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Fiere di essere puttane

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Il libroFiere di essere puttane” di Maîtresse Nikita e Schaffauser Thierry, sfata uno per uno i luoghi comuni che ruotano intorno alla prostituzione e che la descrivono come una forma di asservimento, una piaga sociale, un’emergenza da gestire come ordine pubblico. Questo libro è stato scritto da due prostitute, protagoniste di un movimento che si vuole erede dei movimenti femministi e omosessuali, per chiedere rispetto e diritti per quelle e quelli che hanno scelto di esercitare questa professione.

Aldilà della richiesta di diritti e di rispetto, assolutamente legittima, questo libro è interessante perché ci porta a domandarci se la prostituzione possa essere effettivamente una scelta libera e consapevole. La prima a porsi/ci questa domanda all’interno della nostra mailing list è stata Serena:

Essendo pienamente d’accordo con la questione che non esiste solo la prostituzione esplicitamente coatta (con pappone ecc), ma anche quella casalinga, io mi chiedo però se non esista anche un altro tipo di prostituzione imposta. Ovvero quella che una donna non riesce ad arrivare a fine mese, e quindi per rispondere ad un ricatto sociale (fa un lavoro degradante, guadagna poco ecc…) si prostituisce. Sicuramente il fenomeno merita di essere approfondito, quindi NO ai decreti Carfagna e roba simile, però quel “fiere di essere puttane” mi suona un po’ vecchio e desueto: ma quando mai, dico io, nel 2010 esistono donne che si prostituiscono per piacere? Mi chiedo se questa figura di puttana che si dà per proclamare la sua libertà non sia un po’ una leggenda.”.

A tal proposito Rho ci dice che:

in un mondo in cui il sistema del lavoro è un sistema di sfruttamento può essere una scelta cosa vendere di se, quali prestazioni e sicuramente si può scegliere di vendere prestazioni sessuali (occasionalmente o no) piuttosto che ad esempio fare le pulizie. E ce ne sono, si di donne (e di uomini) che tra i lavori possibili scelgono questi (non tutte/i hanno le stesse possibilità di scelta, eh!). E non vedo perchè si debbano vergognare o non essere orgogliose/i della scelta fatta. La denucia è sul sistema lavoro-sfruttamento che ovviamente opera anche sulla categoria del genere sessuale.

La questione dunque è capire se la scelta di prostituirsi sia poi così diversa da altre scelte, e quanto questa possa definirsi consapevole in un mondo che si basa sul lavoro-sfruttamento. Ma prima di capire ciò bisognerebbe chiedersi quanti tipi di prostituzione esistono e come mai si parla solo di un unico tipo.

Mara ci descrive alcuni di questi tipi di prostituzione e nel farlo propone di stilare

un prezziario per esigere tutti gli arretrati delle toccatine non richieste, delle molestie, delle palpate sul lavoro, delle prestazioni “dovute” per i più svariati motivi. Pensate alla bellezza di un momento topico nella nostra vita, quando arrivi per le vie della città e il fanciullino ti tocca le tette o il culo e tu gli mostri immediatamente la fattura, tutto in regola, e ci paghi anche le tasse. Il problema sono io o sono quei bambini scostumati?

Ho visto su rai tre un servizio assurdo, una cosa tipo “gioventù bruciata”, la solita emergenza milanese di queste adolescenti, solo le femmine naturalmente, che preoccupano tanto gli stessi soggetti della ricerca scientifica di cui abbiamo tanto discusso. Si parlava di queste adolescenti che vendevano prestazioni sessuali, piccole attenzioni, masturbazione, fellatio, per una scheda telefonica, una ricarica, cose del genere. Tutti sconvolti per la perdita dei valori, queste disgraziate consumiste della malora che seguono i miti delle pubblicità televisive e vogliono comprare comprare comprare perchè confondono l’avere con l’essere… chissà di chi è la responsabilità… puttane loro o stronzi quelli che bombardano le ragazzine di pubblicità per convincerle che senza la ricarica tim tribù non sono niente? Puttane loro? E i ragazzini clienti? Per loro nessuna indagine? Nessuna perdita di valori? Sono uomini sani? Tutto a posto? Fanno i puttanieri perchè si sa che l’uomo è cacciatore? Puttanieri perchè la donna è puttana? Domanda e offerta. Chi crea la domanda? Chi crea l’offerta?

