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Il padre separato

Mi chiamo Teresa e sono una madre moderna che ha un compagno moderno e insieme abbiamo fatto due bambini moderni.

Il mio compagno moderno in realtà è antichissimo. Qualunque cosa avvenga è colpa mia, per qualunque esigenza devo darmi da fare io, qualunque situazione devo risolverla io.

E’ un uomo indeciso, fragile, appiccicoso. Ha bisogno di essere sorretto. Quella forte in famiglia sono io. Lo aiuto a sopravvivere a se stesso mentre lui logora ogni sua relazione esistente.

Ha un temperamento brusco, irascibile, che non gli addebiteresti guardando quella sua espressione indifesa.

Non riesce a sostenere il peso di tante responsabilità, come tanti d’altronde. Però è in conflitto con se stesso perchè io non sono come sua madre e non lo sollevo dagli impegni.

Era un patto preventivo. Lo sapeva. Non avrei fatto figli con lui se non mi avesse assicurato di essere presente.

Tendenzialmente si affida e non si assume nessuna responsabilità. Non impara, non improvvisa. Se il bambino si brucia con il latte caldo suo padre se la prende con me che non ho detto a lui quanto dovrebbe essere caldo il latte per non scottare. Come se le madri avessero con se’ il libretto delle istruzioni e non acquisissero esperienza dall’intuito, dall’attenzione, dall’empatia.

Perciò io ho colpa anche quando lui sbaglia e se glielo faccio notare mi dice che dovrei incoraggiarlo, come si fa con i bambini per aiutarli a compiere i primi passi. 

Io mi aspettavo di poter contare su un compagno adulto e non su una persona infantile e insicura che ha bisogno della clack e di rassicurazioni per le scelte che fa. Mi aspettavo un adulto e non, certo, di un altro figlio, sebbene di età maggiore degli altri, al quale fare da tutrice.

E’ un problema che ho riscontrato in molte coppie di miei amici. Gli uomini pretendono di essere guidati da noi nel loro ruolo di padre e ci rimproverano di essere cattive insegnanti, cattive supporters, cattive compagne, cattive in tutto.

La conseguenza è quella di un rapporto che diventa sbilanciato. Prima della nascita dei bambini eravamo una coppia in sintonia. Ora siamo diventati una famiglia in cui tutto è delegato a me.

Mi è delegato il ruolo di madre, moglie, tutrice, insegnante, psicologa, balia. Da me ci si aspetta che io sia l’unica adulta della famiglia.

E’ inevitabile che nella stanchezza, quando sei in ritardo e devi andare a lavorare e i bambini devono essere lasciati in altri luoghi sicuri io diventi impaziente, frustrata e finisco per sostituirmi agli altri e per concentrare tutto il lavoro su di me. 

Il mio compagno non mi sembra affidabile. Quello che mi pare di capire è proprio che preferisce che io non gli deleghi nulla. Che lui non sia in grado e che comunque non sia neppure così adulto da assumersi la responsabilità dei suoi errori giacchè alla fine sarò sempre io a risponderne.

Lui preferisce lasciare i bambini da sua madre invece che averne cura. Io preferisco lasciare i bambini da mia madre invece che lasciarli a lui e quello che succede e prevedibile semplice: il nostro rapporto diventa sbilanciato, io l’adulta e lui il bambino. Io l’adulta e lui quello che pretenderebbe perfino che nei momenti di pausa riuscissi a guardarlo come si guarda un uomo che incuriosisce, che appassiona, che desideri.

Come fai a desiderare tuo figlio? Come si fa ad essere curiose e appassionate quando nella scala delle relazioni il tuo compagno è passato dall’essere un adulto consapevole ad essere un ragazzino abbastanza codardo e inaffidabile?

Come il mio di rapporto ce ne sono tanti. Non penso di raccontarvi niente di speciale perchè non ci sono botte, non c’è violenza, non c’è nessuna delle mostruosità che vengono descritte nelle cronache dei giornali. C’è solo una banale e triste normalità.

Ed è in questa complessa normalità che l’amore finisce, la passione svanisce, la fiducia non c’è più e che le donne come me decidono di andare avanti da sole, nonostante tutto, perchè sole lo sono già.

La sofferenza di una donna moderna che si separa da un compagno moderno non ha niente di diverso dalle sofferenze antiche. Questo l’ho imparato sulla mia pelle. E non cambiano neppure le parole, le tensioni e le accuse.

E’ doloroso, molto doloroso, separarsi da un uomo al quale hai voluto bene, che guardi come si guarda un cucciolo impaurito e che in fondo, così almeno dici a te stessa, ti vuole un gran bene.

E’ doloroso scegliere di percorrere una strada diversa da quella delle proprie madri perchè io sono figlia di una donna che si è tenuta un marito che nei momenti peggiori faceva sempre in modo di non esserci e se c’era scaricava colpe e frustrazioni su mia madre. 

Avevo giurato a me stessa di non mettermi mai con una persona come mio padre. E il mio compagno all’apparenza, infatti, non gli somiglia.

