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Famigghia & amore

Non l’abbiamo scritto noi. L’ha scritto (non su commissione) un uomo, un compagno, un fratello, che ringraziamo e al quale rubiamo i suoi pensieri perchè tutt* li leggano.

Da Ekbloggheti L’Asocial Network

Giornali giornaletti giornaloni hanno oramai preso a commentare così la cosa: In Italia ogni anno le violenze in famiglia fanno più vittime della mafia. La mafia, insomma, sembra essere il metro di ogni cosa; ma basta scorrere ogni giorno i titoli, ad esempio, di Repubblica, per
capire che il metro di paragone andrebbe casomai, e assai più
opportunamente, rovesciato. In Italia ci possono casomai essere stati
degli anni in cui, del tutto fortuitamente, la mafia ha fatto più
vittime delle violenze familiari; e non è detto. Neppure la terribile
estate dell’82. Neppure i corleonesi, la NCO di Raffaele Cutolo, la
Stidda, la Sacra Corona Unita, i casalesi. Soltanto
ieri, la strage nelle allegre contrade leghiste della Bassa Mantovana,
la povera donna strangolata dal marito vicino a Udine (con la madre
che, quarant’anni prima, era stata uccisa dal padre che l’aveva buttata
giù dalle scale), uno che a Nuoro che ammazza con una calibro 38 la
sorella e il cognato, un altro che vicino a Torino prende a martellate
la moglie. E così via. Tutti i giorni che quel buffo essere che alcuni
si ostinano a chiamare "Iddio" mette in terra.

Tra le vittime,
una donna c’è sempre. Spesso e volentieri ce n’è più d’una. Che sia
figlia, madre, sorella, moglie, compagna o una semplice vicina di casa
che ha sistemato un pollaio sotto le finestre dell’uomo sbagliato.
L’uomo (padre, marito, fratello, parente, vicino di casa…) si vede
sempre riconosciuta qualche ragione, qualche motivo scatenante. Il divorzio, la separazione dolorosa, le condizioni economiche,
la lite per questioni di eredità o di confini, o semplicemente la sua
mentalità oramai regredita ad uno stadio ben oltre l’elementare.
Possesso. Semplice possesso. Si comincia da adolescenti: la quindicenne
contesa, l’occhiata a una ragazza, e volano le coltellate. Tutto questo mentre imperversano mielosi fabbricatori di romanzetti e filmini a base di lucchetti
e altre idiozie del genere, e i muri delle nostre città sono
impiastricciati ovunque di appassionate dichiarazioni d’amore. A
Firenze, tra la via Salviati e via di Careggi, un tizio ha scritto sull’asfalto
tutta la sua storia d’amore terminata. Un profluvio di tenerezze che,
però, nel 98% dei casi vengono tirate fuori a storia finita. Offerte
alla visione di tutti. Hai visto, brutta stronza, quanto ti amava…? E
tu che hai osato mandarlo al gas? Te ne pentirai!

Se ne pentirà,
un giorno, sposando o accompagnandosi al suo frequente assassino.
Oppure ritrovandoselo come padre-padrone, come fratello geloso ("è attaccatissimo alla sorellaaaa"…), come vicino di casa coi problemi. Se ne pentirà, un giorno, ascoltando tutte le quotidiane atrocità a base di famiglia.
Se ne pentirà leggendo certi siti (tipo "antifeminist",
cui mi rifiuto di mettere un link) dove non si esita a dare addosso a
una ragazzina di tredici anni per far vedere com’è stata ingiusta la
società col povero "Billy Ballo", povero innocente traviato dalla
perfida adolescente con la madre russa (un tocchettino di razzismo non fa mai male). Se ne pentirà in mezzo a tutte le geremiadi dei padri separati, che ora vanno così di moda. Ma mai che si sappia perché è avvenuta la separazione; ma l’importante è sempre presentare la donna come colpevole. La classica immagine della madre snaturata
che nega al padre dei suoi figli ogni contatto. Inutile dire che, in
buona parte dei casi, fa benissimo: cerca soltanto di salvaguardarli
dal finire in cronaca sotto forma di cadaveri in cameretta. Uccisi nel sonno.

