Dalla pagina facebook dedicata alla campagna sui lenzuoli contro la violenza sulle donne:
Stasera ho visto la puntata di amore criminale e come me l’hanno vista tutte le donne che hanno voluto fortemente attivare questa pagina per avanzare alcune proposte. Per la prima volta abbiamo visto donne sopravvissute ad episodi di violenza commessi dai loro ex mariti parlare della loro esperienza ed essere trattate non come semplici controfigure che fanno “testimonianza” buona a suscitare pietà. Ma come persone che degnamente vengono chiamate a rappresentare se stesse e a parlare della condizione delle donne maltrattate con cognizione di causa.
Queste donne, come d’altronde ciascuna di noi e ciascuna delle donne sopravvissute a gravissimi episodi di violenza, hanno espresso suggerimenti e proposte, pareri e consigli. Le loro parole erano concrete e non campate in aria, ovvero non basate su esperienze reali, come quelle di tante persone che vediamo nei talk show televisivi.
Noi ci siamo sempre rifiutate di spettacolarizzare le nostre esperienze per essere relegate al semplice ruolo che ti condannano ad interpretare nell’angolo del reality. Possibilmente con una parrucca in testa e con la voce mascherata.
Le donne che sono sopravvissute ad una esperienza tragica hanno paura, spesso devono nascondersi, fanno una grande fatica a continuare a vivere nella propria città e molto spesso devono trasferirsi perchè il proprio carnefice subisce una condanna attenuata da mille strumenti previsti dalle attuali leggi e poi torna libero di fare quello che vuole. Può anche voler finire il lavoro o perseguitarti per tutta la vita. Queste sono eventualità tragiche sulle quali non si dovrebbe mai spettacolarizzare e fare audience.
Noi siamo donne che con dignità hanno affrontato la morte e sono sopravvissute e non ci vergogniamo di raccontare o di parlare delle nostre fragilità e della nostra forza. Ma innanzitutto vogliamo essere considerate persone che hanno diritto di manifestare la propria opinione sui metodi da adottare per lottare contro la violenza sulle donne. Chi può rappresentare le vittime se non le stesse vittime? Forse possono farlo i carnefici? Forse sanno più di noi le persone che non hanno vissuto quello che noi abbiamo affrontato, superato e razionalizzato?
Certamente non subito, sicuramente non quando ancora ciascuna di noi è costretta a fare i conti con se stessa per poter tornare a vivere. Ma quando hai lottato e vinto la tua guerra contro chi ti voleva morta allora hai le idee chiarissime e sai perfettamente quello che serve ad una donna che si trova a vivere la tua stessa condizione.
Solo per fare un esempio: serve una rete sociale, un sostegno economico e un luogo dove rifugiarti (un centro antiviolenza). Senza una casa o un lavoro o senza nessuno che ti aiuti economicamente sei costretta a restare nella casa di chi ti vuole ammazzare.
Serve la sicurezza di poter continuare a vivere la propria vita sapendo che il tuo carnefice viene tenuto lontano da te e non a pochi passi di distanza, in casa sua, libero di farti quello che vuole.
Serve avere la certezza di poter proteggere se stesse e i propri figli da scene di violenza perchè i bambini che assistono alla violenza che un uomo infligge alla loro madre subiscono un trauma che difficilmente supereranno. Servono tante cose e noi vorremmo che qualcuno chiedesse il nostro parere. Perchè noi ne sappiamo di più. Purtroppo. Molto di più.
—>>>Dalle donne di “Registro Pubblico“