La settimana scorsa leggevo un articolo molto interessante sul Codice di Autoregolamentazione per l’impatto di genere nei media (che potete trovare qui) e tra le tante riflessioni ne trovo una che attira la mia attenzione in modo particolare. La commissaria regionale per le pari opportunità del consiglio regionale della Calabria dice che:
"Il “Codice” risulta, quindi, uno stimolo per favorire più che l’“esserci” delle donne in quanto tali, l’inclusione, invece, di quella specificità di genere che propone nuove forme di analisi e di azioni, nei vari ambiti della cultura e della vita associata. Ad esempio, le proposte relative al welfare, che ormai da diversi anni fervono nei paesi del nord Europa, ma anche in alcune aree d’Italia, come conseguenza del venir meno dell’oblatività femminile.
Aumentano, infatti, le Banche del Tempo, reti solidali in cui di dà valore non al denaro, ma al tempo: lo si capitalizza, utilizzandolo come bene di scambio, e trasformando, quindi, in valore di mercato ciò che da sempre è stato considerato privo di valore economico, e cioè, il lavoro di cura delle donne".
Banche del Tempo, ne avete mai sentito parlare? Personalmente ricordo di averle sentite nominare, ma in maniera superficiale e riduttiva. Eppure qui si afferma che diano valore a ciò che di valore non ne ha mai avuto, ovvero il lavoro domestico delle donne. Era ora, diremmo noi! Ma in che modo lo fanno? Come si strutturano? Chi può accedervi? E soprattutto, come le donne possono tranne utilità?
Partiamo con il definirle, tanto per capire di cosa stiamo parlando. Sul sito segnalatoci in mailing list da Angela, si legge:
“La banca del Tempo è un sistema in cui le persone scambiano reciprocamente attività, servizi e saperi. Chi aderisce specifica quali attività e/o servizi intende svolgere e accende un proprio conto corrente, come in una banca, dove però al posto degli euro si depositano ore. Chi ha offerto un servizio acquisirà un credito di ore e sarà in grado di spenderle ricevendo altri servizi. Nella Banca del Tempo però non è necessario restituire un servizio esattamente a colui che l’ha fornito : è un sistema aperto e non si contraggono debiti con qualcuno in particolare. Si tratta di un sistema di scambio, dove ogni transazione viene pagata non in denaro, ma in tempo e più precisamente col tempo necessario per svolgere ogni singolo servizio. La somma dei servizi offerti e richiesti da ciascun iscritto crea una sorta di “mercato” nel quale si può liberamente attingere ai servizi (ordinati in appositi elenchi messi a disposizione degli iscritti).”
Inoltre su wikipedia troviamo scritto che le attività delle Banche del Tempo sono molto diverse: lezioni di cucina, manutenzioni casalinghe, accompagnamenti e ospitalità, babysitteraggio, cura di piante e animali, scambio, prestito o baratto di attrezzature varie, ripetizioni scolastiche e italiano per stranieri, etc. Anche il tempo dedicato all’organizzazione, all’accoglienza, e alle riunioni o feste viene in genere valutato come tempo scambiato e quindi accreditato o addebitato nel conto personale del socio.
Tutti gli scambi sono gratuiti; è previsto un rimborso spese (per esempio, per i mezzi di trasporto o eventuali materiali utilizzati nel lavoro svolto) e una quota associativa, per lo più annuale, variabile da Banca a Banca.
