ai partiti, alle classi sociali, ai movimenti, perfino (PERFINO!) ai due generi. E a vederlo così, profondamente incastonato nel femminismo “mainstream” (il primo, l’unico che avevo avuto modo di conoscere come adolescente degli anni ottanta e giovane donna degli anni novanta), dal femminismo mi fece allontanare lasciandomi per molti anni nella drammatica convinzione di essere sbagliata io, non solo come femminista ma anche e sopratutto come donna, addirittura proprio come essere umano (ai limiti del danno biologico).
Ho superato il problema accettandomi e imponendomi per come sono, rassegnandomi a recidere – spesso dolorosamente – i rapporti con chi (la maggioranza – di uomini E donne) critica/non capisce/non condivide.
Per cui non mi stupisco più di tanto