Riceviamo e condividiamo, da Monica Perugini:
Mantova supera sempre il limite, anche in queste tristi giornate di abietto abbrutimento sempre e solo contro le donne: una neonata gettata nella lavatrice, appena partorita dalla madre davanti alle due figlilette di 10 e 12 anni, probabilmente aiutate da un’amica. La neonata è salva e sta bene, era avvolta nei panni sporchi, chiusa dentro il cestello col portello chiuso da ore. Il padre scappa all’arrivo della polizia, ma è ritrovato e tenta il suicidio. E’ salvo e sta bene ed è stato portato in Via Poma, il carcere circondariale, proprio dove avevo incontrato Priscilla, rinchiusa lì dentro per mesi perchè aveva oltraggaito la corte nel corso del processo contro il sottoufficiale di PS Addesso, ora rinviato a giudizio per tentato stupro di una giovane nigeriana al CIE milanese di Via Corelli. Ma questa era un’altra storia di violenza sulle donne.
La moglie incita di 7 mesi si era prostiuita fino a tre giorni prima della disgrazia. Vivevano tutti in un agriturismo, praticamente in città, a dieci metri veri da Palazzo Te, la Reggia estiva dei Gonzaga, sito vivente della cultura rinascimentale più alta, del Museo Egizio, delle mostre che fanno epoca: da Giulio Romano, alla Celeste Galleria.
Esiste dunque un limite? evidentemente no, perchè questa storia di straordinaria miseria sociale, culturale, personale e cittadina se la prende proprio con tutte le donne: la madre, prostituta di 32 anni che ha lavorato e “portato i soldi a casa” fino a tre giorni prima di partorire, la neonata (“di dubbia paternità”) scampata per caso o per pietà, le due piccole che hanno assistito ad una miseria che nessuno avrebbe dovuto vedere, l’amica complice che, insieme al marito, ma a mio modesto modo di vedere, anche all’affittacamere (un pensionato che “fa tutto il lavoro” al posto dell’intestatario -il figlio-), confermano che si tratta di differenze fra persone che, al momento opportuno, scelgono da che parte stare: contro le donne.
Che a Mantova, come altrove, ragazze più o meno giovani, per sostenere se stesse e (soprattutto) gli altri, debbano battere il marciapiede, infatti, è diventato un affare e dunque una normalità: proprio come i banchetti della mercanzia al mercato del giovedì mattina nella bellissime piazze gonzaghesche.
Il Rinascimento resta là, Mantova è come il mondo, a pagare il degrado più abietto sono chiamate le donne, di ogni età, di ogni nazionalità.
La complicità degli affittacamere che, oggi, con tre galline e due pomodori coltivati (!!???) alle porte della città fortezza, proprio davanti alla reggia estiva dei Gongaga, fanno navigare in internet la loro pubblicità in italiano e rumeno per soli 50 euro a testa a notte e che prendono a male parole l’invadenza dei reporter dicendo di “farsi i fatti loro!”, completa degnamente “l’attualità rinascimentale” nella città dell’ex tolleranza e delle mille iniziative solidali senza reale integrazione.
Anzi con l’aggiunta di quell’ ipocrita separazione / reale connivenza fra il mondo degli affari dei poveracci e l’egosimo mercantile della sottocultura piccolissimo borghese, col beneplacito del resto del mondo padano: tutti vogliono (non fanno nulla perchè non lo sia) che resti proprio così. Le voci fuori del corso sono: estremismo (alla faccia di quello che succede che, appunto, è normalità e quindi moderazione!)
A Mantova come nell’universo mondo ce n’è per tutti: hotels a mille stelle per intellettuali e borghesi dal portafoglio gonfio, ristoranti per tutte le tasche, coop (ex) rosse alla riscossa, volontariato e librai e, perchè no, anche per puttane da massacrare (o meglio per i loro protettori, pure nostrani) a piacere in mille modi, che non sanno che farsene di un’ennesima figlia, che molto probabilmente subirà in una sorte senza alea, lo stesso drammatico e che non sanno e non potranno mai sapere che l’ avvilente estremo degrado si può evitare con quello che resta di servizi e strutture pubbliche.
monica perugini
proletaria – comunicazione militante