Avete presente l’omino che accende le lampadine in strada nella pubblicità dell’enel? Quello che cammina cammina dovrebbe silurarsi in un mondo futuristico e spettacolare? Beh, al mio paese d’origine siamo ancora fermi all’omino con furgoncino, che prende la scaletta e aggiusta la lampadina della strada. Tanto per dirvi da quale pulpito mi appropinquo a esprimere la mia opinione in fatto di industrializzazione e economia liberista.
Cioè: io la povertà del territorio la conosco fino in fondo. Dove non sopravvivi se non con le sovvenzioni degli enti locali i quali sovvenzionano di tutto e di più sempre alle stesse imprese. Generalmente parliamo del pianeta dell’edilizia. Dopodiché conosco tanta gente che ha passato la vita o continua a trascorrerla dentro le fabbriche in città fredde e lontane. Dove ti svegli all’alba con la nebbia e torni a casa con il cervello inzuppato d’umido che ti senti peggio delle rane nelle paludi dell’era delle terre non bonificate.
Quello che mi è chiaro è che tanta gente si fa un mazzo enorme per fare arricchire i padroni delle fabbriche. Faticano tanto, guadagnano poco, e li riempiono di paroloni, flessibilità, accordi esclusivi, che bisogna essere competitivi nel mercato, e bisogna produrre con minore costo, che bisogna abbattere il costo del lavoro, che in italia ci sono troppi lacci e laccioli, inutili orpelli, che impediscono lo sviluppo economico delle imprese.
E invece quanto è bella la romania, come ha detto la presidente dei giovani di confindustria. Quanto sono comprensivi lì che puoi pagare un operaio a 600 euro al mese senza malattie e maternità. Niente lacci e lacciuoli, niente costi del lavoro “onerosi”, niente inutili orpelli. Anche se le imprese non diventano certo più competitive perché continuano a speculare con la produzione a basso costo senza sfondare nei nuovi mercati come la cina, l’india e chissà che altro.
La globalizzazione per le imprese italiane, provinciali appendici allo stadio dell’omino dell’elettricità, è solo una occasione per speculare e arricchirsi e non per offrire nuove opportunità ai lavoratori e ai territori dai quali sono stati mantenuti fino ad ora.
Perciò c’è il mio vecchio compagno di scuola finito in fabbrica a farsi turni su turni perché altrimenti lo licenziano e onestamente non lo capisce proprio di che stanno parlando ‘sti qui che gli tolgono sotto il naso il contratto nazionale.
E lui è perfino abbastanza accomodante, non ha pretese, perché è un emigrato e come tutti gli emigrati parte già sapendo che sarà sfruttato. Non ha rubato il posto a nessuno perché nella sua fabbrica hanno bisogno di manodopera. E allora non capisce come mai devono fare tagli, gli tolgono diritti, lo ricattano con ‘sta storia dei mercati globali e dell’italia fanalino di coda. E tutto si riduce al fatto che dopo qualche settimana gli dicono che prendono e si trasferiscono in serbia dove hanno avuto promesse di agevolazioni, possono pagare gli operai a prezzi da fame e vanno a perseguire la politica degli immigrati a casa loro che arriviamo noi con la fabbrica e ti sfruttiamo alle nostre condizioni.
Ecco perché non vogliono l’immigrazione, perché è meglio ottenere condizioni per costruire cattedrali nel deserto dove impiegare manodopera al prezzo dei paesi di provenienza invece che con i contratti che dovrebbero fargli qui.
E nel frattempo i lavoratori perdono tutto e quelli che parlano e si ribellano vengono paragonati alle brigate rosse perché c’è gente pagata apposta per alzare il livello della tensione di modo che un uovo colorato sia paragonato alla p38, mettendo paletti sui segnali di dissenso e criminalizzando gli scioperi e le manifestazioni come quella della Fiom del 16 ottobre.
Ci vuole poco che la dicano che la Fiom è fatta di criminali e nel frattempo non capiscono che senza un sindacato che garantisce coesione sociale tra le classi lavoratrici svantaggiate e incazzate le uova colorate potrebbero davvero trasformarsi in segni di esasperazione più eloquenti.
Piuttosto ringraziateli, per quanti errori abbiano fatto in passato, resta che loro e i sindacati di base al momento sono gli unici che tentano di dare voce a quelli che la cosiddetta crisi, alibi per privatizzazioni, speculazioni e delocalizzazioni selvagge, la vivono sulla propria pelle.
Invece chiediamoci chi sono quelle imprese che delocalizzano. Di cosa è fatto quel capitalismo che pur di avere condizioni vantaggiose per la propria borsa non evita di andare a legittimare le economie di paesi retti dalle peggiori dittature o dove la presenza di criminali nazionalisti è tanto palese quanto è vero che sono riusciti ad arrivare a genova senza che nessuno li abbia fermati.
Fosse stato un corteo di lavoratori con uova colorate chissà quante volte avrebbero urlato al terrorismo. Invece trattandosi di gente che la fortezza europa, quella che ti scheda anche se fai uno starnuto, non ha fermato ai confini della nazione allora bisogna attenuare la minaccia di una aggressione di nazisti.
E’ in paesi in cui sono presenti soggetti di quel tipo che le imprese italiane delocalizzano?
E quelle imprese come la pensano circa il fatto che i nazionalisti non riconoscono l’indipendenza del Kosovo?
Da noi tanta strizza per le uova colorate e a fare affari tra gente armata di kalashnikov invece va tutto bene?
A proposito: sicuramente in italia tra quelli che appoggiano le tesi nazionaliste di chi non riconosce l’indipendenza del Kosovo c’è un gruppo di destra che in certi ambienti bipartisan piace tantissimo.
Insomma, è tutto un mondo da scoprire.
Andate alla manifestazione di Roma della Fiom il 16 ottobre.
Qualcuna di noi ci sarà. Perchè il lavoro non c’è, per gli uomini e non c’è soprattutto per le donne che sono trattate come scarti di fabbrica. Perchè il lavoro è un diritto e quel diritto non è barattabile con niente.
volevo condividre con voi questo appello delle metalmeccaniche per la manifestazione di sabato
http://www.fiom.cgil.it/eventi/2010/10_10_16-manifestazione_nazionale/materiali/v_FATICALIBERTA.pdf