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Le donne afghane partigiane della democrazia

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di Debora Picchi

Da oltre
tre decenni in Afghanistan – uno dei paesi dove il fondamentalismo ha toccato
le punte più cruente – esiste un’organizzazione di donne, unica nel suo genere,
che si batte in difesa della democrazia, della laicità e dei diritti. RAWA,
l’Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell’Afghanistan, da sempre sostiene
una posizione politica di strenua opposizione ai regimi sanguinari che si sono
succeduti nel paese durante gli ultimi trent’anni e, allo stesso tempo, svolge
un’attività di sostegno alla popolazione civile, privilegiando sempre le fasce
più svantaggiate.

Senza mai accettare compromessi, RAWA ha denunciato con
estrema fermezza le brutalità commesse prima dal governo fantoccio di matrice
sovietica, poi dai jehadi ultraconservatori responsabili della guerra civile
che insanguinò il paese nei primi anni ’90; in seguito si schierò contro il
famigerato regime fondamentalista dei talebani ed infine ha preso posizione
contro i ‘signori della guerra’ dell’Alleanza del Nord che sono stati
reinstaurati al potere in seguito all’operazione militare condotta dagli Stati
Uniti e dai loro alleati dopo i fatti dell’11 settembre 2001. Le posizioni
democratiche e antifondamentaliste dell’associazione sono costate la vita alla
giovane fondatrice, Meena, il cui limpido esempio di passione ideale e di lotta
per i diritti continua ancor oggi ad ispirare la resistenza di molte donne in
tutto l’Afghanistan.

Ancora studentessa
all’università di Kabul, Meena si rese conto del ruolo chiave che avrebbero
potuto ricoprire le donne afghane nei movimenti democratici di liberazione e
nei processi di cambiamento ed emanciazione sociale del paese. Fu così che
Meena, appena ventenne, iniziò il primo movimento di donne della storia dell’Afghanistan,
dando vita a quella che era destinata a diventare l’unica organizzazione
femminista, indipendente, laica e democratica del paese. RAWA nacque nel 1977, proprio negli anni in cui il femminismo
prendeva vita in molte parti del pianeta mettendo in discussione e rompendo gli
ordini sociali tradizionali. L’associazione si costituì con l’intento di dar
voce alle donne che non ne avevano, di affermare i loro diritti primari quali
l’istruzione, la salute e l’emancipazione dalla violenza domestica e dalla
povertà, nonché di promuovere il ruolo stesso delle donne nella vita sociale e
politica dell’Afghanistan. Più in generale RAWA trovò fondamento nei valori
democratici di equità di genere, di giustizia sociale, di separazione fra
potere politico e potere religioso.

Ma,
nell’aprile del 1978, il colpo di stato appoggiato da Mosca segnò l’inizio del
tragico destino verso cui l’Afghanistan andò precipitando. Oltre a incentivare
l’istruzione femminile ed a rafforzare l’autonomia delle donne attraverso
seminari e corsi di alfabetizzazione e formazione, Meena capì che era
indispensabile coinvolgere le donne nella realtà politica concreta del paese
promuovendo la loro partecipazione attiva alla resistenza anti-sovietica. Meena
e le sue compagne organizzarono una rete che intendeva accrescere la
consapevolezza fra le donne intorno ai concetti di diritti e di democrazia e
sulla necessità di creare un forte movimento di opposizione agli invasori
stranieri. RAWA si impegnò nell’organizzazione di incontri, manifestazioni,
volantinaggi e nella pubblicazione e diffusione della propria rivista di
denuncia, Payam-e-Zan (Il messaggio delle Donne), che tutt’oggi circola
clandestinamente.

Meena
intuì molto presto che un altro insidioso nemico si stava affacciando sullo
scenario afghano: gruppi ultraconservatori di stampo religioso si andavano
costituendo e rafforzando grazie anche all’appoggio di molte potenze straniere
– sia nell’area asiatica, sia occidentali – che colsero l’occasione per volgere
la situazione a proprio vantaggio. Da una parte vi erano quei governi come
l’Iran e l’Arabia Saudita che videro l’opportunità di diffondere e consolidare
un’intransigente visione teocratica; dall’altra vi erano gli Stati Uniti che –
negli anni della ‘guerra fredda’ – avevano tutto l’interesse a indebolire la
potenza sovietica. Pertanto le forze integraliste appartenenti a varie fazioni
politico-religiose ricevettero sostegno economico, appoggio logistico e
addestramento militare, mentre i movimenti indipendentisti, laici e democratici
si trovarono sempre più isolati, privi di mezzi e ormai stretti fra un duplice
nemico: gli invasori sovietici e gli integralisti religiosi.

RAWA
comprese fin da subito il pericolo dell’insorgere dei gruppi fondamentalisti e
ne denuciò apertamente la natura criminosa. L’organizzazione assunse ulteriori
misure di sicurezza, cominciò a muoversi in clandestinità e a estendersi fra
Afghanistan e Pakistan dove ben presto si radicò fra i rifugiati afghani che si
riversavano sempre più numerosi oltre i confini. Nei polverosi campi profughi
furono avviate piccole scuole e corsi di alfabetizzazione; furono aperti
ambulatori medici e orfanotrofi per accogliere bambine e bambini rimasti senza
famiglia a causa della guerra. A tutte le attività gestite da RAWA, dentro e
fuori dall’Afghanistan, Meena dette un’impronta che mirava a trasmettere valori
di solidarietà, di uguaglianza fra uomo e donna, di rispetto delle differenze
etniche e di unità nazionale là dove l’oppressione straniera e l’integralismo
religioso agivano da violenti disgregatori sociali e culturali. Ma il 4
febbraio 1987 la giovane attivista, ormai troppo nota ed invisa sia ai russi,
sia ai partiti religiosi, a soli trent’anni fu rapita ed assassinata a Quetta
(Pakistan) dagli agenti del KHAD (il ramo afghano del KGB) in connivenza con i
fondamentalisti. Fu così spezzata la vita di una delle figure femminili più
significative e luminose della storia dell’Afghanistan.

Tuttavia,
il brutale assassinio non riuscì a frantumare l’organizzazione. Durante la sua
breve vita, Meena aveva piantato i semi di una rivoluzione che non si sarebbe
spenta con la sua morte: nonostante i rischi, le attiviste di RAWA avrebbero
portato avanti ciò in cui Meena aveva creduto e centinaia di donne e ragazze ne
avrebbero colto i frutti. Oggi RAWA gestisce in semi-clandestinità progetti
disseminati in tutto il paese che offrono istruzione, formazione, assistenza
medica, sostegno alle vittime di guerra, rifugio alle donne maltrattate,
accoglienza ai bambini orfani. L’associazione ricopre inoltre un importante
ruolo politico – in Afghanistan e nel mondo – nel denunciare i signori della
guerra e della droga che siedono ora posizioni di comando nel governo Karzai e
nel condannare l’operato delle truppe straniere occupanti responsabili del sostegno
ai fondamentalisti e della morte di migliaia di civili afghani. Infine, RAWA
svolge un prezioso lavoro di mantenimento del tessuto sociale e di
conservazione della memoria e della cultura dell’Afghanistan gravemente
compromessi da oltre trent’anni di guerra. In questo senso, le donne di RAWA
rappresentano una vera speranza ed una concreta alternativa per un futuro di
pace e democrazia in Afghanistan. 

Marzo
2010

Posted in Fem/Activism, Omicidi sociali.