Detto questo, ritornando all’articolo e al punto in cui si citano tali banche come un esempio positivo di valorizzazione (nel senso di acquisizione di valore di mercato) del lavoro domestico delle donne, mi/vi chiedo attraverso quali meccanismi ciò avvenga. Sempre nella mailing list Angela ci segnala che
“la rete delle Banche del Tempo ha dato vita a un nuovo progetto chiamato Hora. Il progetto si occuperà di "Solidarietà nell’abitare e miglioramento della qualità della vita delle donne madri". Sostanzialmente il progetto Hora mira a incentivare le forme di economia solidale non monetaria attraverso il consolidamento e lo sviluppo della rete delle banche del tempo. Obiettivo principale è il miglioramento della qualità della vita delle madri, nella gestione del tempo da dedicare alla famiglia e a se stesse. Infatti, si ritiene che alcuni problemi possano essere risolti proprio attraverso l’utilizzo della banca del tempo, alleviando il peso degli impegni quotidiani a quelle persone che socialmente necessitano di impiegare quel tempo proficuamente. Il progetto Hora verrà presentato ufficialmente a Bologna e durante gli incontri verrà spiegato il funzionamento di una banca del tempo e saranno rese tutte le informazioni utili all’adesione per gli interessati. Nel frattempo le bambine e i bambini di tutte le età saranno intrattenuti dai bibliotecari con attività ludiche e con essi si scambierà il proprio tempo. (per maggiori informazioni: www.epta.coop/hora/index.html http://bdthora.blogspot.com)”.
Si tratta dunque di sistemi che incentivano la solidarietà tra e per le donne, un elemento importante che andrebbe "pubblicizzato" maggiormente, perché permette a tante donne di vivere la loro vita per sé e non in funzione di qualcun altr*. Però resta il fatto che la solidarietà da sola non può colmare i vuoti che la non equiparazione del lavoro domestico ad un altro qualunque lavoro provoca. Esempio pratico: se una casalinga si avvale della banca del tempo e quindi trova il tempo per fare qualcosa per sé, questo è meraviglioso, però non cambia il fatto che i soldi a casa li porta il marito e quindi lei non ha voce in capitolo (nel dire ciò faccio riferimento ad un preciso tipo di famiglia, tipo la mia, in cui puoi farti il mazzo a pulire e lustrare ma comunque non sei considerata come qualcuna che lavora/contribuisce per la famiglia… lo fai perché lo devi fare, perché è un tuo compito).
Ecco, è questo che deve essere scardinato. Personalmente preferirei che alle casalinghe venisse data una pensione e uno stipendio, cioè venissero messe in condizioni di avere quell’autonomia economica che è importantissima e in certi casi vitale, come per esempio per le donne che pur essendo maltrattate non sanno né dove andare, né come mantenere i/le figl*, per mancanza di soldi, e quindi restano in casa a subire violenze. Credo che a tutti/e piacerebbe che i soldi sparissero dal mondo e si iniziassero a prendere altri sistemi di valutazione, ma in un mondo capitalista questo non è possibile… e allora mi/vi chiedo: queste banche davvero sono utili alle donne, alla loro ricerca di autodeterminazione, autonomia, oppure no? Inoltre aiutano la liberazione della donna dai ruoli standard, dato che qui sembrano essere quelli più richiesti?
Nella mailing list Adriana ci dice:
“va bene la solidarietà tra donne, ma non può coprire il vero problema: il lavoro domestico (di manutenzione di ambienti, oggetti, cucina, riparazione..) e quello di cura sono una "questione di donne", le quali per natura (è vero che partoriscono e per qualche mese, se allattano devono prendersi cura del figlio o della figlia, ma questo non significa estendere la cura a adulti casa…per tutta la vita) sarebbero portate a quella funzione primaria per il loro genere. Il lavoro domestico e di cura così giova al sistema, che scarica i costi sulle spalle delle donne, di un’attività umana essenziale quale la riproduzione della forza lavoro, permette ai maschi adulti di presentarsi sulla scena del mercato liberi e indipendenti (per essere sfruttati meglio, tra l’altro). I vari assegni familiari non pagano assolutamente il lavoro delle mogli, obbligano le donne a una massa enorme di lavoro non retribuito e non riconosciuto e tengono le donne in una condizione di subordinazione al marito, se le lascia non hanno più nemmeno il sostentamento. Così nel caso della maggioranza delle situazioni, tra i ricconi e le riccone le cose vanno un po’ meglio. In tempo di crisi e di fronte alla precarizzazione del lavoro, anche per gli uomini, questi ultimi, essendo sotto pressione per il posto di lavoro che stanno per perdere o che hanno perso, sono ancora più violenti e più molesti del solito o sono più propensi ad esserlo e si incazzano di più se le donne rifiutano il ruolo, così le molestano, le uccidono… La riproduzione di uomini e donne, in tutta la sua complessità è essenziale al sistema, il carico mondiale del lavoro domestico e di cura supera in valore monetario l’insieme del lavoro pagato e è quasi esclusivamente di pertinenza delle donne (con gradi diversi a seconda dei diversi gradi di ricchezza di un paese, e dei diversi livelli di libertà di cui godono le donne, sono ancora sotto l’influenza della tragedia della bimba dodicenne morta tre giorni dopo il matrimonio di emorragie agli organi genitali, squartata per l’appunto, in Yemen). Il passo secondo me necessario è aprire il conflitto su questo.”