Diciamo che io non ho fatto la puttana a prezzo pieno perchè non ho le ovaie, intese in quanto palle, ne la necessità. Non mi interessano le ricariche, non mi vendo per un vestito, non mi interessa un tubo di avere cose. Però ho avuto contratti perchè piaceva il mio culo, ho avuto stipendi perchè la mia presenza era decorativa e assieme allo sfruttamento, dato che il lavoro lo devi fare perchè nessuno ti regala niente… non è che la puttana non fa la puttana… se la paghi in quanto tale poi la vuoi anche a testa in giù e zitta e mosca che non deve neppure lamentarsi… dicevo che assieme allo sfruttamento c’era lo stipendio da fame, condizioni di merda e mille altre situazioni che sono sicura saranno capitate a tante di voi.

In conclusione le donne sono tutte dipendenti e parecchie senza scelta e in questo casino, letterale, se l’unica scelta significa prendere atto del fatto che devi aumentare le quote dei tuoi introiti per un mestiere che stai facendo già, anche se lo chiami in un altro modo, se dai una regola, se sei tu a stabilire il prezzo della toccatina invece di fartelo imporre da loro è come se tu avessi superato una soglia fondamentale: hai preso coscienza del fatto che chi ti dice che c’è una differenza tra santa e puttana è solo perchè la santa è una schiava che non pone condizioni e accetta qualunque forma di sfruttamento in nome dell’onore, della reputazione e di tutte quelle fesserie che hanno fottuto la nostra libertà sessuale e la nostra libertà di scelta… la domanda è: chi tra noi non è una puttana? C’è qualcuna che non ha dovuto cedere un centimetro di pelle, di testa, di culo, di tetta, per una ragione qualsiasi? Nulla ad un voyeur, ad un tastatore, un insegnante maiale, chiunque? Perciò la capisco la fierezza di essere puttane, perchè essere puttana non è un difetto. Il difetto semmai è nei puttanieri.”.

Ma se è vero che il lavoro è sfruttamento, perché devo portarlo al suo estremo limite?

si chiede Feminoska che afferma di avere sentimenti molto contrastanti a riguardo, perchè

fermo restando la libertà della persona di autodeterminarsi, non sono così ferventemente pro-prostituzione quanto non sia ad esempio, sostenitrice di chi fa il volontario per test medici per guadagno. Non mi sento bigotta al riguardo: è solo che, concependo anche io il lavoro come sfruttamento – quantomeno intellettuale, o di fatica fisica, comunque di vere “risorse” umane – non riesco a concepire di portare questo abuso anche oltre al limite corporeo (anche raccogliere pomodori è un abuso oltre al limite corporeo). 

Quello che intendo dire è che, dato per assodato che esistono diverse forme di abuso di questo genere, per me una non giustifica l’esistenza dell’altra. Come ho già detto, io non sono contro la prostituzione tout- court: ma allora dico, iniziamo a lottare per eliminare la tratta e la prostituzione forzata, iniziamo a dare condizioni di lavoro e vita eque a tutt*, iniziamo anche a lavorare di meno ed essere pagat* un pò di più – e avere più tempo per noi e per vivere, invece che produrre. Iniziamo ad insegnare ai bambin* di oggi a vivere una sessualità serena, felice, abbandonando i sensi di colpa, aiutiamol* a decostruire gli stereotipi sessuali….potrei andare avanti all’infinito elencando i mille fronti in grado di cambiare le cose, comunque a quel punto se ci fosse chi decide liberamente di prostituirsi in condizioni per sè stess* decorose e soddisfacenti e chi decide di comprare tale prestazione, io sarei assolutamente serena sulla cosa… mi chiedo solo, via metafora, se le case fossero date tutte gratuitamente, ci sarebbe ancora qualcuno che penserebbe di pagarle per averle? Se tutt* potessero avere una sessualità consapevole e soddisfacente, qualcuno ancora comprerebbe? Forse sì, ma non sarebbe più il fenomeno di cui si parla oggi.

Per me a volte quando si parla del fiere di essere puttane, sembra – ma forse è solo una mia impressione – come dice il detto del dito che indica la luna e lo stolto guarda il dito. Mi sembra, cioè, che il solo rivendicare la fierezza di essere puttane areni il discorso globale sul modo di vivere la sessualità in un problema di percezione individuale, e che basti capire che, insomma, fare la puttana è un mestiere come un altro, e non soffermarsi a pensare ad una sessualità ingabbiata e repressa e ad un ‘incapacità di provare piacere se non a pagamento – come del resto avviene in tantissimi campi: la maggioranza di noi non sanno più autoprodurre un benemerito cavolo e comprano qualsiasi cosa gli serva alimentando altre situazioni allucinanti di lavoro/schiavitù.

