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Deconstructing “Il recensore misogino” – Come non si fa una recensione

Non mi sarei interessato di mia volontà a una cosa scritta da Massimo Fini se non me l’avessero segnalata; e ho scoperto così una cosa meravigliosa. Il nostro, forte delle sue competenze sui propri libri, ci ha regalato il 16 giugno scorso, su “Il Fatto Quotidiano“, una recensione del libro della Muraro “Dio è violent”, uscito per l’editore Nottetempo. Potete trovare questo pezzo riportato anche sul suo sito – se proprio ci tenete, nella sezione Articoli – comunque ve l’ho riportato qui sotto con i miei commenti [in corsivo e tra parentesi quadre]. Al di là dei suoi soliti pregiudizi sessisti, politici e storici, stavolta il nostro eroe ci meraviglia con un esempio di non-recensione davvero utile didatticamente. Come ha detto di recente un grande filosofo della comunicazione, “solo ripetendo sempre gli stessi errori si impara ad eseguirli alla perfezione”. E Massimo Fini lo sa bene, evidentemente.

Il Foglio ci informa che “la filosofa femminista” Luisa Muraro in un pamphlet intitolato ‘Dio è violento’ [non si intitola così, Massimo. Lo spiega per dieci pagine il perché del titolo tronco, se parti così mi stai già dicendo che non l’hai letto] riflette sulla legittimità dell’uso della violenza in democrazia, contro il potere democratico [no. Riflette sul possibile uso che la violenza fa di noi, e di come è possibile farsi agire da questa violenza in modo non distruttivo né comodo al potere vigente. E’ un po’ diverso – sarebbe bastato leggerlo, il libro…]. Ne è nato un dibattito in cui sono intervenute soprattutto femministe, più o meno storiche, che disinvoltamente dimentiche dei loro mantra sulla ‘non violenza’ con cui ci hanno fracassato i coglioni per decenni [non tutte lo hanno fatto, e lo so pure io che non c’ero e che non sono certo uno storico del femminismo], propendono per una risposta affermativa sia pur in termini sufficientemente contorti per poter ritirare la mano dopo aver scagliato il sasso [non sono contorti, Massimo, sono complessi. Leggere può significare, a volte, impegnarsi in ragionamenti più semplici di quelli necessari, per esempio, per stappare una bottiglia].

Per la verità questa questione io l’avevo già posta nel 2004 con un libro ‘Sudditi. Manifesto contro la democrazia’ [come conseguenza dell’inesattezza detta sopra, ovviamente non è vero che questo libro affronta gli stessi argomenti di quello della Muraro. Però è più probabile che Fini abbia letto quello che ha scritto, quindi su quello che dice il suo libro io mi fiderei delle sue opinioni] che ebbe un largo consenso di pubblico (150 mila copie, allo stato) ma fu silenziato dall’ ‘intellighentia’ [il libro è del 2004, non del ’75. Forse l’intelligencija – si scrive così oppure ‘intellighenzia’, non come hai scritto tu – s’è limitata a leggerlo e ha pensato bene di non parlarne, visto che non dice nulla, sempre per esempio, degli argomenti toccati dalla Muraro]. Non capisco (o forse capisco fin troppo bene) perchè se certe cose le dice la Muraro meritano considerazione mentre se le dico io, magari con un certo anticipo, no. Ma lasciamo perdere. [Meglio lasciar perdere, infatti, altrimenti saresti costretto a leggerti ben due libri per capirlo; invece è meglio cacare sospetti così, a gratis, tanto costa molta meno fatica ed è molto più fico.] E’ indubbio merito della Muraro aver scelto il momento giusto. [Allora era il tuo ‘anticipo’ ad essere sbagliato? Deciditi, Massimo.] Perchè dopo mezzo secolo di oppressione partitocratica che ci ha portato al punto in cui siamo, e non solo dal punto di vista economico, c’è in giro – è inutile nasconderselo – una gran voglia di menar le mani [beh certo che se gira gente che parla dei libri senza averli letti, e sopra ci ricama agiografie a proprio uso e consumo, una certa incazzatura latente è comprensibile. No?].

La cosa è ovviamente delicatissima. Per ragioni legate alla nostra storia recente e per questioni teoriche. Già nel ’68 si sosteneva che la violenza era legittimata dalla ‘violenza del sistema’. Ma il ’68 è stato una cosa ‘comica e camorristica’ per usare un’espressione di Luigi Einaudi a proposito della massoneria [quindi hai usato una definizione che non c’entra niente: sono parole tue, non di Luigi Einaudi, se le usi per indicare altre cose], di figli della borghesia che sciamavano per le strade urlando “Uccidere un fascista non è reato”, “fascisti, borghesi ancora pochi mesi”, [mah, di nuovo: non c’ero e di mestiere non faccio lo storico, ma mi pare che ‘per le strade’ ci fosse pure qualche altro personaggio] ma che in realtà aspiravano solo a diventare direttori del Corriere della Sera o conduttori di qualche programma Tv [aggiorna le statistiche, Massimo: non tutti ce l’hanno fatta. Comunque complimenti per la ricostruzione storica: profondo come un Bignami, obiettivo come CPI]. Più serio è stato il terrorismo [‘più serio’? Ci sono stati dei morti per scherzo?] ma, a parte che, come il ’68, cavalcava un’ideologia morente, il marxismo-leninismo [complimenti per l’agonia! Sulla carta è arrivato fino all’89…], non è certo questo il genere di violenza cui pensa la Muraro, ma a una violenza di massa, una violenza di popolo [eh? Ma l’hai letto il libro? Ah, già, scusa: no.].

