Riceviamo e volentieri condividiamo il comunicato dell’Udi di Napoli:
Napoli cambia testa e continua a trascinarsi la coda pesante del passato, che non si rassegna ad essere passato.
Nel nuovo consiglio comunale di Napoli ci sono cinque donne, nella giunta quattro. Siamo profondamente legate a tre di queste donne. Oggi la loro storia incrocia quella delle Istituzioni e contiamo che parte del loro impegno civile e della loro militanza femminista imprimano chiari segni ad un consiglio ed una giunta nei quali è preponderante la presenza maschile.
Per queste nove donne non possiamo che auspicare il mantenimento della lucidità, degli intenti e della capacità di riconoscere e denunciare, anche nei dettagli, gli affronti quotidiani subiti dalle elettrici da parte del potere a tutti i livelli.
Pina, Elena, Simona, sappiamo, nella relazione da donna a donna hanno la possibilità di esprimere il meglio per affrontare la gravissima condizione nella quale versa la città.
A Napoli donne e uomini di tutte le età, meritevoli di non aver accettato l’offerta cinica degli schieramenti tradizionali e di aver costruito la possibilità di un’alternativa, sono le donne e gli uomini che avranno la responsabilità di tener fede, dal loro potere di cittadinanza, nel diffondere un dibattito nel paese. Un dibattito che finalmente affronti anche il muro dell’ostilità tra generi, il vero problema di questo paese.
È tutta la politica ufficiale che è entrata in grave confusione, rispetto al risultato di Napoli, perché ha di fronte un problema più grande che non quello della raccolta del consenso. Il cambiamento, che pare ormai ineludibile, trova impreparati sia i partiti che gli intellettuali. La resistenza al cambiamento si è mostrata da subito. Una resistenza inutile e dannosa, che non ci sorprende. I partiti per quanto lontani dal potere, non possono per incanto aver perso il vizio della spartizione, ed abbiamo visto il solito protocollo degli impegni presi ad alta voce e disattesi nel compiere i primi gesti di governo.
Non tutta la responsabilità pesa su di loro, sui partiti, il cambiamento non può partire da loro: ne sono strutturalmente incapaci. Ma una parte, quella che li riguarda, continuano a trascurarla colpevolmente, fingendo di essere amministrativamente diversi a Napoli da quello che sono politicamente a Roma. Poche facce nuove vediamo e pochi metodi nuovi, soprattutto poche donne.
Va fatta una legge elettorale, perché oggi abbiamo ancora quella della delle nomine. Va fatta, conseguentemente anche una legge per le amministrazioni. Questo è compito del Parlamento, nel quale sono presenti gli stessi partiti che si impongono nelle amministrazioni locali.
La libertà di cambiare, per la gente dei partiti, inoltre non dipende da ciò che questi sono nazionalmente, anzi la libertà di cambiare comincia dalle città. È qui che prima che,
È, allora, alle altre cittadine e cittadini che spetta l’impegno corposo della costruzione della politica limpida.
Al nuovo Sindaco facciamo i nostri auguri disincantati, e soprattutto gli auguriamo di non perdere altre occasioni. Come quella che ha perso nel non consultare i movimenti artefici del gran rifiuto che ha favorito la sua elezione ed, oggi, il successo dei referendum sui beni inalienabili
Udi di Napoli
(la portavoce Stefania Cantatore)