Una discussione che si è prima sviluppata tra i commenti di un post della Lipperini e poi è continuata su un altro blog.
Ci chiediamo: perchè mai sia così temibile il termine "femminicidio"? Che poi significa il delitto compiuto contro le donne in quanto donne. Contro tutte le donne che alzano la testa per mostrare autonomia, per rivelarsi in quanto donne indipendenti, che auspicano di poter decidere per sè. Perchè si teme a tal punto questo termine a tal punto da scomodare la psicologia?
Non avevamo già fatto un passo avanti dall’epoca freudiana?
C’era stato il tempo in cui la psichiatria andava sottobraccio ad ogni forma di repressione, per marginalizzare intere classi sociali, così come spesso fa ancora. C’è stato il tempo in cui la psicologia diventò l’attenuante per sospendere la pena a tanti criminali. Più cresceva la consapevolezza sociale che un certo tipo di crimini non potevano proprio essere accettati dalla società e più una certa parte della psicologia si sforzava di trovare giustificazioni comode ad esercitare una influenza nelle aule dei tribunali e ad esercitare ricatti affettivi nelle sfere familiari.
Ci chiediamo: il 2010 non è un po’ troppo lontano da certe epoche per riprendere la vecchia discussione sugli uomini cattivi che hanno avuto delle cattive infanzie? Non è un po’ troppo ipocrita questo meccanismo salvifico per maschi che ammazzano le donne e che tentano di riversare le proprie responsabilità su tutto il genere umano meno che su se stessi?
Se guardiamo le cifre, seguendo lo stesso filo di ragionamento, le donne sono picchiate da piccole, stuprate, massacrate, mutilate, vessate, offese, insultate, private della propria libertà, eppure non uccidono (guarda il sesso degli aggressori). Eppure ogni volta che una sola donna commette un crimine tutti sono pronti a scagliarsi contro l’intero genere femminile. Eppure la misoginia e l’istigazione all’odio contro le donne continuano ad essere il motore, il collante, che tiene unita una intera società che economicamente basa tutto il suo welfare sulla schiavitù delle donne.
Tanta energia impegnata alla comprensione umana nei confronti dei maschi assassini mentre i funerali delle donne morte ammazzate per mano degli uomini vanno generalmente deserti. Mentre i tribunali in cui si svolgono processi a difesa di donne stuprate vanno deserti. Mentre le ex mogli, fidanzate, conviventi, compagne, di uomini violenti subiscono persecuzioni, aggressioni di ogni tipo senza che nessuno spenda una sola parola per difenderle.
Ci stupisce sempre tanto sforzo intellettuale nei confronti dei maschi assassini, soprattutto quando questo sforzo, sebbene espresso in forme antropologicamente interessanti, viene sdoganato da donne.
Paragoniamo questo esercizio a quello che certe persone compiono quando varcano la soglia di casapound o di una qualunque sede fascista. Una sorta di tangente al fascismo per avere il diritto di attraversamento dei luoghi del confronto politico.
Il femminicidio esiste. La psicologizzazione del maschio che ammazza le donne è un esercizio inutile, serve solo a rovesciare le carte in tavola, serve a chi usa questi argomenti per praticare revisionismo e negazionismo a proposito di violenza maschile contro le donne. Di fronte alle tante donne che muoiono per mano di uomini il resto, davvero, sembra un inutile bla bla bla.
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di
Guerra
@zeuberei
ecco: lo sai che i dati istat contro la violenza sulle donne sono stati messi in discussione dai negazionisti che gravitano in rete con argomenti ridicoli?gli stessi che hanno tanto gradito il tuo articolo per intenderci. giusto per informarti sul pessimo clima culturale e sociale in cui ci troviamo. motivo per cui ogni parola va pesata.
si, anche io penso che non troveremo un accordo.
ma non era personale. d’altronde il tono di critica di questo blog lo conosci, è rivolto a tutt* allo stesso modo.
noi siamo qui per tentare di dare una mano alle donne che hanno bisogno di aiuto e non per attrarre folle di fan plaudenti con spettacoli di cabaret.
