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“Per un pugno di dollari”. Ovvero: Perchè il femminismo è attuale nel 2011

Riceviamo e volentieri condividiamo questa riflessione sull’attualità del femminismo:

Siamo nel 2011 e in questi anni, diciamocelo, il femminismo è difficile da praticare. Difficile perchè, prima di mettere in atto le iniziative, prima di agire sul piano della prassi, c’è bisogno di comunicare ovunque da dove nasca l’esigenza di femminismo nei giorni nostri. Si viene spesso giudicate “vetero”, “nostalgiche”, “fuori dal tempo”, insomma fuori moda, anche talvolta in ambienti “insospettabili”, quelli in cui ci ritroviamo a fare politica ogni giorno.

Inoltre, come se non bastasse doversi difendere e produrre una risposta rispetto al maschilismo imperante, ci si deve anche guardare dalle nuove derive moraliste che alcuni movimenti femminili hanno preso, si veda ad esempio le manifestazioni che hanno attraversato il 13 febbraio scorso tutto il paese, strumentalizzando a parer nostro l’argomento della mercificazione dei corpi per generare una presa di distanze delle donne “per bene”- lavoratrici, mamme e donne in carriera – rispetto alle “poco di buono”, viste come male assoluto, come paradigma negativo da cui tenersi lontane.

Bisogna quindi spiegarsi, e spiegare, quanto la mercificazione dei nostri corpi passi anche attraverso quel 13 febbraio stesso, che ha di fatto usato noi donne, le une contro le altre, per mettere in campo una strategia ulteriore contro il sovrano Berlusconi, per sferrare un ulteriore colpo alla sua persona e al suo potere in decadenza.

Se anche fosse solo questo il punto, si troverebbero già in esso motivazioni sufficienti per continuare a lottare, da femministe, per affermare altri pensieri, altre logiche che ci guidino nel nostro agire, logiche che stiano dalla parte delle donne, tutte, anche quelle “cattive” e “per male”, e che abbiano come obiettivo l’emancipazione vera dalla cultura maschilista imposta per farci scegliere se essere sante o puttane, e soprattutto per farci propendere verso il primo modello come unico moralmente giusto ed accettabile.

Ma, purtroppo, il punto non è solo questo. Pur volendo cercare qualcosa di buono in quel “Se non ora quando”, che pareva stesse rivoluzionando il paese per intero (ed è veramente difficile cercare negli appelli scritti per quella giornata qualcosa di positivo, per i motivi di cui sopra), non comprendiamo, sinceramente, che fine abbiano fatto tutte quelle donne e quegli uomini che in quelle piazze avevano tanto bisogno di esternare un sentimento: l’indignazione.

Non sono forse più indignate ed indignati adesso che lo scandalo Ruby si sta sgonfiando? Adesso che ci sarebbero temi veramente seri su cui esprimersi, come l’arrivo di tanti rifugiati nel nostro paese, tra cui tante donne, che subiscono continue pressioni, violenze, discriminazioni, prima come straniere, poi come donne (o viceversa)? Non si sono sentite e sentiti indignati dalla costruzione di lager nelle loro città o nei pressi di esse, posti in cui donne e uomini vengono tenuti prigionieri in condizioni disumane, senza nemmeno la possibilità di comunicare con l’esterno, senza diritti, privati anche dei loro nomi e delle loro storie?

Eppure, sembravano tanto determinate e determinati in quel 13 febbraio, tutti coloro che hanno gridato dei “Basta” a sproposito, sull’indignazione sbagliata, senza farsi troppe domande e senza chiedersi quali personaggi appartenenti alle forze reazionarie di questo paese avessero sottoscritto e contribuito a caratterizzare quella giornata.

Forse si considerano soddisfatte e soddisfatti di un exploit che, oltre ad aver cavalcato i temi sbagliati, non ha neanche avuto seguito, dal momento che, almeno a nostro avviso, viviamo nello stesso clima del giorno prima che quel movimento scendesse in piazza. Non sono forse sempre lì le pubblicità in cui i nostri corpi vengono utilizzati come bancone su cui avviene un mercato? Non sono forse sempre lì le discriminazioni subìte dalle donne nel mondo del lavoro, dell’Università, della ricerca? Ci pare che la TV continui a cantare “Brava Giovanna, brava” mostrando una ragazza in pantaloncini che ha sostituito una in minigonna, come se il problema fosse il suo abbigliamento e non il fatto che quel guardone del protagonista maschile la facesse salire sulla scala per guardarle le mutande. Ci pare che i cartelloni pubblicitari continuino a presentare scene di violenza maschile sulle donne come modello culturale da accettare… ma ci pare anche di essere di nuovo rimaste sole a sanzionare e denunciare tutto ciò, con in più il peso dello sfottò ridacchiante e dell’ilarità di chi continua a dirci “Siete le solite. State a guardare il pelo nell’uovo”.

