Napoli
giovedì 15 aprile 2010
ore 16.00
Caffè letterario Intramoenia
Piazza Bellini
Dopo il voto la Politica.
Legami tra mafie e classe dirigente: non basta dire basta
Tre anni senza elezioni, non saranno tre anni senza politica: se ne
farà molta e, che gli elettori lo sappiano o no, verranno spostate
risorse, verranno cambiate molte regole. Tra le regole, alcune, devono
cambiare, almeno nelle regioni, per porre fine all’ormai farsesca
preponderanza maschile nelle loro assemblee. È ormai evidente che, in
costanza del sistema nazionale che fa eleggere “per investitura dei
vertici” i propri rappresentanti, senza correttivi nelle leggi
regionali l’Italia resterà il paese che più esclude le donne dal
diritto a governare.
Il risultato della Campania che passa da una a 14 elette, non ha
bisogno di altri commenti: le parziali e perfettibilissime norme per la
rappresentanza di genere hanno funzionato. Questo andava detto, perchè
la Camera delle Donne si è assunta il compito di far rispettare almeno
la legge, di evitare che venisse nascosta nell’intento di dimostrare
che “in Italia non ci sono le condizioni” per superare il maschilismo
nelle Istituzioni, o peggio che in Italia le donne non sono capaci.
Tutti hanno nascosto e dissimulato la legge, ed a pubblicizzarla
siamo state noi, la Consulta femminile regionale e la commissione di
pari opportunità. Questo è un segno, della misoginia, ma non della sua
natura e qualità. La misoginia comprende molti problemi, ma non li
spiega. Per chi come noi vuole cambiare la politica si tratta di aprire
una discussione impietosa e faticosa su cosa muove e genera la classe
dirigente del nostro paese. Il movimento delle donne a Napoli ha
analizzato più volte e pubblicamente il legame stretto profondissimo
tra criminalità organizzata e violenze contro le donne. Sono queste le
espressioni costanti di un potere che non ha bisogno di investiture,
perché attraverso la minaccia e la rapina condiziona la convivenza. Di
fronte a questo, come per il femminicidio e la violenza, la politica
indica una prospettiva di ordine pubblico, dove la caccia al “mostro” è
la soluzione più comoda.
Il movimento delle donne ha avuto la capacità di costruire tra le
donne la consapevolezza della dimensione politica strutturale delle
violenze subite. Lo ha fatto svelando che gli stessi uomini che
avrebbero dovuto contrastare politicamente i delitti contro le loro
persone, erano gli stessi che incarnano il diritto di proprietà sulle
donne e sui loro figli. Le collusioni tra mafie e poteri forti vengono
ormai considerate una norma da tenere in dimensioni “non scandalose”,
fermandosi ad aspetti puramente giudiziari.
Come per le violenze, le leggi contro le mafie, sono fatte,
soprattutto gestite, in direzione di un ordine che non intacca il
sistema delle prepotenze. In fondo la prepotenza, sotto forma
plebiscitaria, ha sdoganato più di una forma di ineguaglianza tra
governati e governanti. Guardare dentro la mafiosità del potere, senza
fermarci alla pura denuncia, e costruendo la cacciata politica dei
violenti e dei mafiosi dalle istituzioni, è la prospettiva nella quale
vogliamo disegnare il primo grado dei nostri 360 di sguardo sulla
politica.
Ci siamo nominate Camera della donne, perché sappiamo che quando i
vertici istituzionali sono corrotti, gran parte del lavoro spetta alle
donne che sono “fuori”. E sono donne sanno lavorare con le donne
“dentro”, nonostante i capi. Sono invitate tutte le donne e le
associazioni a cui non basta più dire “BASTA”
La Camera delle donne