Bisogna dunque scardinare il sistema, altrimenti non cambierà mai nulla. Ma come farlo?
Angela a tal proposito ci dà alcune informazioni:
“credo anche che per scardinare l’esistente occorre agire su molti e diversi piani: quindi sì alla solidarietà tra donne, e sì a continuare la lotta per la libertà che passa (purtroppo) anche attraverso la libertà economica, no a compiti e ruoli imposti partendo (anzi continuando a partire!) dalle nostre case, e si alle varie forme di resistenza che tutt* pratichiamo nel piccolo,nel grande,nel privato,nel politico, da sole, in gruppo, ecc ecc…
Ma io credo anche nel creare / immaginare / desiderare / tenderci verso “nuovi” paradigmi di vita possibile…. e al riguardo mi riferisco e segnalo questo:
Seminario
I Moderni Studi Matriarcali
Casa Internazionale delle Donne
Palazzo del Buon Pastore • Via della Lungara, 19 • 00165 Roma
Roma 23-24-25 aprile 2010
Nel corso dell’incontro saranno presentati i Moderni Studi Matriarcali. Si tratta di un corpo di studi che si dedica all’esplorazione della lunga storia delle società e delle culture matriarcali nei vari continenti.
(per maggiori informazioni http://www.womenews.net/spip3/spip.php?article6166 ).”
Una delle società matriarcali che Angela ci segnala è quella dei Mosuo un piccolo gruppo etnico che vive nelle province cinesi dello Yunnan e del Sichuan, vicino al confine con il Tibet. Della cultura dei Mosuo mi piace molto l’idea che è la donna a scegliersi il compagno, e che tale scelta non è per sempre, ovvero può cambiare di volta in volta ed anche il fatto che non esiste la proprietà privata ma al massimo quella collettiva. Inoltre i/le bambin* sono considerat* non” proprietà” di un uomo ma bensì di una donna e educat*/cresciut* da tutti i componenti (maschi e femmine) della famiglia di lei.
Pensate se ciò avvenisse anche in paesi come l’Italia, cosa ne sarebbe dei progetti dei padri separati? Le loro parole sarebbero senza valore, le loro intimidazioni inutili e vane perché nessuno gli riconoscerebbe la “proprietà” della moglie e dei/lle figl*. Per non parlare poi del pater familias che non avrebbe più modo di esistere. Anche la cultura dello stupro subirebbe colpi durissimi, perché essa si basa sul considerare le donne come proprietà, come merce, come corpo da possedere. Quanti elementi verrebbero meno se si smettesse di pensare in termini di proprietà, non trovate?
Per avere altre notizie sulla società matrilineari dei Mosuo potete leggere il libro intitolato “Il paese delle donne”.
