Su FriendFeed, altro social network variamente frequentato da una moltitudine di esseri umani, in seguito alla condivisione delle foto by flickr dell’esposizione delle auto fiat al motor show, si è sviluppato un discreto dibattito che riflette sulle innumerevoli ragioni che possono spingere la fiat a rappresentare il marchio con donne scosciate.
Giammai vorremmo allungare le gonne alle donne, anzi. Viva le minigonne e tutti gli abiti scollati che ogni donna vuole indossare. Ma la domanda sorge spontanea.
Qualcuno di voi, guardando le foto, si rende conto del marchio dell’auto? Delle caratteristiche dell’auto? Della cilindrata dell’auto? Di che auto stiamo parlando?
L’altra domanda è:
dato che abbiamo visto ieri sera una intera puntata di Presa Diretta [guardala online] che parlava anche della Fiat, nella quale si discuteva delle restrizioni imposte a Pomigliano e allargate all’intero settore, per obbligare gli operai e le operaie a turni massacranti, imponendo alle donne che hanno famiglie da portare avanti di lasciare il lavoro per l’impossibilità di sostenerne il carico, quale uso fa la fiat della donne?
Nella pratica sono operaie ipersfruttate con accordi che evitano di applicare il contratto nazionale. Sono formiche che hanno paura di parlare per non perdere il posto e che si distruggono per arricchire una azienda che punta solo all’aumento del proprio profitto nascondendosi dietro l’alibi della crisi. Sono braccia che vengono massacrate da uno smantellamento progressivo dei diritti dei lavoratori, che coinvolgono tutti, donne e uomini.
E poi? a che altro servono le donne per Fiat? Ad acquistare le auto, certamente. Dato che il mondo del lavoro però ha deciso di rinunciare alle donne e che le donne non saranno in grado di acquistare un bel niente, il che non si capisce quanto faccia bene all’economia, però è più plausibile pensare che il destino delle donne sia esclusivamente quello di essere “merce”.
Merce che espone le proprie grazie per promuovere un marchio che discrimina operai e operaie e che smantella diritti con il ricatto del posto di lavoro.
Merce che viene esposta, nel connubio sessista di “donne e motori”, a rafforzare lo stereotipo che invita il maschio, dunque il vero oggetto della campagna di promozione, il potenziale cliente, ad acquistare la macchina e con quella anche uno status che gli permetterebbe di allungare le mani sulle cosce della modella.
Donne che dicono “comprami”, corpi in vendita, immagine nell’immagine che viene impiegata nell’azienda nell’unico modo in cui l’azienda sembra voler impiegare le donne.
Ma sapete che c’è? Che davvero non si capisce perchè dovremmo comprare un marchio che si fregia del titolo di “italiano” che viene fabbricato in polonia con la manodopera pagata niente e con gli operai e le operaie italiani trattati alle stesse condizioni in cui erano trattati i lavoratori delle catene di montaggio nella rivoluzione industriale.
Attualmente ci chiediamo? Esiste un marchio di auto islandese? Vorremmo comprare quello.
Certo però che quando si tratta di uscire da sole per strada ci invitano ad allungarle perchè se no ci accusano di avere incitato lo stupro. Che schifo. Mi viene da pensare che siamo peggio dei talebani: le donne vanno spogliate solo per eccitare gli uomini in limitate occasioni. Inoltre c’è da dire che scosciano le donne in quanto vige il pregiudizio della donna che non sa guidare quindi il prodotto viene considerato maschile. A me viene tanta rabbia visto che mi sto per patentare 🙂
Io infatti sono di questa opinione: se un’ azienda è sessista nel publbicizzare i suoi prodotti vuol dire che le donne che vi lavorano sono discriminate. Penso si dovrebbe fare un’indagine, per la Fiat l’hanno già fatta!