Stalking,
minacce, vessazioni, botte, violenze psicologiche. Il viril maschio non
accetta di essere messo in discussione. Hai voglia a fare leggi e
leggine sul diritto di famiglia: la realtà è sempre quella del "capo". Del pater familias.
Anche nelle famiglie "normali", anche in quelle dove fortunatamente non
accade nessun episodio tragico. Qualche anno fa qualcuno, e soprattutto
qualcuna, aveva provato a farlo presente. Aveva tentato di dire che il
problema risiede nella struttura stessa della famiglia. Nei ruoli che essa deve per forza presentare. Non è questione di famiglia tradizionale o moderna: la famiglia consta comunque di imposizione, di minorità, di regole, di piccole e grandi violenze di tutti i giorni. Logicamente viene considerata come primo pilastro della società:
è la preparazione dell’essere umano a quel che gli toccherà comunque
nella vita. Obbedire e rigare dritto. Ci penseranno poi caserme,
lavori, dèi, e tutti gli altri pilastri, sempre che la famiglia non ti spedisca prematuramente sottoterra. Caso, giustappunto, assai frequente.

Le metafore. La famiglia come azienda: bisogna far quadrare i conti a fine mese. La famiglia come target: dai pacconi di carta igienica ai programmi televisivi. La famiglia come pretesto politico,
buono per tutti gli usi perché organicamente inattaccabile. E, visti
certi paragoni, risulta del tutto naturale che la famosa mafia, quella
che fa più o meno vittime, sia al suo interno strutturata in famiglie. Mi danno spesso del fissato con le etimologie e la storia delle parole, ma mi viene sempre a mente che la parola latina familia è strettamente imparentata con famulus, che voleva dire: servo. Lacchè. Nel migliore dei casi, il famulus era il cameriere che serviva a tavola il sor padrone. Dimodoché la familia è identificata fin dall’inizio con un sistema di padronato e servitù.

Intanto penso a quante vite umane, e specialmente vite di donne, di ragazze, di bambine non sarebbero state stroncate, in tutta la storia, se questo nucleo fondamentale
non fosse mai esistito. Altro che "vittime della mafia": credo che
l’unico paragone possibile sarebbe quello con le guerre più sanguinose
(a proposito: Dio, Patria e Famiglia). E penso anche che l’opposizione totale, senza remore, senza ripensamenti a questo nucleo e a tutti gli altri pilastri
sia l’unica, vera affermazione di vita che si possa fare. Perché non
posso fare a meno di provare una rabbia cosmica di fronte ad ogni
notizia come quelle che si leggono tutti i giorni. Non ce la faccio. Mi
rivedo la povera donna fulminata nella sua automobile, mentre cerca di
scappare. La povera anziana che voleva badare alle sue galline, e che
dai giornali viene presentata come noiosa e petulante. E di tutte le donne, di qualsiasi età, oggetto del famoso Amore.
Sempre amore. Sempre amatissime. Le canzoncine strappacore. I film
strappalacrime. Love Story. Amore significa non dover mai dire "Mi
dispiace". Attualmente, però, sembra che Amore significhi: Occhio,
bella, ché se non mi ami quanto ti amo io, fai una pessima fine. Stai
attenta, piccina. Ti amo tanto finché non mi strazi il cuore. E se me
lo strazi, io ti strazio tutto il resto del corpo.

Manca soltanto, ma accadrà, che la sedicenne venga fatta fuori dal ragazzotto a lucchettate dell’amore sul cranio. Certo che succederà: basta aspettare. Ché quando a moderno simbolo in voga tra gli adolescenti viene preso un arnese che serve a rinchiudere in gabbia, si percepisce disperatamente tutto quanto.

Posted in Anticlero/Antifa, Corpi, Omicidi sociali.


One Response

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  1. sara says

    sento solo di dire grazie, grazie per ogni parola che è (un’amara) verità