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Centro antiviolenza Umbria? Si costruisce con progettualità condivisa e pratica di relazione!

dalla RETE DELLE DONNE
ANTI VIOLENZA ONLUS

La progettualità condivisa e la
pratica di relazione sono gli strumenti con cui costruire il percorso volto
alla costruzione di un Centro Anti Violenza in Umbria. In merito all’articolo a
firma Marcella Bravetti “Una petizione per sostenere il centro antiviolenza
Barbara Cicioni
”, occorre fare un po’ di chiarezza.

 Il centro
Barbara Cicioni è nato nel marzo dello scorso anno a seguito di un progetto
finanziato dal Cesvol (Centro Servizi per il Volontariato), finalizzato
all’apertura di una casa protetta a Perugia, per donne vittime di violenza. A
questo progetto hanno lavorato per circa un anno molte donne provenienti da
diverse associazioni, ma anche singole donne, di diversa collocazione sociale o
politica, interessate a continuare il lavoro di Rete che si è riaperto a
Perugia dal 2006, e che ha visto il coinvolgimento di una articolata
partecipazione femminile, soprattutto intorno al tema della violenza. Il
progetto Cesvol è giunto alla sua conclusione, portando avanti e completando il
 lavoro di formazione, a cui tutte
le volontarie hanno partecipato, così come hanno collaborato per aprire il
centro Barbara Cicioni.

Questa esperienza si è conclusa con la chiusura dello
stesso non, o meglio, non solo, perché il Comune  ha deciso di non strutturare tale progetto in un servizio
vero e proprio , ma per le difficoltà nate all’interno del gruppo promotore che
si è sciolto, dando vita, da una parte ad una nuova associazione: la Rete delle
donne AntiViolenza onlus, dove sono confluite quasi tutte le volontarie appartenenti
a una pluralità di associazioni, mentre da un’altra parte è rimasto il solo
Comitato 8 marzo,  la cui
presidente, ha gestito l’iniziativa con modalità tali da impedire la sinergia
necessaria a portare a buon fine un’iniziativa così importante per le donne
della nostra regione. Quando parliamo di sinergia, intendiamo sia tra le
volontarie e altre associazioni e gruppi informali di donne, sia tra i diversi
attori e le Istituzioni (Comune, Centro Pari Opportunità, Regione), con cui
occorre aprire e mantenere un dialogo proficuo, evitando inutili
contrapposizioni, nella consapevolezza che non si può pensare ad azioni
concrete di contrasto alla violenza di genere, senza una collaborazione piena e
un’ effettiva condivisione degli obiettivi. 

La Rete delle donne AntiViolenza si sta impegnando
concretamente per riaprire questo 
percorso attivando relazione e iniziativa  cercando  di
arginarne autoreferenzialità e torsioni personalistiche  che hanno danneggiato le donne che si
dichiara di voler aiutare.  La prevenzione
e il contrasto alla violenza maschile sulle donne è da sempre il nostro obiettivo,
proprio per questo da gruppo informale si sono costituite in associazione: per rendere
più incisiva la nostra azione che si è sviluppata e continua a svilupparsi in
iniziative culturali, campagne di sensibilizzazione, azioni dimostrative in
rete con altre soggettività come il collettivo femminista Sommosse,
associazioni e gruppi informali di donne di tutto il territorio regionale. 

Vale la pena ricordare a proposito la
campagna Obiettiamo gli obiettori e i presidi sotto il tribunale di Perugia nel
corso del processo per il femminicidio di Barbara Cicioni e tutto il lavoro
svolto per la costituzione come parte civile al
processo di associazioni locali. L’azione della Rete delle donne Anti Violenza
onlus si compone anche
della progettazione e della messa in campo di una
serie di interventi sociali: progetti formativi per le scuole volti alla
sensibilizzazione circa il fenomeno della violenza di genere, i gruppi di parola
e di auto mutuo aiuto attivati a Ponte Felcino (Perugia) e Corciano. La Rete
inoltre non desiste dall’intento originario, ovvero quello di creare le
condizioni per l’apertura di un vero e proprio Centro Anti Violenza nella
nostra regione, e ad incalzare le istituzioni per rendere concretamente
operativi i protocolli istituzionali stipulati tra comuni, asl e Centro Pari
Opportunità che prevedono, tra gli altri punti, la predisposizioni di casa
protette. Non è più rinviabile l’individuazione di soluzioni volte a risolvere
la grave carenza di servizi in grado
di accogliere le donne che sono costrette a permanere in una condizione di
violenza e dipendenza psicologica ed economica anche per la assenza di luoghi
in grado di sostenerle nel percorso di liberazione dalle condizioni che hanno
determinato la violenza. E’ proprio mettendo sul tavolo di confronto queste
priorità che la Rete delle donne ha partecipato al progetto Mai Più Violenza ,
che ha visto capofila la Regione dell’Umbria.

Gli anni di lavoro in questa direzione, i corsi di formazione
seguiti,  la cooperazione con  le altre associazioni del territorio
umbro e la concreta presa in carico di donne in difficoltà ci hanno insegnato
che non servono interventi di facciata e autoreferenziali  per contrastare quello che è un
fenomeno strutturale della società. Non consideriamo lo strumento dell’appello
risolutivo  della situazione in cui
versiamo anche perché è stato condotto in modo solipsistico da una sola associazione
mentre il resto del mondo sta conducendo 
un lavoro di costruzione quotidiana di modelli e pratiche d’intervento
e  per mantenere vivo un dibattito
e un  confronto orizzontale e
reticolare sulla necessità di mettere in campo strumenti concreti per la
prevenzione e il contrasto della violenza maschile sulle donne. L’appello, che
così formulato può trarre in inganno, 
 richiama l’attenzione non
sull’esigenza di aprire un vero e proprio centro anti violenza nella nostra
città ma richiama piuttosto una particolare  esperienza , per noi dolorosa, che non ha prodotto risultati
in termini di aiuto concreto alle donne che hanno subito violenza.

Posted in Fem/Activism.