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Sulla Sentenza della Corte di Cassazione “sullo stupro di gruppo”

Leila ci segnala questo suo intervento (grazie!) sul tema sul quale si dibatte da giorni, tentando di dirimere la questione legalese e burocratica e di fare spazio a quello che ci interessa, ovvero le vittime di stupro delle quali in questi giorni abbiamo parlato in poch*, ma davvero in poch*. Lo condividiamo qui. Da Aut Aut Pisa. Buona lettura!

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Sulla Sentenza della Corte di Cassazione “sullo stupro di gruppo”…

Leggendo i commenti, gli articoli, dopo la diffusione della sentenza n 4377/12 della terza sezione penale della Corte di Cassazione, come donna mi sono sentita in dover esprimere un parere, un’opinione, politica.
Prima di far questo però come persona che queste cose (le sentenze)le studia proverò a fare un po’ di chiarezza sull’accaduto, non per spiegare qualcosa a qualcuno che non ritengo in grado di capire, come molti autori degli articoli e dei commenti sembra abbiano voluto fare, ma perché credo fortemente nella condivisione del sapere come forma di lotta, e perché credo che divincolarsi tra i cavilli giuridici non sia cosa facile per nessuno.

Proviamo a fare un passo indietro rispetto alla pronuncia della Cassazione. In primis l’ambito di intervento della sentenza è quello delle misure cautelari e non delle sanzioni. Vale a dire quelle misure che vengono adottate prima che via sia stata una pronuncia nei confronti dell’indagato e qualora ricorrano oltre ai gravi indizi di colpevolezza alternativamente pericolo di inquinamento delle prove, pericolo di fuga e pericolo di reiterazione del reato (ex art 274cpp). Cioè siamo a dire che si corre il rischio di essere sbattuti dentro prima che il processo sia cominciato (vedi i recenti casi degli arrestati per i fatti della Val di Susa).

Peraltro, quella della carcerazione è solo una delle misure che il codice prevede. Si potrebbe discutere dell’ammissibilità o della legittimità di un tale sistema in relazione alle garanzie della libertà personale, ma non è questo l’argomento del dibattito, il sistema vigente è quello delineato. Ora, in questo quadro un ruolo fondamentale è quello del giudice, infatti le misure cautelari non scattano automaticamente, bensì sarà un magistrato a valutare le necessità o meno dell’applicazione della misura, e a scegliere la misura che più ritiene adeguata, nel fare questa scelta non è però del tutto libero bensì vincolato dal principio per cui “la custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata.”(ex art 275 3c cpp).

Nel 2009 viene apportata una modifica all’articolo 275 cpp il quale disciplina appunto i criteri di scelta delle misure cautelari, sancendo al 3 comma un presidio fondamentale per la libertà personale. La modifica introdotta prevede che per alcuni reati, tra i quali rientra la violenza sessuale di gruppo art 609octies del codice penale, si applica comunque la custodia cautelare in carcere (Gli altri reati equiparati sono l’omicidio doloso-volontario-, quelli relativi alla prostituzione minorile alla pornografia minorile e gli altri a sfondo sessuale, l’associazione a delinquere ai fini di spaccio e i reati di mafia). Il che vuol dire che in questi casi il giudice non sarà libero nella sua valutazione e guidato dal principio per cui la carcerazione deve essere l’ultimo rimedio, ma è obbligato ad applicare la custodia cautelare in carcere. Su questo primo punto si rende necessaria una riflessione: ogni qual volta si inseriscono meccanismi di automatismo nel diritto penale si erodono spazi di liberta. Al di là del giudizio che possiamo avere sui giudici il fatto di imporre una certa soluzione, in senso repressivo, sottrae spazi alla libertà , alla possibilità di valutare tutte le circostanze che hanno portato alla (possibile in questo caso) commissione di un reato e alle possibilità di difendersi.

A seguito di ciò una sentenza della Corte Costituzionale, la 265 del 2010, ha dichiarato costituzionalmente illegittima questa modifica, relativa ai reati sessuali, sulla base del fatto che non può esservi comparazione tra i reati di mafia, che presuppongono l’inserimento di un soggetto in un contesto criminale organizzato, e i reati sessuali, che di solito vengono eseguiti individualmente o per ragioni non necessariamente riconducibili ad associazioni criminali (si legga a riguardo il passaggio di cui alla pag 4 della sentenza della Cassazione che ben spiega su cosa si basa la differenza di trattamento). Ciò non significa che il Giudice non può applicare la custodia in carcere in attesa del processo, ma che può anche non applicarla oppure concedere all’indagato gli arresti domiciliari, come avviene normalmente per tutti gli altri reati (magari puniti con pene più severe, come ad esempio la rapina aggravata o il sequestro di persona a scopo di estorsione). Per la Corte tale trattamento repressivo non era ragionevole e pertanto censurabile per disparità di trattamento e per violazione dell’art. 3 della Costituzione.