A proposito, sarebbe simpatico chiedere alle organizzatrici del “Se non ora quando” se si ritengono soddisfatte del cambio d’abito di Giovanna, dal momento che hanno più volte ribadito quanto queste donne “cattive” siano responsabili del decadimento dell’immagine femminile. Sembrerà comico, ridicolo, ma in quei pochi minuti di spot pubblicitario si incarnano tutte le contraddizioni di quello che ha voluto ad ogni costo presentarsi come movimento ma che ci è sembrato di più una stasi, anzi – peggio ancora – un movimento sì, ma all’indietro: mettiamo i pantaloncini a Giovanna, ma lasciamo lì il guardone, il problema sono le donne puttane.

Noi vogliamo dire che c’è ancora bisogno di femminismo perchè è impensabile che si ritorni indietro nel tempo in questo modo, annientando con un colpo di spugna tutte le lotte per l’emancipazione fatte dalle generazioni passate. Se avessimo un presente in cui quelle lotte fossero rispettate, con tutto il portato di emancipazione culturale che hanno prodotto, forse sì, non ci sarebbe più bisogno di Femminismo, anche se non è detto che poi non potrebbero emergere nuove lotte da condurre su nuovi temi. Ma il problema è che l’arretramento di cui siamo vittime ci impone di combattere sia il maschilismo di prima, mai morto, che il moralismo bigotto di adesso, talvolta anche in abbinamento fra loro, forti più che mai perchè addirittura mascherati da nuova cultura in cui tutto è risolto e il Femminismo non serve più.

Cosa è risolto? Le nostre vite hanno forse la stessa possibilità di realizzarsi che hanno quelle degli uomini? Non si dà più per scontato che siamo noi ad occuparci dei lavori di cura, dell’accudire la famiglia, i figli e le case a scapito delle nostre carriere, passioni, sogni e libertà? Abbiamo forse smesso di morire e di essere stuprate e picchiate per mano di uomini? Cosa è cambiato? Di tutto questo, anche le giovani generazioni sentono la puzza nauseabonda.

Nauseabonda come lo è il fatto di pensare al proprio aspetto come unica via di affermazione del sè, semplicemente perchè c’è qualcuno – e non è certo una donna – che ha deciso che c’è un valore di mercato per questo nostro corpo, qualcuno che ha deciso che, “per un pugno di dollari”, lui può comprarsi il tuo corpo ma pure le menti della gente che giudicherà: “per un pugno di dollari”, lui paga, tu sei una puttana.

COLLETTIVO FEMMINISTA PACHAMAMA

Posted in Pensatoio, R-esistenze.


2 Responses

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  1. Imma says

    FINALMENTE! Mesi che aspettavo di leggere qualcosa di simile scritto da delle attiviste.
    Io il 13 febbraio non c’ero, per scelta; non volevo venir strumentalizzata per cose in cui non credo e non credevo. Il solo fatto che in quelle piazze ci fossero dei gramellini, il quale sul suo blog della stampa aveva scritto chiaramente che lui sarebbe sceso in piazza CONTRO le donne – le puttane, ovviamente – me ne ha tenuta ben lontana.
    Da puttana, durante quella giornata, sono stata trattata pure io da un’altra commentatrice su un blog, proprio perché ribadivo che “un movimento delle donne una cosa che non si può permettere di fare è discriminarle quelle donne” e quella non ha trovato di meglio che rispondere: ci tieni tanto alle puttane perché si vede che sei una puttana pure tu.
    Che tristezza.
    P.S. “Nauseabonda come lo è il fatto di pensare al proprio aspetto come unica via di affermazione del sé”; mi piacerebbe una volta ampliare questo argomento, sul quale son d’accordo, ma non del tutto.

  2. francescap. says

    Io c’ero il 13/02 e continuo a combattere e ad indignarmi anche leggendo questo post illuminante.