Skip to content


Passione

Il film è di John Turturro. QUI trovate una sinossi con i nomi degli artisti che hanno partecipato. Quella che ascoltate nel trailer è Pietra Montecorvino, la stessa di “Nuie simmu d’o sud” del film con Arbore “FF.SS… che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene”. Ha una intensità, un impeto, una sensualità, una passione nella voce che a Palermo si traduce in “quella è una femmina che mi fa sangue...”. Peccato un anno fa abbia concesso con orgoglio tutto quel ben di dio a Gheddafi e Silvio.

Ma le voci che fanno sangue e che spaccano le vene in questo film sono tante. Bellissime. Un incanto. Un brivido che ti prende le viscere, come tutto quello che riguarda il calore, la solarità, la meraviglia delle passioni meridionali. Come quella di Misia, assai simile alla voce della solista dei portoghesi Madredeus tanto amati dal regista Wenders.

E’ un concerto dall’inizio alla fine. Un racconto narrato da Turturro che tenta, attraverso un insieme di voci, volti, musica, personaggi caratteristici, di fare una sintesi dell’anima di Napoli, città della quale lui si è evidentemente innamorato.

C’è la Napoli antica, quella della fame, quella che soccombeva sotto la guerra e che reagiva per sopravvivere subito dopo. Ci sono i suoni delle mille culture che hanno attraversato la città, che io riconosco tutti perchè sono gli stessi che hanno attraversato anche Palermo, ugualmente intensa, sebbene più votata all’aristocratico jazz misto di ritmi arabi e africani.

Si vedono le facce della colonizzazione che fa di Napoli, così come di Palermo, una città dalle mille culture, mille conoscenze, mille capolavori umani che mai puoi ritrovare in altre città più chiuse, ancora recintate dalle vecchie mura medioevali, ancora a difendersi dall’assillo dello straniero del quale rifiutano il bello e il brutto, facendo di se’ uno spazio a misura di sentimenti egoisti e xenofobi.

Non è un viaggio tutto positivo. Turturro è colpito dalla creatività, dalla maniera di emergere dalle disgrazie, che fa di Napoli una città differente, non vittimista, non piagnona, che tira avanti e lotta, come lottano adesso le donne e gli uomini di Terzigno, mettendoci cuore, pancia, cervello e corpo, perchè sono il corpo, il sangue, il cuore, il cervello, la pancia le maggiori risorse dei napoletani.

C’è la carnalità, piena, che non puoi afferrarla con le mani perchè ti travolge lasciandoti tramortit@. E’ un viaggio di sensi, in qualche modo erotico, sensualissimo, che ti fa vibrare la carne perchè la tua carne è l’obiettivo.

Non l’ho trovato un film stereotipato, di quelli che ti dicono che tanto c’è il sole, e la pizza e il mandolino e tutto va bene. Assieme alle canzoni c’è il degrado, le contraddizioni, gli edifici abbandonati, il centro storico che sa di abbandono e ricorda altri mondi, ugualmente assolati e ugualmente creativi.

E’ raccontata l’energia, in grado di attraversare lo schermo e di scuoterti fino all’anima. E se sei una persona che vive emozioni blande, chius@ nel tuo mondo, fatto di frustrazione dei sensi e di freddezza culturale, credimi, ti farà bene.

C’è una scelta di campo precisa. E’ escluso il neomelodico filo/camorrista. Per raccontare il carcere e chi ci sta dentro hanno scelto “Don Raffaè”, cantata e interpretata egregiamente.

Le voci e gli interpreti hanno respiro internazionale e chi lo sa se piaceranno ai partenopei oltrefrontiera. Di sicuro rappresentano una città fatta di vecchio e nuovo. In cui il nuovo reinterpreta e fa proprio il vecchio per andare sottobraccio verso il futuro.

A proposito di creatività e di passione nelle lotte sociali: avete ascoltato la Tammurriata d’a munnezza?

Posted in Pensatoio, Sensi, Vedere.