Di sicuro avete saputo che in afghanistan c’è una guerra e che la combattono anche gli italiani e le italiane. Dicono ne siano morti tre e in questi casi ogni critica sul perchè siamo in guerra, a spendere soldi a presidiare un territorio che non ci compete invece che a spendere i soldi per aiutare le persone che in italia sono in grave difficoltà, viene oscurata dalla retorica della propaganda di guerra.
Tipico di ogni propaganda di guerra è quello di sfruttare le donne come elemento di marketing per estendere al di là dei generi il patriottismo di cui sappiamo è tanto dotato il ministro la russa.
A noi dispiace che uomini e donne muoiano per niente, o meglio che per uno stipendio decidano di andare a fare la guerra in un territorio dove muoiono centinaia di civili, donne, uomini, anziani, bambini. Ci dispiace veramente anche se sappiamo che nessuno li ha costretti. Ci dispiace perchè consideriamo questi morti come tanti altri caduti sul lavoro (gli unici "lavoratori" pagati per uccidere) e se vediamo le cifre dei caduti sul lavoro e quelle delle cadute sul lavoro in italia ci sarebbe da fare celebrazioni e da pronunciare frasi patriottiche ogni giorno.
Il punto è che ho ogni volta che in afghanistan muore qualcuno per via di quella guerra che continua ad essere rifinanziata dal nostro parlamento si cerca di spostare l’attenzione su qualcos’altro.
Di questo lasciamo dire a kzm che nella nostra mailing list ha giustamente condiviso questa riflessione:
Ho visto troppa televisione nei giorni scorsi.
Soldati morti e feriti in Afganistan: tra di loro una donna.
Un’occasione per ricordarsi che stiamo in guerra, una guerra di pura e semplice aggressione. Un’occasione per farsi delle domande, far nascere dei dubbi, far salire la rabbia…
Come la gestisce il tg1? Confonde le acque, cerca l’elemento di distrazione, lo trova costruendo un servizio "specchietto per le addolole", vagamente attraversato da venature erotiche.
Tra i feriti c’è una donna, una ragazza, una soldatessa. Si va allora a sondare questa stuzzicante novità delle donne nell’esercito. Si parte con filmati storici delle crocerossine, passando per il mito erotico del "soldato Jane", fino all’intervista ad una soldatessa che mostra tutto il suo orgoglio patriottico nel portare l’uniforme, etc. etc.
L’operazione di distrazione è riuscita.