Di Emiliana Femiano, che è solo l’ultima delle troppe vittime di violenza maschile in Italia, ieri ben poche persone hanno parlato. La madre, giustamente disperata e arrabbiata, le donne che lottano tutto l’anno contro la violenza sulle donne, e poi?
Nessun plastico, nessun approfondimento a indagare sulle inefficienze di uno Stato che consegna le donne ai carnefici.
Violenti criminali che mentono sempre e che riescono a mettere in dubbio davanti ai giudici, grazie ai loro avvocati conniventi, la parola delle vittime, fino a farle passare per matte, paranoiche, deliranti, quando invece sarebbero le prime a dover essere ascoltate e credute.
Una vittima sente la puzza del pericolo. Chiamatelo spirito di sopravvivenza ma una donna sa quando c’è qualcosa da temere e se quelli che dovrebbero tutelarla non le credono, le dicono che quella paura è ingiustificata e lasciano al suo carnefice la libertà di ammazzarla, di chi è dunque la responsabilità?
Le chiacchiere stanno a zero e avremmo voluto che qualcuno ieri, invece di raccontarci balle sulla lotta italiana contro l’infibulazione, certo meritoria di attenzione ma troppo importante per essere strumentale all’indifferenza che vediamo tutti i giorni rispetto alla violenza sulle donne in Italia, ci parlasse di quello che lo Stato non ha fatto per le donne in Italia che evidentemente non godono di nessuna rappresentanza istituzionale. Bonino inclusa.
Emiliana Femiano è stata vittima di un delitto d’onore, con tanto di partecipazione dei parenti del carnefice che gliel’hanno portata in casa dove lui ha potuto comodamente finirla con 66 coltellate.
Non un raptus, non un eccesso d’ira, non la rabbia alla fine di una discussione che non aveva motivo di esserci perché Emiliana non doveva essere lì in quel momento giacchè ce l’hanno portata con l’inganno. Si tratta di un delitto premeditato, solo rimandato nel tempo, a partire dalle prime 14 coltellate alle quali lei era sopravvissuta, che sono state causa di un arresto durato il tempo di un respiro, fintanto che non hanno ritenuto che lui meritava i domiciliari.
Fosse stato un delitto di mafia all’attentatore non so se avrebbero dato libertà di tornare a casa dopo pochi mesi. Invece per gli attentati che subiscono tutti i giorni le donne ci si va leggeri, tanto che importa se muoiono più donne per mano di uomini che gente per mano della criminalità organizzata?
Dov’è la sicurezza di cui vanno cianciando? Dov’è la certezza che una denuncia ci salverà la vita? Quando si capirà che le donne che sono vittime di violenza maschile hanno bisogno di protezione esattamente come qualunque vittima della criminalità organizzata?
Perché un uomo che vuole ammazzare una donna non dimentica, non perdona, non retrocede di un millimetro e quella donna lasciata lì, sovraesposta, senza nessuna tutela e senza neppure la garanzia di poter riorganizzare la propria vita per poter allontanarsi dal luogo in cui può essere rintracciata, finirà sicuramente per essere ammazzata.
Le donne vittime di violenza maschile devono essere protette. Devono essere aiutate in senso pratico, legale ed economico a rifarsi una vita. Devono essere risarcite del tempo e della vita che il carnefice vuole toglierle. Devono avere la garanzia che quell’uomo non possa più avvicinarsi a lei. Devono essere certe di poter restare vive.
Altrimenti non serve che le donne paghino tasse che servono a tutelare ben altri interessi, perché giudici e forze di polizia sono pagati con i soldi pubblici, quelli delle tasse, e dunque anche con i soldi delle donne che non vedono alcun beneficio nella loro spesa.
Le donne sono derubate. I loro soldi non vengono dedicati a nulla che possa vagamente ricordare la lotta contro la violenza sulle donne. Nessuna somma spesa nella prevenzione. Nessuna somma spesa per sostenere i centri antiviolenza. Nessuna somma dedicata a restituire alle donne vittime di violenza un minuscolo frammento di vita che i carnefici hanno rubato.
Il mancato impiego di risorse in direzione della prevenzione contro la violenza sulle donne non è solo un segno di impotenza, una irresponsabile rappresentazione di uno stato schierato con i carnefici, ma è anche vigliaccheria pura, una rappresentazione del modello sociale che siamo costrette a vivere e che non lascia alle donne neppure la opportunità di difendersi da sole.
Quante ancora dovranno morire prima che si capisca che un uomo che commette violenza deve essere allontanato il più possibile dalla sua vittima?
Quante ancora dovranno morire prima che si decida di dedicare alle donne un progetto di prevenzione che sia attento a non lasciarle in balìa di mariti, conviventi, fidanzati, ex, accecati dall’odio, assassini che tutti conoscono come tali anche se nessuno fa nulla per fermarli?
Quante ancora?
Noi non attenderemo che qualcuno decida per noi se siamo degne di sopravvivere oppure no. Le donne hanno licenza di riorganizzarsi e difendersi l’un l’altra e guai a chi ostacolerà le reti di sostegno costruite dalle donne che sono le uniche alle quali la vita delle altre donne sta veramente a cuore.
Le donne non resteranno in silenzio. E nessuno potrà farci tacere. Nessuno.
Viso stupendo. Un viso giovane, intelligente, forte; ci spiega in larga parte come mai l’hanno fatta tacere per sempre. Allora che questa forza annientata dal fascismo e dalla misoginia imperanti in questo Paese ci dia la forza per continuare la battaglia. Ho scritto alla Bonino tramite le Pari e Dispare. Sono stato lapidario, come nel mio stile. Tanto qui ormai non c’è più speranza di smuovere la sensibilità di chi vive nel compromesso giorno dopo giorno. Che nasca in loro il rimorso per quello che potevano fare e non hanno fatto. Chi troverà la forza per elaborare il rimorso, capire che ha sbagliato, troverà anche la forza per fare qualcosa in un’ottica differente.