Amina, la blogger siriana, non è Amina. Si chiama Tom. Così almeno viene scritto. Ma potrebbe essere anche Richard, Max, chissà.
Quello che però conta, come abbiamo già scritto, è che in rete i contenuti sono più importanti di chi li scrive e perciò bisogna abbandonare quella modalità arcaica che richiedeva la legittimazione delle parole a carico di nomi più o meno noti perchè la rete è così, regala autorevolezza a chi nella vita non ne avrebbe mai avuta e svela in modo implacabile la mediocrità che viene trasmessa da chi nella vita viene coperto di onori.
Quello che conta, in questa epoca dalla comunicazione tanto, volutamente confusa, nella quale i fascisti fingono di lottare per la libertà e i compagni vengono definiti terroristi, le matrone che custodiscono gli uteri per i patriarchi e per la nazione fingono di agire per il “bene delle donne” e quelle che tentano percorsi di autodeterminazione vengono chiamate assassine, gli stranieri che cercano di migliorare la propria esistenza vengono chiamati “clandestini”, “invasori” e i colonialisti e ladri d’occidente vantano una cosa che chiamano “democrazia”, in un’epoca come questa, dove è essenziale riuscire ad andare oltre le apparenze, distinguere i sessismi, i razzismi e i fascismi dovunque, sotto qualunque simbolo, slogan, svelando i condizionamenti, quello che interviene sull’immaginario delle persone per renderle vulnerabili ad una propaganda che vorrebbe piegare il progresso per sdoganare inverosimili regressi, quello che conta, più di chi le cose le dice, sono, appunto, i contenuti.
La rete è fatta per accogliere una proposta comunicativa che determina forse lo stesso livello di illusione che viene determinata in una società nella quale i media inventano i fatti del giorno, le notizie, i personaggi sui quali accendere i riflettori, inventano perfino verità mediatiche che si sostituiscono a verità giudiziarie per i fatti di cronaca.
Mentre noi dicevamo, per mesi, che il web è un trucco, che decine e decine di pagine di wikipedia venivano stravolte da fascisti e maschilisti, che i revisionismi nel web erano prepotenti, violentissimi, che decine di pagine facebook sedicenti contro la violenza sulle donne o femministe sono in realtà gestite da maschilisti che istigano alla violenza sulle donne e giustificano palesemente ogni assassino, ogni padre che uccide i figli o ne abusa, ogni uomo che ammazza la ex moglie, negando la violenza maschile e istigando alla violenza contro le “femministe”, evocando perfino lo sterminio, il rogo, di quelle che per loro sono nemiche assolute dei loro deliranti percorsi. Dicevamo che esistono un tot di siti e blog da abbocco che sono copiati, furti di identità politiche, cloni di blog esistenti, dunque perseguibili e nella misura in cui gli stessi soggetti compiono una operazione scientifica contro alcuni specifichi soggetti, in continuità con altre azioni di persecuzione, questo diventa cyberstalking, blog e siti che sono dunque gestiti da maschilisti. Siti che parlano di chiusura dei centri antiviolenza, che alimentano misoginia, che ancora istigano alla violenza sulle donne e che diffondono un odio contro le donne, soprattutto quelle che lottano per i propri diritti, che è pari a quello che veniva diffuso dai nazisti contro gli ebrei.
Esiste tutto questo e noi ne abbiamo denunciato ogni virgola, ne abbiamo compreso la provenienza ideologica e non ci sembra ci sia stato tutto lo stupore e le reazioni indignate che leggiamo ora per la questione di Amina.
Abbiamo scritto di soggetti che compiono quello che si definisce “procurato allarme”, oltre alla diffamazione, alla calunnia sistematica, attribuendo in modo falso delitti gravissimi a una quantità indescrivibile di “femministe”. Nessuno o quasi, a parte chi in termini legali ha voglia di occuparsene, nel web ha dedicato a questo fenomeno neppure un rigo.
Non si dedica un solo rigo alle ore e ore di talkshow televisivi dove si inventano “casi umani” nei quali viene criminalizzata una categoria umana, talvolta l’immigrato, talvolta il musulmano, spesso le donne.
La simulazione e la menzogna non contano e non disturbano quando attraverso questa menzogna, usata e applicata come strategia di distruzione degli oppositori politici, si stabiliscono verità fasulle, che piegano il confronto, che limitano la libertà di opinione, che diventano l’espressione di una forza muscolare attraverso la quale chi ha più soldi e potere, chi possiete più televisioni, giornali, siti internet, tempo per stare 24 ore su 24 a odiare il mondo su facebook, impone il proprio dogma.
