La dodicesima vittima è vittima mille volte perché il marito ha raccontato una montagna di balle per tirarsi fuori dai guai.
Nessun@ di noi aveva creduto alla versione del “malore” o della “rapina”. Sono oramai, purtroppo, cose che comprendiamo a naso e perfino a distanza perché ci è fin troppo nota quella pratica di vita che sfugge ad ogni responsabilità tipica di chi commette violenza sui propri cari.
Lo fanno i mariti o i fidanzati violenti, lo fanno i padri pedofili, lo fanno tutti quelli che sono niente più che feccia e che una volta messi di fronte alle loro responsabilità in definitiva sono dei vigliacchi che tentano soltanto di scappare.
Non c’è alcuna nobiltà d’animo, alcuna sofferenza in questi uomini che vengono descritti troppo spesso come depressi o passionali. Sono solo merde, senza eufemismi.
Dodici vittime in 15 giorni nel 2012. Dodici persone uccise per la furia di uomini violenti. Dodici vite spezzate a fronte del fatto che centinaia di donne comunque ogni giorno vengono perseguitate, stuprate, massacrate, picchiate, mutilate. Donne che sopravvivono e lottano per esistere senza che nessuno le aiuti mai.
E’ necessario moltiplicare parole di condanna contro la violenza maschile sulle donne, è necessario che ciascun@ dica che non si tratta di fatti occasionali ma di una orrenda pratica quotidiana che viene tollerata, giustificata, sollecitata, maldestramente coccolata.
E’ necessario combattere con ogni mezzo necessario affinché si smetta di offrire potere a chi ha il potere di spezzare delle vite. Non si può privare una donna del diritto alla libertà di scelta, a decidere del proprio corpo, del diritto ad un lavoro, alla propria indipendenza economica, del diritto a rintracciare in ogni territorio un centro antiviolenza al quale rivolgersi, del diritto ad una legislazione che tenga conto della disparità di potere che insiste nelle relazioni tra i generi, proprio non si può fare questo ed altro e poi imputare questi delitti al degrado, alla depressione, alla passione, all’etnia e a tutte le scuse idiote che vengono tirate fuori in queste circostanze.
Se lasciamo che si speculi perfino sul nome di una donna che si è battuta, quando era in vita, affinché le donne avessero la libertà di poter esistere, come possiamo dirci concretamente impegnat* sul fronte della lotta contro la violenza sulle donne?
Oggi più che mai, ricordiamo ancora la vicenda che riguarda Stefania Noce e il suo papà che ne difende la storia e la memoria.
Per tutte le donne vittime di femminicidio. Per tutti gli uomini che sono nostri fedeli alleati e compagni e amici in questa resistenza quotidiana che riguarda tutti/e. Per tutti i bambini e le bambine che assistono alla violenza che avviene in famiglia e sono dunque vittime di violenza assistita, una violenza che la legge italiana neppure riconosce. Per tutte noi.