un saluto e buon lavoro 🙂
Il problema per io credo che invece si sbagli qui è per come fraintendete la psicologia – e mi sa pure quanto scrivo io in merito. La maternizzate – in qualche modo. La associate alle scuse e alle attenuanti, o all’opposto all’istituzionalizzazione. Io conosco i dati che riportate perchè alcuni, sono anche frutto del mio lavoro. Nel mio post scrivevo chiaro che per quanto mi riguarda la pena doveva esserci tutta per chi commettesse questi crimini. Il mio problema era nell’interpretazione da fornire. L’intervento che la psicologia fa – esattamente come in quel caso di Istat – non è esclusivamente terapeutico, ma può essere molto preventivo. Per esempio l’indagine istat che intervistava solo donne, solo nel porre delle domande anche molto connesse alla vita quotidiana, molto minime rispetto ai fatti gravi di cui parliamo – apriva nelle donne che rispondevano orizzonti di riflessione, di critica verso il modo con cui era organizzato il loro privato. Un lavoro del genere in cui gli intervistati fossero solo uomini, stesse domande ma fatte a uomini, aprirebbe prospettive di autocoscienza e pensiero critico importanti. E’ solo un’ipotesi, se vogliamo un esempio di intervento culturale.
Come con barbara spinelli abbiamo concordato. Dopo di che, capisco anche che avremmo sempre una divergenza di fondo su come relazionarsi ai singotoli politicamente o meno. Questo ve ne do atto. Voi mi darete sempre torto e io farò altrattanto con voi 🙂
toh, guarda. hanno messo online anche tutti i mesi di diffamazioni reiterate e continuate che una di noi (una=personale, tutto documentato) ha subito in questi mesi?
eppure abbiamo più volte diffidato dall’attività “derisoria” “diffamatoria” “persecutoria” nei nostri confronti.
O. comunque sa tutto.
grazie
ciao
volevo avvisarvi che gli innominabili, oltre a diffamarvi ancora, stanno documentando da soli, in rete, i mesi di persecuzione via web da loro commessi ai vostri danni 😀
@zeuberei
abbiamo scritto su questo blog una infinita serie di post sulle interdipendenze. abbiamo esplorato, documentandoci, la difficile materia di certo masochismo femminile. abbiamo ascoltato e raccontato storie di decine e decine di donne.
questo solo per parlare dell’attività di questo blog che ha interesse ad approfondire la complessità delle relazioni (senza autoflagellarci, giustificare gli assassini e colpevolizzare le vittime) e non a dare etichette schematiche per semplificare il lavoro agli abituè dei metodi securitari e repressivi.
tant’è vero, se ci hai seguito, che noi, come d’altronde barbara che stimiamo molto, abbiamo partecipato, promosso, supportato sempre manifestazioni contro la violenza sulle donne che opponessero al comodo securitarismo razzista ostentato dalla destra un ragionamento più mirato alla prevenzione all’approccio culturale, politico, economico al problema.
Cultura antisessista, reddito, agibilità politica per le donne. Tutte cose che mancano.
Il punto in cui sbagli, a prescindere dall’approccio psicologico/psichiatrico del problema, che ribadisco fornisce una attenuante non solo agli assassini ma alla società tutta perchè deresponsabilizza l’assassino consolandolo di una “comoda” malattia e deresponsabilizza tutti dal dover realizzare un progetto contro la violenza sulle donne che riguardi l’intera società e non il singolo individuo… il punto in cui sbagli dicevo, è il considerare la violenza contro le donne come un fenomeno che si riduce al delitto, l’ammazzatina, la morte fisica. femminicidio è tutta quella serie di comportamenti che sono agiti sistematicamente per ammazzare socialmente e fisicamente una donna in quanto donna. avviene ogni giorno. impossibile che tu non te ne sia accorta.