La sentenza per la precisione si occupò solo di alcuni dei reati sessuali considerati (poiché per questi era stato fatto il ricorso), e tra questi non l’articolo 609octies, per cui la pronuncia odierna della Cassazione risulta essere solo un adeguamento alla sentenza della Corte Costituzionale per così dire inevitabile. Nel senso che sulla disposizione pendeva una sorta di spada di Damocle, visto che la pronuncia di incostituzionalità aveva già investito l’altra parte della norma riguardante gli altri reati sessuali di eguale gravità. Dunque credo di poter dire che la sentenza della Cassazione è formalmente corretta, e coerente con la posizione della Corte Costituzionale che ha cercato di riportare nel suo alveo naturale la funzione delle misure cautelari. Esse dovrebbero essere applicate solo se strettamente necessarie e, nel caso della carcerazione, solo se nessun’altra misura possa funzionare. Nel caso della violenza sessuale di gruppo e non, quando i presupposti ci sono, essa continuerà ad essere applicata. Ora credo che tale principio sia condiviso specialmente da chi come molte compagne/i si sia trovato a subire ingiuste carcerazioni preventive come strumento di repressione politica. Questo per dire che le misure cautelari sono uno strumento in rari casi necessario e molto spesso male utilizzato, sono davvero molti i casi di “errore”, considerando anche che si tratta delle prime battute di un procedimento penale dove chi viene messo dentro spesso non è nemmeno stato ascoltato. Problema diverso è poi quello della tutela della vittima, difatti le misure cautelari, non sono pensate direttamente per la protezione delle vittime, e anzi a livello pre-processuale manca totalmente una protezione adeguata. Infatti si sente forte la necessità dell’introduzione di norme che tutelino le donne vittime di violenza, ed è una deformazione del sistema che a questo debbano sopperire le misure cautelari. Resta il fatto che a livello normativo non esistono altre misure concrete che proteggono le donne in questo tipo di situazioni e che quindi la carcerazione preventiva obbligatoria sembrava la risposta necessaria (si ricordi che comunque la misura resta applicabile ove ne ricorrano i presupposti).

Di questo comunque si dovrebbe occupare chi le fa le leggi, e non la Corte di Cassazione, appare risibile a riguardo l’intervento delle donne del PD.

Ciò premesso, alcune valutazioni politiche.

La prima è l’indignazione che provo, in quanto donna, nel vedere che l’unica risposta che lo Stato accenna al problema della violenza sulle donne sia quella della repressione penale. Non esiste nessuna campagna, nessuna politica seria messa in campo a livello istituzionale per cercare di risolvere il problema della violenza. Per non parlare delle politiche sociali riguardanti le donne e la maternità, scarse e sempre messe in discussione. Questo per dire che uno Stato che anch’esso si indigna dovrebbe prevedere ben altro che l’inasprirsi della pena. Ricordo che la maggior parte delle violenze sulle donne avvengono nel contesto familiare, e tali soprusi sono quelli che solitamente non vengono perseguiti (1). Mi chiedo quali misure in questi anni abbiano proposto le politiche dello stato per aiutare le donne ad uscire allo scoperto, denunciare i mariti o i padri, per la loro protezione fisica ma anche economica e sociale. Mi chiedo allo stesso tempo solo per fare un esempio, dove siano le politiche di educazione sessuale nelle scuole, quelle che dovrebbero insegnare ai bambini di oggi, uomini di domani, la sessualità, il rispetto della donna e del suo-diverso-corpo. Questo per dire che non dovremmo chiedere al sistema penale, che dovrebbe servire solo e se del caso ad accertare la responsabilità personale dei singoli, di risolvere problemi che sono tutti politici e sociali.

