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L’Onu al governo italiano: su femminicidio e no affido condiviso in caso di violenza!

Ieri, come dicevamo, a Ginevra si raccontava come il femminicidio, in Italia, sia un crimine di Stato [Leggi l’elenco delle vittime per il 2012 ricostruite da Il Fatto Quotidiano]. Sul sito di Pangea trovate tutti i documenti presentati, esposti e tradotti sul panel Cedaw alle Nazioni Unite di Ginevra. QUI trovate il rapporto ombra, curato da Barbara Spinelli, dei Giuristi Democratici, autrice del testo “Femminicidio” edito Franco Angeli, e frutto del contributo di decine e decine di associazioni e donne che si occupano di lotta per i diritti delle donne in Italia.

QUI trovate il comunicato stampa, QUI trovate la dichiarazione scritta dell’associazione internazionale degli avvocati democratici (IADL) e QUI le raccomandazioni Onu al governo italiano a proposito di violenza.

A Ginevra, dunque, il 25 giugno, Rachida Manjoo, special rapporteur Onu contro la violenza sulle donne, ha presentato i dati sulla violenza e sugli omicidi basati sul genere.

Per la prima volta è stato presentato alle Nazioni Unite un rapporto tematico sul femminicidio.

La Special Rapporteur dell’ONU Rashida Manjoo nel suo discorso afferma: “Il femmicidio è l’estrema conseguenza delle forme di violenza esistenti contro le donne. Queste morti non sono isolati incidenti che arrivano in maniera inaspettata e immediata, ma sono l’ultimo efferato atto di violenza che pone fine ad una serie di violenze continuative nel tempo.” Prosegue Manjoo “La mia missione e rapporto sull’Italia ha evinto questa continuatività”. In particolar modo Manjoo sottolinea la violenza in casa come forma più ampia che affligge le donne nel Paese e riflette un crescente numero di vittime di femicidio da parte di partner, mariti, ex fidanzati. Prosegue Manjoo “Purtroppo, la maggioranza delle manifestazioni di violenza non sono denunciate perché vivono in una contesto culturale maschilista dove la violenza in casa non è sempre percepita come un crimine; dove le vittime sono economicamente dipendenti dai responsabili della violenza; e persiste la percezione che le risposte fornite dallo Stato non sono appropriate e di protezione”.

“Inoltre il mio report sottolinea la questione della responsabilità dello Stato nella risposta data al contrasto della violenza, si analizza l’impunità e l’aspetto della violenza istituzionale in merito agli omicidi di donne (femicidio) causati da azioni o omissioni dello Stato”.

Conclude Manjoo “Femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni per incapacità di prevenire, proteggere e tutelare la vita delle donne, che vivono diverse forme di discriminazioni e di violenza durante la loro vita. In Italia, sono stati fatti sforzi da parte del Governo, attraverso l’adozione di leggi e politiche, incluso il Piano di Azione Nazionale contro la violenza, questi risultati non hanno però portato ad una diminuzione di femicidi o sono stati tradotti in un miglioramento della condizione di vita delle donne e delle bambine.”

Durante la ventesima sessione viene presentato anche il Rapporto tematico sugli omicidi basati sul genere, femicidi e femminicidi. Nel Rapporto la Relatrice Speciale ONU afferma che “culturalmente e socialmente occultate, queste diverse manifestazioni degli omicidi basati sul genere continuano a essere accettate, tollerate o giustificate, e l’impunità è la regola. Con riguardo agli omicidi basati sul genere, è veramente carente l’assunzione di responsabilità da parte degli Stati nell’agire con la dovuta diligenza per la promozione e protezione dei diritti delle donne”.

A proposito del Rapporto sulla missione in Italia.

Questo rapporto è il risultato di 10 giorni di investigazione e analisi condotta in Italia personalmente da Rashida Manjoo a gennaio 2012, al termine del quale sono state rilasciate solo brevi dichiarazioni stampa. Il Rapporto contiene dati, osservazioni e raccomandazioni alle istituzioni in materia di violenza sulle donne. […]

Il Rapporto contiene anche dati sul femminicidio in Italia e in Europa.

“Per la prima volta è stato presentato alle Nazioni Unite un rapporto tematico sul femminicidio, o meglio sugli omicidi basati sul genere, femmicidi e femminicidi. Si tratta di un evento epocale, che costringe i Governi di tutto il mondo a confrontarsi con la propria responsabilità per quello che Amartya Sen ha definito ‘il genocidio nascosto” – ha detto Barbara Spinelli, Avvocata di Giuristi Democratici parte della Piattaforma CEDAW- “Sono estremamente onorata di aver contribuito, unica europea, ai lavori che hanno portato alla stesura di questo Rapporto e insieme a tutte/i coloro che lo vorranno, ci adopereremo affinché le raccomandazioni in esso contenute vengano attuate dalle Istituzioni italiane senza ritardo.