Su bollettino di guerra, che immagino conoscerai, troverai infatti che si tratta di una cultura, una mentalità, un atteggiamento largamente diffuso.
leggi tutta la rassegna sulle denunce per stalking. leggi la ripetitività dello schema, i gesti, i comportamenti. tutto uguale, ogni giorno, mille volte al giorno, per mille uomini, che si comportano allo stesso modo seppur con sfumature diverse e con motivazioni che ciascuno riterrà uniche e specialissime.
puoi psichiatrizzare questa massa di gente (tantissimi, troppi) che non arriva all’omicidio solo perchè li hanno fermati in tempo? puoi psichiatrizzare tutti gli uomini che picchiano, molestano umiliano, quotidianamente le donne in casa senza che noi e tu ne sappiamo niente perchè non denunciano?
è troppo comodo trovare attenuanti per i carnefici e colpe psicologiche per le vittime. c’è molto di più ed è una conclusione alla quale arriviamo dopo mille anni di lavoro. fosse così semplice come dici tu basterebbe riaprire i manicomi, che poi è quello che vuole fare la destra, ma noi non crediamo ne nella psichiatria normalizzatrice e deresponsabilizzatrice in termini dogmatici ne nelle istituzioni totali nel suo complesso.
bisogna aiutare le vittime a sopravvivere. bisogna semmai aiutare le vittime a non accettare altre relazioni che le mettono in pericolo. iniezioni di fiducia, sicurezza, e non parlo di quella legale ma di quella intima, personale, economica, casa, reddito, cultura, possibilità di poter liberarsi di un uomo violento senza dover pagare prezzi altissimi quali il disconoscimento sociale e le molestie reiterate di un gruppo di maschilisti che vogliono rinchiuderle in manicomio per togliere loro i figli per vendetta.
di tutto questo stiamo parlando e di molto altro ancora. e la psichiatria non serve. ecco.
ps: i maschilisti, da settimane, non fanno altro che parlare della sindrome dell’abbandono del cucciolo in fasce. l’avrai letto anche tu Il Giornale, no? ecco perchè il tuo post è piaciuto così tanto ai maschilisti.
Vediamo a spiegarmi così:
Quando si lavora con donne che hanno subito abuso si scopre che spesso: convivono con un uomo violento per una ventina d’anni poi decidono di lasciarlo per un motivo indipendente dalla violenza. Oppure, che dopo che hanno chiuso una storia con un uomo violento ne cercano un’altra con un uomo violento. Oppure, che in realtà ci stanno una favola coll’uomo violento e non dobbiamo scassare i maroni. Questo per via della duplice causa del sostrato culturale sessista e violento condiviso, ma altrettanto spesso per via di incastri di psicopatologie. Per cui la storia individuale di una donna con i suoi aspetti dolorosi si incastra con quella di un uomo con altri aspetti altrettanto dolorosi. Potrebbero avere dei figli, e quella donna potrebbe essere molto ma molto responsabile delle violenze perpetrate dai suoi figli maschi, come delle scelte scellerate delle sue figlie femmine. Responsabile per trasmissione culturale e responsabile perché la famiglia è patologicamente orientata alla violenza. Siccome questo termine evoca persecuzioni ordite dall’esterno e che non riguardano rapporti personali, perpetrati su persone ignote, io temo che questo termine tolga a uomini e donne la possibilità di individuarsi rispetto a questi episodi, di circoscriverli. Il mio problema non è che vi sia dia importanza o che si lavori per sancire delle aggravanti penali, sulla qual cosa mi sono trovata d’accordo con Barbara Spinelli e il suo lavoro, il mio problema è che uomini brutti contro donne poverine alimenta la violenza e non la riduce, alimenta una non presa di coscienza delle dinamiche che conducono a queste questioni. E si penso che chi compie questo tipo di delitto ha una diagnosi psichiatrica piuttosto grave, che nulla ha a che vedere col raptus e con le cazzate che sparano i giornali, ma è bens strutturata e profonda. e mi sembra importante dirlo non solo per le decisioni da intraprendere che magari riguardano l’eventuale uso degli psicoterapeuti – che non risolvono il problema ma dovrebbero esercitare la loro professione insieme ad altri professionisti nei rispettivi ambiti – ma proprio per evitare che si dica che tutti gli uomini farebbero questo – perché è falso, ed è pericoloso, contribuisce a dilatare la discriminazione sessista anziché ridurla. Porta l’interlocutore maschile in basso anziche aiutarlo a stare in una posizione di distanza rispetto all’eventuale richiamo di certi comportamenti, gli fa ideologizzare qualcosa che però di fatto non farà. Ma parlarà in modo da alimentare la cultura sessista.