Molti dei post, dei commenti usciti sul web dopo la diffusione della notizia, la maggior parte firmati da donne appaiono dettati dall’emozione più che da un’analisi approfondita del problema, mentre le risposte di spiegazione e chiarimento, queste firmate invece per la maggior parte da maschi, si dividono tra una difesa sperticata dell’operato della corte o una perentoria condanna dell’operato della stessa. Credo che tutte/i con le opportune informazioni siano in grado di valutare l’operato della corte, quello che mi lascia perplessa, è vedere con quanta foga, puntualità e precisione in molti si siano mossi per spiegare a noi donne che non abbiamo capito, che è tutto ok.

Al contrario non sento questo levarsi di scudi ogni volta che si legge di una violenza su una donna. Dove sono in quelle occasioni tutti gli uomini che oggi ci spiegano come leggere una sentenza o come e quanto indignarsi?

Perché non si sperticano nella condanna delle violenze e nell’autocoscienza di genere? Già, perché la violenza sulle donne è un problema degli uomini.

Tutto appartenente al genere maschile, che forse dovrebbe cominciare a far sentire la sua voce sulla questione. Invece il silenzio sul tema è assordante. Soprattutto lo è da parte dei compagni, di quelli che fanno della lotta politica una pratica quotidiana, ma che spesso nelle proprie azioni, politiche ed individuali perpetrano pratiche di violenza, di aggressività e di controllo sul corpo e sulle idee delle donne. Per questo mi sento di dire a tutte/i di non cadere in facili illusioni, il sistema repressivo penale non serve a proteggere nessuno ma solo a neutralizzare qualcuno.

Le risposte che cerchiamo come donne e come uomini non stanno dietro le sbarre di una prigione ma in un cambiamento sociale e politico ed è quello il terreno su cui continuare a lottare. Ovvio che questa non era l’ingiustizia più insopportabile del nostro sistema penale, resta il fatto che perpetrare un’ingiustizia non servirà né ad impedire le violenze né a proteggere le donne.

Leila

 

(1) I partner sono responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fisica rilevate, e sono responsabili in misura maggiore anche di alcuni tipi di violenza sessuale come lo stupro nonché‚ i rapporti sessuali non desiderati, ma subiti per paura delle conseguenze. Il 69,7% degli stupri, infatti, è opera di partner, il 17,4% di un conoscente e solo il 6,2% è stato opera di estranei. Il rischio di subire uno stupro o un tentativo di stupro è tanto più elevato quanto più è stretta la relazione tra autore e vittima. Gli sconosciuti commettono soprattutto molestie fisiche sessuali, stupri solo nello 0,9% dei casi e tentati stupri nel 3,6% contro, rispettivamente, l’11,4% e il 9,1% dei partner.(dati istat 2006)

Posted in Critica femminista, Omicidi sociali, Pensatoio, Scritti critici.


One Response

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  1. Irène says

    Concordo con ogni singola parola dell’articolo ! E sono giorni che inutilmente provo a sottolineare 1 che poi nn siamo cosi stupide da non far la differenza tra una misura cautelare e una sentenza di pena. 2 come ritenevo e ritengo nostro compito di cittadini/e, uomini e donne di mettere in rilievo, di focalizzare l’attenzione e reazione su quello che è il significato politico, la tendenza verso cui la società, lo stato e la sua magistratura si stanno muovendo nei confronti delle violenza sulle donne, e in particolare quella sessuale. Sconcertante nel discorso di questi uomini (tutti esperti di diritto e procedura penale ) l’assenza della garanzia della vittima. Le garanzie a solo ed esclusivo beneficio del branco di uomini. Quando ho provato a sollecitare l’assoluta necessità difronte ad una società patriarcale sessista e femminicida di intervenire nelle scuole presso i giovani e meno giovani, quando chiedevo agli uomini di comportarsi da tali, che 2012 anni penso siano sufficienti per l’evoluzione da ominide ad essere umano, Sono stat accusata d’essere violenta, fuori come un balcone, vi evito gli insulti più volgari….
    Si, resta l’amaro, il disgusto e la consapevolezza che molto, molto resta da fare ! I movimenti di liberazione tutti quelli che hanno dato indipendenza ai paesi colonizzati, o oppressi dal nazi-fascismo, la liberazione delle donne, etc etc non si sono mai fatti a tocco di comma d’articolo di questa o quell’altra sentenza o legge. Tutte le conquiste sociali e dei diritti sono il frutto da un lato della presa di coscienza dell’esistenza di un’ingiustizia che opprime, violenta e disumanizza gli esseri umani. E dall’altro dalla consequente decisione di passare all’azione e alla lotta come atto dovuto di responsabilità, un obbligo etico, morale e storico !