Questione teorica [altro vaghissimo indizio che non hai letto il libro. La Muraro parla continuamente della politica come di una ‘pratica’]. Le democrazie non dubitano che sia legittimo abbattere i dittatori con la violenza (è una questione che si è posta fin dall’antichità, già Seneca si domandava “è lecito uccidere il tiranno?”). Tanto è vero che le ‘rivolte arabe’ sono state viste con grande favore e in alcuni casi (Libia) aiutate anche ‘manu militari’, per altro del tutto arbitrariamente [è inutile sottolineare che queste tre righe sono farina del sacco del nostro recensore, e non del libro della Muraro].

Ma in democrazia? Che bisogno c’è della violenza? C’è il voto. La Muraro sostiene che la violenza è diventata legittima perchè, di fatto, si è rotto il ‘contratto sociale’ [ancora? NO! Non dice mai che è diventata legittima. Dice – tra le altre cose – che è il caso di interrogarsi su come la violenza si è legittimata attraverso uno Stato che, tramite la sua classe politica, ha lui per primo mancato agli impegni del contratto sociale; e quindi, se non fosse il caso di trovare il modo di farsi agire da lei in direzione opposta…]. Interpellato a mia volta dal Foglio ho risposto “più che morto il contratto sociale non è mai esistito”. Perchè la democrazia rappresentativa non è mai stata, fin dalle sue origini, democrazia, ma un sistema di oligarchie, di aristocrazie mascherate, di lobbies, di partiti, che schiacciano il cittadino che ad esse non si adegua, che non ne bacia le babucce, riducendolo allo stato di suddito. Per quanto possa sembrare paradossale è stata proprio la democrazia rappresentativa a tradire il pensiero liberale che voleva valorizzare capacità, meriti, potenzialità del singolo individuo, dell’uomo libero che non accetta queste subordinazioni feudali e che sarebbe il cittadino ideale di una democrazia, se esistesse davvero, e ne diventa invece la vittima designata [e questo, da tre capoversi, è quello che dici nel TUO libro. Cos’è, non ti bastano le 150 mila copie?].

Contro questa truffa ben congegnata è lecita la rivolta, anche violenta se occorre [la Muraro non lo dice, ovviamente]. Del resto le Democrazie sono nate su bagni di sangue e non si vede ragione alcuna per cui, avendo tradito quella che doveva essere la loro essenza, non si possa e non si debba rendere loro la pariglia [la Muraro la vede, la ragione, ma tu non l’hai letta, quindi…].

[Notate bene che non c’è traccia di quanto la Muraro ha detto del ruolo del femminismo e della sensibilità delle donne, schiacciate dallo stesso ‘ contratto sociale’ degli uomini ma in aggiunta anche da quello ‘sessuale’. Eppure questi argomenti sono almeno la metà di Dio è violent. Mi piacerebbe poter dire che questa lacuna è dettata dalla nota misoginia del nostro, ma invece è chiaro che semplicemente non ha letto il libro ritenendo di aver già detto abbastanza sull’argomento in uno dei suoi. Direi che sta bene così. A presto per una migliore disamina del testo della Muraro. Se non altro, io l’ho letto davvero, il suo libro.]

 

Posted in Satira.


4 Responses

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  1. ZioSam says

    Perchè è un problema l’articolo per i nomi femminili? Qui in toscana si usa per i femminili, più a nord per i maschili… Che differenza fa?

  2. Lorenzo Gasparrini says

    Grazie Anacronista, si vede che leggere Fini fa proprio male 🙂
    Sono d’accordo e prometto che non succederà più.

  3. Anacronista says

    Grazie per il post, ma non posso fare a meno di notare quell’irritante LA Muraro, delLA Muraro, ecc. E’ grammaticalmente sbagliato e semanticamente reificante anteporre l’articolo determinativo ai cognomi femminili. Purtroppo è un uso molto comune, però spiace leggerlo qui anche su FaS. Aboliamo l’articolo determinativo per i cognomi femminili!

  4. Mammamsterdam says

    Oggi il tasso MF che gira in rete mi sta creando assuefazione. Ma ancor gli danno retta e soprattutto fingono che sappia fare il giornalista?