Da domani, a Firenze, csa nExt Emerson, in via Bellagio 15, potrete partecipare all’hackmeeting, l’incontro annuale dell’underground digitale italiano. Un evento autogestito, una tre giorni di seminari, dibattiti, workshop e performance aperti a tutti e gratuiti che affronteranno temi quali software libero, intelligenza artificiale, mediattivismo, privacy, robotica, diritti digitali, tecnologie di comunicazione, accessibilità del web, reti informatiche e di relazioni.
Nel calendario ci sono circa 30 seminari, e diversi laboratori permanenti. Durante la tre giorni farà una capatina anche Richard Stallman, fondatore del progetto GNU e pioniere del free software, con un intervento critico sull’evoluzione del web e del cloud computing.
In questo tempo di catastrofi annunciate, minacce nucleari e apocalissi annunciate i tizi dell’hackmeeting scrivono:
“Il mondo finira’, ma dato che a noi ci importa il giusto, intanto organizziamo un altro hackmeeting.”
L’hackmeeting è un momento annuale di incontro di una comunità di persone che arrivano da mille luoghi diversi e che si riunisce intorno a una mailing list. Un evento autofinanziato che ricava fondi dalla vendita di gudgets, magliette e dai contributi volontari di chi vi partecipa. I giornalisti facciano attenzione a non fare riprese o interviste senza che le persone intervistate o filmate siano d’accordo.
Dentro un hackmeeting potete trovare seminari, laboratori, workshop, una lan-space, ovvero un’area dedicata alla rete, dove ciascuno può piazzarsi con il proprio computer e mettersi in rete con gli altri e le altre. In quella zona puoi conoscere chi partecipa, farti aiutare a installare Linux, chiacchierare, chiarire qualche dubbio. Ma l’hackmeeting, sin dalla sua prima volta, nel 1998, è anche un open-air festival, un meeting, un campeggio, un hacking party, un momento di riflessione, un’occasione di apprendimento collettivo, un atto di ribellione, uno scambio di idee, esperienze, sogni, utopie, ammmore e antani.
E’ anche l’incontro in cui si sfatano miti e si demoliscono chilometri di disinformazione a proposito degli hacker. Perchè gli e le hacker sono persone curiose, che non accettano di non poter
mettere le mani sulle cose. Che si tratti di tecnologia o meno, gli e le hacker reclamano la liberta’ di sperimentare. Smontare tutto, per poi rifarlo o semplicemente capire come funziona. Gli e le Hacker risolvono problemi e costruiscono le cose, credono nella libertà e nella condivisione. Non amano i sistemi chiusi. La forma mentis dell’hacker non è ristretta all’ambito del software-hacking: ci sono persone che mantengono un atteggiamento da hacker in ogni campo dell’esistente, spinti dalla stesso istinto creativo.
L’hacking, come dice il manifesto che vedete in alto, è la pratica di chi vuole gestirsi la vita come preferisce e sa s/battersi per farlo. Anche se non ha mai visto un computer in vita sua.
E’ la pratica di chi si autodetermina, di chi inventa e poi condivide i saperi che derivano dalle proprie esperienze. Di chi fa “rete” e mette in condivisione la conoscenza su come si fa il pane, come si lotta, come si vive.
E’ l’arte di chi vive il proprio rapporto con la tecnologia facendo attenzione a non usare sistemi di monopolio del mercato, di chi affronta criticamente il rapporto con il social networking che si arricchisce sulla pelle degli utenti e nel frattempo compie profilazioni che fanno di noi i soggetti schedati di questo secolo.
E’ l’arte di chi analizza il presente e vuole inventare un futuro, il proprio, quello di una collettività di persone.
E noi saremo lì, cyberfemministe che si aggireranno tra un corso di robotica e open source e uno su un nuovo modello di giornalismo partecipato, un seminario sul cloud computing e uno sulla crittografia, uno sulle creative commons e uno sulla privacy.
Saremo assieme alle amiche di Corrente Alternata con la proposta di un workshop sulla precarietà che si intreccia e continua la discussione che si è svolta a Roma, durante gli Stati generali, al tavolo delle “inconciliabili”.
Il nostro titolo è: “Perfettamente inconciliabili: dal personale al politico. Dalla narrazione alla proposta politica. Le forme della comunicazione!”
Durante il workshop vogliamo partire dal personale per arrivare al politico, costruendo una nuova geografia dei femminismi precari e immaginando delle proposte politiche che conducano tutt* verso lo sciopero precario. Vogliamo anche ragionare sulle forme della comunicazione attraverso le quali si può produrre contaminazione e consapevolezza sul tema della precarietà.
Il workshop si dividerà in due tempi. Venerdì 24 giugno dalle 20.00 in poi e sabato 25 giugno dalle 11.00 del mattino fino all’ora di pranzo, potete trovarci nella stanza 3.
Ci saremo anche per proporre un altro momento di discussione, sabato 25 giugno dalle 18.00 alle 20.00, stanza 1, che abbiamo chiamato “Ideologie e creazione del consenso“. Vorremmo capire insieme come si impone il sessismo, il razzismo, il fascismo. Vogliamo decostruire parole, immagini, ciò che viene diffuso attraverso i media, e tutto ciò che dal punto di vista della comunicazione realizza la legittimazione culturale a conseguenti meccanismi di discriminazione e dunque ad una cultura autoritaria.
Veniteci a trovare, portate le vostre storie precarie e tutta la vostra conoscenza a proposito di sessismo, razzismo e fascismo diffuso attraverso i media.
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