Non credo che serva.
forse una lettura di foucault e qualche sbirciatina a qualche testo antipsichiatrico non gli farebbero male.
@zeuberei
ottima analisi psicologica di questo “sito”. grazie del consulto. vediamo che tu invece sei apertissima alle critiche. 😀
noi, più modestamente e senza ostentare esperienze e titoli accademici, ci limitiamo a fare critica politica femminista e troviamo che il tuo approccio “psicologico” che attribuisce una attenuante psichiatrica agli assassini non sia nulla di diverso da quello che fanno tante testate sessiste quando chiamano il femminicidio “raptus” o “delitto passionale”. di interpretazioni ce ne sono tante, antropologico, sociologico, storico, economico. tutte materie che è possibile approfondire nelle migliori librerie alla voce “sterminio di donne nei secoli dei secoli”. Perchè senza una legittimazione sociale, senza una costruzione economica che giustifica il femminicidio, e senza attenuanti “psicologiche” gli assassini forse ammazzerebbero di meno. Ma se pensi che rincoglionendo un assassino di psicofarmaci hai risolto il problema delle donne, beate te e il tuo ottimismo…
evidentemente, comunque, abbiamo molto poco da dirci. l’approssimazione, specie su un tema delicato come questo, non è una cosa che ci piace.
tante care cose anche a te.
ps: tanto per dirtelo, con il tuo post, ti sei davvero guadagnata un posto negli spazi frequentati da uno dei più noti cyberstalker, negazionisti e maschilisti della rete. spero questo ti gratifichi almeno un po’.
Intervengo brevemente solo perchè il mio post è chiamato in causa – chi volesse leggere delle mie perplessità sul termine può dunque andarselo a leggere.
Faccio presente che io, l’autrice di erlebnisblog, ho lavorato come psicologa con donne abusate e maltrattate per diversi anni, e tornerò a farlo. Ragiono in una prospettiva psicologica, e continuerò a farlo perchè è la mia competenza e mi fa dire cose che so essere utili ed esatte. L’importanza di un contesto culturale molto sessista è rilevata da me per prima, ma ritengo che lper arrivare all’omicidio ci debba essere una diagnosi psichiatrica anche piuttosto grave, se non altro perchè con il maschilismo imperante che c’è dovremmo stare a raccogliere morte per strada. Credo che sia importante da sapere. Credo che sia importante per le donne per prime.
Avrei molte cose da dire, e partecipo sempre volentieri a dibattiti, la stessa Barbara Spinelli è venuta sul mio blog e abbiamo trovato un reciproco punto di interesse e di incontro.
Questo sito ha invece uno stile e un modo di interazione e di politica spesso pieno di ignoranza pregiudizi, muro contro muro e chiusura mentale. Di questi atteggiamenti faccio fatica a riconoscere l’utilità. Nè vedo come si possa continuare a disutere se come primo approccio mi si associa a uno stronzo che varca casa paund. Sinceramente non vedo che interesse potrei avere a spiegarmi oltre – troppo ho fatto. E tanto con voi finirebbe sempre in maniera sterile.
Tante care cose e buon lavoro.
mi sono fermo alla prima inesattezza. si usa il termine infanticidio non solo a proposito dell’assassinio delle bambine cinesi , ma anche a proposito del baby blues che porta alcune mamme (tutte italiane) ad uccidere i propri figli. casi nei quali la storia “soggettiva” è di fondamentale rilevanza. quest’articolo (in erlebnisblog) mi pare piu’ un ESERCIZIO DI STILE che altro.
Cara Lucia, a cosa servono gli avvocati altrimenti? 🙂
Un saluto anche da parte mia alle fantastiche fikesicule.
Il cyberstalker vi segue passo passo. Non può fare a meno di starvi addosso, citarvi, denigrarvi, copiare da voi. E’ stalking a tutti gli effetti.
Piena solidarietà.
un abbraccio