http://www.youtube.com/watch?v=7-Kfr57Zhy0
Scritto da LadyLosca: Dedicato a tutti i sud del mondo, perchè esistono mondi a margine, mondi resistenti, pezzi di sud in ogni nord.
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Il signor A era già molto vecchio, quando gli ho parlato la prima volta. Poi sono dovuta partire, e il signor A non l’ho più incontrato. Scettico a qualsiasi forma di comunicazione che non fosse quella diretta, face to face, lui mi ha aveva proibito di mandargli email (anche se l’indirizzo se l’era fatto!), e di chiamarlo per telefono, se non per cose veramente urgenti.
A era visto come uno un po’ strano nel mio villaggio. Era un uomo bassetto, che andava in giro su una bicicletta, aveva tanti capelli bianchi in testa, e al collo portava un fazzoletto rosso, cosa strana per un anziano, che gli conferiva un’aria molto rivoluzionaria.
Quando volli sapere di più sulla resistenza del mio paese, incastrato ai piedi delle Alpi, dove la lega già aveva sparso i suoi germi di indifferenza e odio nei confronti dell’altr*, andai dal signor A.
Mi portai anche un registratore, così da poter riascoltare quelle sue parole. Avevo immaginato un’intervista, ma non mi fece fare neanche una domanda, parlò sempre e solo lui, un fiume in piena, come fosse la prima volta. E poi scoprii che effettivamente era la prima volta che qualcuno lo ascoltava senza sbuffare o sbadigliare.
Mi raccontò che quando c’era la guerra, la seconda, voglio dire, e il nostro paese era fascista, venne il momento in cui doveva andare anche lui, in guerra, ad ammazzare “gente come lui”, la definì. Fu tra i molti che disertarono, erano ragazzini, e se ne scappò nella pianura dove ci sono le risaie a sradicare querce. Un lavoro difficilissimo di cui mi raccontò nei minimi particolari la procedura, e per il quale bisogna fare una fatica tremenda. Nel frattempo era diventato un ricercato, un fuorilegge, esattamente come oggi lo è un/una migrante senza i documenti a posto.
Per nascondersi meglio, il signor A decise allora di andare su tra le montagne dove sarebbe stato difficile trovarlo, assieme a dei suoi compagni che avevano deciso di disertare pure loro, e come patrioti si riunirono per tentare di organizzare una rivoluzione che avrebbe avuto come conseguenza diretta la cacciata del nemico nazifascista. Lui era un patriota, e ci teneva a dirmelo, a farmi capire la differenza con i partigiani, con i quali lui diceva di essere amico; siccome però era cattolico, si era trovato meglio tra i patrioti, che si contraddistinguevano dai partigiani perché avevano il fazzoletto bianco invece che rosso. In realtà combattevano tutti insieme, le distinzioni lì non si facevano, non si potevano fare.
Il signor A (che continua a ricordarmi che a quel punto se lo avessero beccato lo avrebbero ammazzato per alto tradimento) scende giù al villaggio insieme ai suoi compagni, si erano organizzati; era verso la fine di aprile. Arrivano giù, e in maniera un po’ confusa, inizia a raccontarmi un po’ tra le lacrime, un po’ tra la sua stessa incredulità – come se dopo tutti quegli anni non ci potesse credere che lui, proprio lui, avesse fatto quella vita – che riescono a liberare il paese e altri tre che lo circondono.
Quando pensavano di aver vinto, i patrioti e i partigiani, vedono in lontananza un esercito. Pensano agli americani, sapevano che stavano arrivando. Erano i tedeschi. Davanti a loro i nazisti avevano tutti coloro che erano scappati dal servizio di leva obbligatorio, ma non riescono ad ammazzarli, si difendono bene. A quel punto però mi racconta anche che vede chiaramente un comandante dei nazisti spararsi in bocca, e piange, piange perché non riesce a dimenticarselo nonostante siano passati sessant’anni.
Il villaggio è liberato. Arriveranno poi gli americani, e il resto si sa, insomma, è Storia.
Il signor A mi raccontò questa storia in cinque ore, in maniera superparticolareggiata, con le emozioni vive come se fosse successo il giorno prima. Me lo raccontò quando il mio paese era già diventato lo schifo leghista, comandato da un preticello moralista, porco, viscido, e pure un po’ ciellino.
Lui mi fa capire che non era quello che volevano. Non era per quello che avevano combattuto, che quel prete sta facendo gli schifi, e che pure la lega sta facendo lo schifo sul territorio, e nessuno dice niente, perchè i suoi compagni sono tutti morti, e se non sono morti sono troppo vecchi, non come lui, di più. E allora chi abbiato tirato su, come generazione?, si chiede.
La domanda rimane senza risposta, io ero troppo piccola anche solo per capire il senso di quella disperata richiesta d’aiuto.
Il signor A l’ho sentito una volta al telefono, andando contro quella sua regola di non chiamarlo se non se ne avevo veramente bisogno. Il villaggio ora è praticamente schiavo di questo prete omofobo e razzista, che insulta durante l’omelia chi non è etero e che mi hanno detto dà la lista dei libri da leggere e da non leggere. Nel giornale settimanale della parrocchia pubblica i libri e i film ok, e stila la lista nera di quelli da non leggere e non vedere. Ho chiamato A per tentare di capire, perché anche se è vecchio decrepito, e vive nei suoi ricordi in cui scappa, corre, sradica, è ricercato, e poi è libero, e poi è vecchio, A si chiede come sia stato possibile.
Ora lo trattano come un matto. Perché dice la verità. Cioè che si sono imborghesiti tutti, e chi sessant’anni prima aiutava i partigiani a nascondersi, ora vota la lega perché ha paura.
Anche il nord, tanto quando il sud, è stato colonizzato. Non c’è più nessuna terra veramente nostra, non c’è più nessun posto che non sia stato colonizzato da preti avidi e partiti schifosi. E questo è successo perché avevamo paura, e perché non avevamo studiato, perché non si poteva controbattere a cotanta ignoranza.
Io oggi non festeggio, non c’è niente da festeggiare. Questo Paese è un relitto che sta affondando, e tutte queste bandierine tricolori mi sanno tanto di grottesco, mi inquietano e mi fanno tanta tristezza. E perchè il paese che A e i suoi compagni e le sue compagne volevano, quello per cui hanno combattuto, non c’è più e non c’è mai stato.
il signor A. è molto più giovane di noi giovani dell’era 2000.