La piattaforma CEDAW che rappresenta la società civile italiana impegnata su questi temi, è coordinata dalla Fondazione Pangea Onlus con Simona Lanzoni, Direttrice dei Progetti. Sono intervenute alcune rappresentanti: Barbara Spinelli di Giuristi Democratici, per approfondire l’aspetto del femmicidio e del femminicidio in Italia, Teresa Maisano Coordinatrice di D.I.R.E. la Rete italiana dei centri antiviolenza, Hilary Fisher esperta ricercatrice di WAVE il network europeo contro la violenza sulle donne, che approfondirà la questione della ratifica della convenzione di Istambul del 2011, Claudia Signoretti di Pangea Onlus per approfondire il Piano nazionale contro la violenza e la risoluzione 1325.

Sulla scorta del Rapporto sulla violenza contro le donne della Relatrice Speciale, la piattaforma italiana CEDAW chiede allo Stato e al Governo italiano: – di realizzare e implementare le Osservazioni conclusive del Comitato CEDAW, per l’Eliminazione della Discriminazione contro le donne e le raccomandazioni della Special Rapporteur delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne Rashida Manjo. In particolar modo

– di ratificare immediatamente la Convenzione del Consiglio d’Europa (Istambul 2011). La Convenzione di Istambul è una convenzione del Consiglio Europeo e serve per creare uno standard tra le diverse leggi e dei servizi a prevenzione, tutela e contrasto della violenza nei paesi in Europa. Tale convenzione non è stata ancora ratificata dall’Italia, nonostante l’impegno formale preso nell’aprile del 2011

– di avviare rapidamente una indagine statistica su tutte le forme di violenza contro le donne esistenti, coordinata tra i ministeri interessati (Interni, DPO, Salute, istruzione), con l’ISTAT (Istituto Nazionale Italiana Statistica), con le organizzazioni di donne della società civile e la Rete nazionale dei centri antiviolenza (DIRE)

– di sviluppare a livello nazionale e attuare programmi a livello locali relativi all’educazione per le scuole e le università, al fine di fornire un’educazione adeguata sulle questioni di genere, sulla sessualità, sull’identificazione e la decostruzione di stereotipi, e sulla violenza contro le donne.

Molto interessante quello che viene espresso dall’Associazione Internazionale Avvocati Democratici.

Espone dettagli sulla questione del femminicidio, data la gravità del fenomeno in Italia, e poi a proposito del divorzio. Scrivono infatti che:

Una delle sfide più importanti è quella di impedire femminicidio come risultato di violenza nelle relazioni di intimità durante /a causa della separazione o del divorzio. Questo può essere possibile migliorando il coordinamento tra legislazione penale, civile e diritto di famiglia, rendendo più efficaci i meccanismi di protezione delle donne e dei bambini nella fase di separazione e divorzio.

La durata dei procedimenti di divorzio può accrescere il rischio di violenza maschile sulle donne, pertanto è urgente modificare il diritto di famiglia, così come sottolineato dal Comitato CEDAW. La violenza psicologica coniugale spesso non è riconosciuta in tribunale come causa di addebito nella separazione, a causa della difficoltà di provare la violenza domestica attraverso testimoni, e a causa della difficoltà da parte dei giudici nel riconoscere la peculiarità della violenza psicologica nelle relazioni di intimità.

Nella pratica, risulta che per le donne la percezione di assegni familiari e ottenere il pagamento di alimenti da parte dei propri coniugi è statisticamente più difficile che per gli uomini dalle proprie consorti. Inoltre la custodia dei figli può rappresentare un’occasione di ri-vittimizzazione. Non vi è alcuna legge che riconosca esplicitamente la violenza assistita come motivo di esclusione dell’affido condiviso. Ciò significa che in caso di violenza nelle relazioni di intimità, anche se c’è una denuncia o una condanna, spesso nei tribunali accade che i bambini siano costretti comunque, anche in queste ipotesi, a vedere il padre violento. Il rifiuto del bambino di incontrare il padre maltrattante o abusante è spesso interpretato dal giudice e dal servizio sociale come un condizionamento psicologico del bambino da parte della madre (Sindrome di alienazione parentale -PAS).

Il Comitato CEDAW nel 2011 espresse la sua preoccupazione “per il fatto che, nell’ambito dei procedimenti relativi all’affido condiviso, in caso di presunti episodi di abuso sui minori, possono essere prodotte consulenze basate sulla dubbia teoria della Sindrome da Alienazione Parentale. ” e ha invitato lo Stato italiano a “valutare le modifiche normative in materia di affido condiviso dei minori, attraverso studi scientifici, al fine di valutare gli effetti di lungo termine sulle donne e sui minori, tenendo in considerazione l’esperienza registrata negli altri Paesi su queste problematiche “.