E’ un tipo sveglio, fa tante cose, intelligente, ma nella sostanza poi è tutto uguale, come se gli uomini si fossero fatti un lifting per apparire migliori senza però crescere per niente.

Invece io sono cresciuta, ne sono certa. Non tollero di avere in affidamento anche un adulto e questo lo capisci quando hai a che fare con figli veri, quelli che hai partorito tu e che ti danno l’esatta misura di valore di ogni altra relazione che tu possa avere nella vita.

Non c’entra niente la depressione post parto e tutte quelle cose lì che pure ho vissuto ma senza grandi drammi. C’entra proprio il fatto che quando hai un figlio cambia tutto.

Il giorno prima sei una ragazza in coppia con un ragazzo e insieme giocate, ridete, fate l’amore. Il giorno dopo tu sei madre e lui è un imbecille che non sa neppure da dove cominciare per trovare spazio in quella situazione.

E’ un egocentrico e si sente messo da parte, non si lascia coinvolgere e poi ti rimprovera perchè non lo coinvolgi. Proprio non capisce l’intensità del rapporto tra una madre e un figlio, quella esclusività che non può essere interrotta e penetrata perchè ogni tentativo di interferenza sarebbe una violenza.

Lui non capisce, manifesta crisi d’abbandono, non sa aspettare, pietisce attenzioni e non sa trovare un ruolo e allora diventa geloso, ti fa i dispetti, si ingrugnisce se il bambino dice che vuole la mamma, perchè vive la genitorialità come una gara, come una aggressiva competizione e non come un momento di crescita in cui ciascuno deve trovare un ruolo senza invadere quello dell’altro.

La sua accusa risuona ancora nelle mie orecchie: devi essere tu ad insegnarmi a fare il padre. 

Io? Sarebbe questa la nuova responsabilità delle donne? Fare le madri tutrici dei padri? Le madri dovrebbero insegnare ai padri come assumersi le proprie responsabilità?

Dobbiamo allevare i padri dopo averli subiti? Dobbiamo insegnargli l’amore e il rispetto dopo aver subito egoismo e prevaricazioni?

E’ un alibi bello e buono e io non voglio essere la madre/tutrice di nessuno tranne che dei miei figli. Agli uomini la responsabilità di reinventarsi da soli, come fanno le donne, senza fare le vittime e scaricare le loro incertezze e la loro inadeguatezza sulle donne.

E arriva così il giorno della separazione in cui scopro che lui fa richiesta di affidamento per i bambini.

Ma se non sai neppure nutrirli, come fai a badare a loro?

Non gli importa. Da persona totalmente inaffidabile che era dovrei credere in una sua trasformazione. Racconta al giudice le stesse cose che ha detto a me. Gli dice che sono stata io a impedire il suo rapporto con i figli, a non permettergli di sperimentare e imparare. 

Sperimentare sulla pelle dei miei figli? Ma di che razza di cavie stiamo parlando?

A lui non importa, va avanti con la sua arringa.

Arriva anche sua madre, immancabile, che si dichiara disponibile a tenere i bambini.

Quindi non li tieni tu! – affermo io. Non risponde. Si limita ad una smorfia. E’ arrabbiato. Soffre perchè mi ha perso, perchè nei miei occhi legge disistima, sfiducia e come un masso che rotola dalla montagna continua a rotolare fino a trasformarsi in una frana.

Pensa di non avere più niente da perdere. Ora vuole solo ferirmi e ci riesce. Mi dice cose incredibilmente false. Inventa situazioni mai avvenute e io sono completamente basita perchè in buona fede e davvero non mi aspettavo tanta cattiveria e tanta meschinità.

Il giudice per fortuna non gli crede e i bambini restano a me. Lui può vederli alcuni giorni a settimana. Deve passargli un mantenimento. 

Io non ho voluto niente, non mi interessa, come tante donne, la maggior parte, fanno nelle cause di separazione. Rifiutano il mantenimento degli ex ma di sicuro non possono rifiutare l’assegno che serve per le spese dei bambini.

Quando siamo soli gli parlo calma, gli dico di stare tranquillo, che non ha alcun motivo di comportarsi così. Può vedere i bambini quando vuole. Basta che rispetti i loro orari. 

Chiede se può restare a casa mia (in affitto) con loro. Gli dico di no. Siamo separati. Può venirmi a trovare, cenare con noi ma non può restare. Ovvio, no?

L’espressione momentaneamente addolcita torna ad essere cattiva. Mi lascia con una battuta violenta, aggressiva, che non ha senso. 

La nostra vita scorre normalmente. Lui viene a prendere i bambini, li tiene anche più del tempo deciso. Con gli orari ci regoliamo tra noi. Per i soldi non c’è problema. Lui mi da quel che può. Ogni tanto porta la spesa con i pannolini, le pappe, latte e biscotti e tutto quello che serve ai piccoli. Fa la spesa per loro ed è giusto così. I soldi che mi darebbe servirebbero esclusivamente a quello.