Ritornando però al tema delle banche del tempo, possiamo dire che sono utili perché esempi di scambio solidale, basate su sistemi che scardinano/si oppongono a quello capitalistico vigente, che incentivano la solidarietà tra e per le donne e gli uomini (e in tempi dove il razzismo e la xenofobia dilagano, si comprende ancor di più quanto siano importanti strutture del genere) ma che non vanno considerate come risolutori di un problema che và ben oltre. Il lavoro domestico può essere alleviato, diminuito, ma resta tale e come tale è delegato alle donne. Questo deve cambiare, deve mutare nel privato in una divisione equa dei lavori domestici nelle famiglie e nel pubblico in una equiparazione del suddetto ad altri lavori, perché va finalmente riconosciuto alle casalinghe di essere i pilastri degli stati e l’Italia questo lo sa bene, dato che ha reso la famiglia, e dunque il lavoro di cura delle donne, il più grande “ammortizzatore sociale”. Se le casalinghe scioperassero che ne sarebbe del “bel paese”?
—>>>Nell’immagine le donne Mosuo
“La radicalità della teoria non può farsi condizionare dal fatto di vivere in un “mondo capitalista”. Il mondo è quello che ne facciamo… è la serie di gesti e pensieri con cui valorizziamo, per esempio, il sistema capitalista. E sono tanti!
Per quanto riguarda le donne, l’alternativa è: essere riconosciute nel loro lavoro (con un reddito) da questo sistema o progettarne un altro?”
Sono d’accordo, ma nel frattempo che si sovverte/decostruisce il sistema capitalistico, a mio avviso, e’ indispensabile assicurare alle casalinghe un minimo di “indipendenza economica”. Poi concordo con te sul fatto che questo non basta, che le banche del tempo non possono essere sufficienti e che c’e’ bisogno di trovare altri modi per dare alle donne cio’ che e’ un loro diritto, cioe’ l’autonomia, e in tal senso la societa’ dei mosou ci fa’ riflettere
“Credo che a tutti/e piacerebbe che i soldi sparissero dal mondo e si iniziassero a prendere altri sistemi di valutazione, ma in un mondo capitalista questo non è possibile…”.
…finché sussiste l’incantesimo che fa valorizzare denaro, banche e alcune pratiche individuali (uso del bancomat, valorizzazione dei marchi, feticismo delle merci, ecc… )…
Alcune discussioni della D.A.I., per esempio, (http://www.facebook.com/…38&gid=285438879920) mirano alla progettazione di una economia anti-capitalista, che parte dalle esperienze di valorizzazione del tempo (prima che le Banche del Tempo ci furono Proudhon e gli esperimenti di Joshua Warren del “Cincinnati Time store” o della comunità Utopia…) per prenderne le distanze… in quanto non è possibile considerare il problema soltanto nell’ambito economico (o addirittura limitandosi allo scambio del “tempo libero”)… è una questione prima di tutto politica… e non si deve avere paura di cambiare tutto a mio avviso. Lo so che è difficile cambiare paradigma o anche solo pensarlo, ma il denaro, prima di essere un mezzo di scambio economico, è un “contratto politico” (un’invenzione storicamente determinata)… e questo deve ri-emergere, per poterne pensare l’alternativa “monetaria”. La radicalità della teoria non può farsi condizionare dal fatto di vivere in un “mondo capitalista”. Il mondo è quello che ne facciamo… è la serie di gesti e pensieri con cui valorizziamo, per esempio, il sistema capitalista. E sono tanti!
Per quanto riguarda le donne, l’alternativa è: essere riconosciute nel loro lavoro (con un reddito) da questo sistema o progettarne un altro?
Io (come anche questo post…) sarei per entrambe le cose… L’autogestione deve diventare una pratica più diffusa, approfittando del deserto lasciato dal neo-liberismo e dal fatto che vi è un numero crescente di persone che vengono abbandonate a loro stesse, anche nel “civilissimo” capitalismo avanzato…
Non serve a molto però pensare le Banche del Tempo come un passatempo newage condito magari da esotismi antropologici (come di recente ha fatto anche Silvano Agosti coi kirghisi: http://www.youtube.com/watch?v=u0XIZEKk-Oc)… Il problema è qui tra noi… nel mezzo dei nostri meccanismi economici, politici, sociali e psichici di scambio. Che vanno messi in discussione, se non sovvertiti…