Nonostante questa raccomandazione, in Parlamento è ancora aperto il dibattito per l’approvazione del progetto di legge n. 957, che rappresenta una aperta violazione dei diritti delle donne e dei diritti dei bambini, in quanto prevede la mediazione obbligatoria per l’affido condiviso dei figli, anche se la donna ha subito violenza da parte dell’ex partner. Questo disegno di legge non prevede che la violenza nelle relazioni di intimità e la violenza assistita siano motivi di esclusione dell’affido condiviso. Inoltre, in violazione della raccomandazione CEDAW, prevede che la PAS debba essere inclusa tra i motivi per l’esclusione di custodia condivisa.

Si chiede allo Stato italiano di garantire che il diritto di visita e il principio di bigenitorialità nell’affido condiviso non vanifichino il diritto di donne e bambini alla protezione dalla violenza.

Ed ecco alcune tra le raccomandazioni che l’Onu per voce della sua Special Rapporteur fa al governo italiano:

A proposito di Diritti e politica delle riforme. Il governo dovrebbe::

– accelerare la creazione di un’istituzione indipendente nazionale per i diritti umani con una sezione dedicata ai diritti delle donne;

– adottare una legge specifica sulla violenza contro le donne per affrontare l’attuale frammentazione che si verifica in pratica a causa dell’interpretazione e dell’attuazione dei codici di procedura civile e penale;

– affrontare il divario legislativo nei settori relativi alla custodia del minore, includendovi le disposizioni relative in materia di protezione delle donne vittime di violenza domestica;

– fornire istruzione e formazione per rafforzare le competenze dei giudici per risolvere in modo efficace i casi di violenza contro le donne;

– garantire una prestazione di qualità e il gratuito patrocinio per donne vittime di violenza come previsto nella Costituzione e nella legge n. 154/200 relativa alle misure contro la violenza nelle relazioni familiari;

– adottare una politica a lungo termine in una ottica di genere e sostenibile per favorire l’inclusione sociale e l’empowerment delle comunità più vulnerabili, con un focus particolare sulla salute delle donne, l’educazione, del lavoro e della sicurezza;

– modificare le leggi del “Pacchetto sicurezza” in generale, e il reato di immigrazione irregolare in particolare, per garantire l’accesso alla giustizia e alle forze dell’ordine delle donne migranti presenti irregolarmente sul territorio, senza il timore di detenzione ed espulsione;

– continuare a rimuovere gli ostacoli legali che incidono sull’occupazione femminile, che è aggravata attraverso la pratica delle dimissioni in bianco, e le posizioni più basse e la scala retributiva per le donne. Rafforzare il sistema di previdenza sociale rimuovendo gli impedimenti per l’integrazione delle donne nel mercato del lavoro.

A proposito dei cambiamenti sociali e delle iniziative di sensibilizzazione. Il governo dovrebbe anche:

– continuare a condurre campagne di sensibilizzazione volte a eliminare atteggiamenti stereotipati circa i ruoli e le responsabilità delle donne e degli uomini nella famiglia, nella società e nell’ambiente di lavoro;

– rafforzare la capacità dell’ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziali per avviare programmi a favore del cambiamento nella percezione della società delle donne che appartengono a comunità emarginate e gruppi etnici;

– Continuare a condurre champagne di sensibilizzazione includendo la società civile, per aumentare la consapevolezza sul tema della violenza contro le donne in generale e in particolare sui gruppi vulnerabili esistenti.

formare e sensibilizzare i media sui diritti delle donne, tra cui sulla violenza contro le donne, al fine di ottenere una rappresentazione non stereotipata delle donne e degli uomini nei media nazionali.

Il governo dovrebbe ulteriormente:

– continuare a prendere le misure necessarie, anche finanziarie, per mantenere l’esistente e/o messa a punto di nuove case rifugio centri antiviolenza per l’assistenza e la protezione delle donne vittime di violenza;

– assicurare che Case rifugio e centri antiviolenza operano secondo gli standard internazionali e nazionali dei diritti umani e che meccanismi di trasparenza vengono messi in atto per monitorare il sostegno fornito a donne vittime di violenza;

A proposito di raccolta dati e statistiche. Infine, il governo dovrebbe:

– rafforzare la capacità dell’ISTAT, anche attraverso il finanziamento di fondi consistenti, per istituire un sistema di raccolta regolare e standardizzata dei dati e la loro analisi, disaggregandoli in base alle caratteristiche più rilevanti al fine di capire la grandezza, le tendenze e i modelli esistenti di violenza contro le donne;

– assicurare che nella raccolta di tali informazioni, l’ISTAT collabori regolarmente con istituzioni e organizzazioni che già lavorano per raccogliere dati sulla violenza contro le donne – tra cui la polizia, tribunali e la società civile. L’obiettivo finale dovrebbe essere l’armonizzazione delle linee guida di raccolta dati e l’uso di tali informazioni da attori Istituzionali e non, in modo efficace.

Posted in Fem/Activism, Omicidi sociali, Pas.