Qualche settimana fa, mentre lui è in giro con i bambini, ci incontriamo per caso. Io non devo dare conto a lui di come passo il mio tempo libero. Sono con un amico, un mio collega. Camminiamo vicini e ridiamo. Ci conosciamo da tanto e siamo sempre stati in sintonia. Non c’è mai stato niente di più che una bella amicizia. E se così non fosse tutto ciò comunque non riguarderebbe nessuno a parte me.

Il mio ex invece non ci vede più dalla rabbia. Si ferma a salutare. Lancia un paio di battute tra il sarcastico e l’incattivito. Saluta il mio amico, che peraltro già conosce, e mi dice che tiene i bambini qualche ora di più perchè vuole portarli in un posto.

Nessun problema, gli faccio io. Basta che non sia notte. Magari avvisa se fai tardi. Aspetto con il telefonino acceso.

Non si fa vedere nè quella sera nè la sera dopo. Quella notte provo a telefonargli al cellulare, in casa, finchè non risponde sua madre che mi dice che stanno dormendo. Hanno fatto tardi e i bambini erano stanchi e si sono addormentati. E vabbè.

Il giorno dopo chiamo prima di andare al lavoro per sapere come devo regolarmi. Magari passo a prenderli io. Invece no. Mi dice che è tutto ok e che poi li riporta lui perchè ha preso un giorno di ferie.

Dopo due giorni di tira e molla chiamo l’avvocato. Mi dice che devo denunciare il mio ex. Dico che non voglio metterlo nei guai. Vorrei solo capire, parlarci, sapere che intenzioni ha.

Non mi risponde e non vuole parlarmi neppure sua madre. Vado in casa loro e mi risponde lui al telefono dicendo che se continuo a citofonare chiama la polizia e mi denuncia per stalking.

Non resta che rivolgermi al mio avvocato. Faccio denuncia. I bambini sono affidati a me e lui li ha semplicemente rapiti. Torno a casa sua con la polizia e prendo i bambini. La polizia gli intima di rispettare gli orari e i giorni decisi dal giudice. Lui dice che non è d’accordo. Fa una scena pietosa davanti ai bimbi. Sono piccoli e spaventati. Lui tenta di coinvolgerli e continua a dire: "vedete cosa fa vostra madre? non vuole che stiamo insieme… non vuole che stiamo insieme".

I poliziotti gli consigliano di procedere nelle sedi opportune per una ridiscussione dei tempi di affido. Lui lancia un’accusa e in loro presenza dice che non mi darà più neppure un euro perchè io sono una puttana e li spendo per andare a divertirmi con il mio amante.

Stento a credere alle mie orecchie e guardo la sua espressione distrutta. Mi dispiace molto che lui stia così male ma non è colpa mia. Quando una storia finisce non è colpa di nessuno. Finisce e basta.

Ora subisco i suoi dispetti e siamo in causa perchè lui vuole rimettere tutto in discussione. Mi sta facendo spendere tanti soldi che non ho tra avvocato e marche da bollo (avrei potuto spenderli per i bambini). Il giudice fa già capire che i bambini in età prescolare non possono essere allontanati da me. Sono troppo piccoli e il trauma sarebbe troppo grande.

Al mio ex, loro padre, non interessa. Gli interessa solo di se stesso. Come prima, come sempre.

Mi convinco di non aver sbagliato. Avevo ragione. L’unico rimpianto: non aver capito prima con che tipo d’uomo avevo a che fare.

Nota: Teresa non si chiama teresa. La storia è vera ma l’abbiamo sintetizzata e ripulita come sempre di dettagli. L’immagine, che viene da Riot Clit Shave, l’ha scelta lei perchè – così ha scritto – la rappresenta.

Posted in Fem/Activism, Misoginie, Storie violente.


3 Responses

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  1. serena says

    certo che è veramente triste. in tutta questa storia ci sono solo madri. dei padri neppure l’ombra. continuano a fare gli assenti giustificati e poi tutti se la prendono con le donne.
    che schifo!
    ha fatto bene la ragazza a pretendere di più.

  2. Leila says

    Quante storie di donne che ci somigliano per un verso o per un altro…

    Personalmente credo che DONNA LO SONO SEMPRE STATA, FEMMINISTA MI SONO RISCOPERTA sulla mia pelle… e quella delle altre sorelle. Facile è non decretarsi tale, nei momenti in cui credi che quel che hai, oramai ti appartiene, dandolo per scontato, abbassando la guardia credendo che l’uomo “moderno” avesse capito e sarebbe stato al tuo medesimo livello. Sottovalutando quel maschilismo che invece continuava instancabile a preservare quel falso progresso che puzza di disprezzo antico.

    Grazie Leila
    Ps. Questo il mio sbaglio, se pur non sono certamente scesa MAI così in basso! (come la rappresentanza descritta nel post successivo “femmina padana”).

  3. Sofia Riccaboni says

    Capisco la situazione, ci sono passata anche se non del tutto uguale.. tieni duro…