Noi siamo abituate a distinguere i contenuti a prescindere dall’apparenza. Riconosciamo un fascista anche quando marcia tra compagni con il pugno alzato. Riconosciamo un’affezionata seguace di mussolini anche quando finge di occuparsi dei diritti delle donne. Riconosciamo un misogino anche quando si nasconde dietro le “provocazioni” e le battute ironiche. Riconosciamo un sessista anche quando si nasconde dietro la presunta creatività di uno spot televisivo o di una pubblicità da manifesto. Riconosciamo l’anacronismo anche quando si nasconde dietro il nome di un prestigioso, così dicono, artista.
Noi spogliamo la gente di stellette e gradi, leggiamo i contenuti, non leggiamo quasi più chi li firma salvo che quelle firme non siano segno privo di equivoci di soggetti che ci regalano segreti, testimonianze, esperienze, saperi, e infine si firmano, con affetto. O almeno noi la intendiamo così.
Il blog di Amina, che non è di Amina, dice cose interessanti e se vi sono piaciute che importa chi le ha scritte? Per una volta che un uomo ha usato un nome da donna per raccontare bene le donne e le lesbiche…
O forse è questo che non va giù a chi si indigna? Il fatto che non sia il solito maschio che si nasconde dietro un profilo femminile, possibilmente seducente oltre il grasso che gli cola sicuramente dall’addome sudaticcio, per attirare amicizie su facebook e poi parlare male delle donne?
Avete una vaga idea di quanti siano i profili su facebook dietro i quali si nasconde un uomo, un fascista, un maschilista, un razzista, un omofobo, un inquisitore medioevale dei nostri giorni, che aizza il rogo verso le donne, le lesbiche, le femministe, le antifasciste?
Avete una vaga idea di quante siano le pagine che cavalcano proteste studentesche, precarie, per gli argomenti più disparati, dove intervengono fascisti del terzo millennio che continuano a diffondere qualunquismo criminalizzando chi prende posizione ed equiparando i fascisti a chi ha fatto la resistenza partigiana?
Sono tanti. Fidatevi.
Aprofittate della storia di Amina per interrogarvi su ogni pagina sulla quale apponete un “mi piace”, su ogni blog che linkate, su ogni spazio che vi sembra quello che non è. Interrogatevi sulla vostra consapevolezza circa alcuni argomenti perchè, per esempio, il fascismo, il razzismo, il sessismo, non lo distingui dalle sigle riconoscibili, lo distingui dalla corretta lettura dei fatti. Interrogatevi sui livelli di manipolazione alla quale questi soggetti ambigui, talvolta criminali, vi sottopongono in rete. Interrogatevi su questo e lasciate stare Amina, Tom o chi per lei. Noi speriamo continui a scrivere e la/lo leggeremo.
Io sono contenta che un'”ANIMA” sia libera e non in chissà quale prigione siriana! Per alcuni sembra quasi che il falso sequestro sia un dispiacere. Forse avrebbero preferito una donna in prigione?! in modo da poter strumentalizzare proprio quello che il sito “A gay girl in damascus” invece denunciava.
@Stefano, secondo me è stato un errore di valutazione. lo scrive lui stesso: non immaginava di suscitare così tanto interesse. Sicuramente non immaginava che questo avrebbe sollevato interesse in ogni parte del mondo e che il suo blog avesse travalicato i confini dell’area circoscritta nella quale lui immaginava di essere noto.
Lo avrà fatto per creare scalpore, per esagerare nel fake, per mollare il personaggio e riappropriarsi della sua vera identità. D’altronde non sappiamo neppure quanti anni ha chi scrive. Chi lo sa. Di sicuro è sbagliata la conclusione ma per il resto va bene tutto quanto.
Sono d’accordo con quanto scritto, ma la cosa che mi lascia perplesso è un’altra. Perché fare il post in cui si dice che è stata rapita e il padre la cerca disperatamente, se non è vero nulla? Che senso ha fare una sceneggiata simile, se di falsità si tratta? Se davvero Amina non esiste ed esiste questo Tom, una cosa del genere, che comunque sarebbe stata smascherata, non porta un enorme discredito a un lavoro di informazione e commento di mesi e mesi?
Analisi interessante…