E’ la riduzione di tutto a “mercato” contro la quale mi scaglio! Io sento certi “lavori” come lesivi della dignità umana: se ciò avvenga per le caratteristiche del lavoro in sè o per le condizioni del lavoratore – o meglio per tutte e due – non mi importa. Quindi non sarei orgogliosa di essere puttana, come non sono orgogliosa di fare qualsiasi lavoro in realtà, considerata la realtà del lavoro.  Il discorso economico è importante comunque: parlando con una sex worker di questo argomento, lei semplicemente mi disse che per “farsi il culo tutti i giorni lavorando da cameriera e guadagnare alla fine 5 euro all’ora, ora lavorava due giorni a settimana e guadagnava assai bene.

Ammetteva anche però, che fare questo mestiere espone a situazioni molto pericolose, e io ad esempio mi sono chiesta in quel frangente se preferirei guadagnare poco ma sentirmi “RELATIVAMENTE” sicura – almeno quanto ad incolumità fisica – o guadagnare tanto ma ogni volta chiedermi se la persona che ho di fronte è una potenziale minaccia al mio corpo e alla mia vita… è uno stress che io non saprei affrontare, ma non è solo questo: forse non capivo a fondo le motivazioni che mi venivano portate poiché in quel caso specifico erano accompagnate da un’enfasi importante sul fattore economico, sul guadagno e la possibilità di avere uno stile di vita molto agiato, cosa che in ogni caso non mi è mai interessato più di tanto.

Ecco, il valore dato al guadagno nudo e crudo e alla possibilità di spendere molto mi ha lasciato un pò perplessa. Credo dunque sia fondamentale e determinante lavorare criticamente su se stess* e sul modo in cui si sta al mondo, poichè penso che tutto il resto ne derivi di conseguenza. Ma il mondo è bello perchè è vario, e non denigro l’altrui approccio! Spero solo non si limiti agli effetti senza andare ad analizzare le cause prime della situazione come è.

A tal proposito Martina van pelt ci parla di

una ragazza romana, che già faceva la mistress a pagamento in Italia, con tutti i rischi possibili e situazioni squallide, e che trasferendosi a Berlino (in Germania la prostituzione è legale e molto seguita, intendo che è protetta e assistita, non ai livelli dell’olanda ma molto meglio che quasi in tutto il resto d’Europa) ha deciso di continuare così il suo lavoro/percorso. Il suo punto di vista è molto radicale, il corpo di una donna si sottopone a continue prove di stress: gravidanza, ciclo mestruale, ma più in generale c’é chi si tatua fino o si scarifica o si pierca fino ad andare in giro con il domopak sanguinolento addosso, c’é chi scolpisce il proprio corpo fino a perderne la forma e le funzioni originali (pensiamo alle atlete agoniste, o a chi passa ore e ore in palestra), c’é chi usa  il proprio corpo per essere oggetto estetico o commerciale (modelle, ragazze immagine, pr, e via dicendo).

Per lei la prostituzione non è diversa da tutto questo, mentre invece mi ha parlato molto dell’anima, di come ci si sente. Mi ha fatto un interessante paragone con la Cabiria di Fellini, mi ha parlato di sindromi di Stoccolma e di instabilità, ma anche di gioia e di soddisfazione.”

Fino a questo punto una cosa ci è ben chiara, “siamo tutti corpi in vendita”. E su questo Ilda ci fa notare come

la vendita di prestazioni sessuali ci dice di più su come i “maschi” vedono il rapporto tra i generi. Ci dicono gli uomini di Maschile Plurale: “La prostituzione, scelta od obbligata, parla innanzitutto dei nove milioni di clienti italiani e della sessualità maschile ridotta alla miseria dello sfogo e del consumo.” Di questo sì, penso che dovremmo parlare. Perchè, non so, comprare il corpo e le prestazioni di una donna o di chiunque per sfogarsi e consumare sesso è un po’ come negare la relazione con l’altr@. Certamente i compratori sono anche uomini che non hanno alternative, per esempio penso agli handicappati che spesso non hanno altre possibilità, o uno parecchio brutto che nessuno vuole: il razzismo ha mille facce. (Ma una donna nelle stesse condizioni che fa?) Ma spesso non è così. Sono uomini con compagne, fidanzate, rapporti con donne. Allora mi domando cosa cercano.

Forse l’immagine della donna così come la vorrebbero, che non gli ponga il problema di doversi mettere in rapporto, di cui non devono riconoscere la sessualità, un modo di godere diverso dal loro, con cui possono andare diritti così come gli pare senza porsi problemi di essere con un altra/o. Non perchè per fare sesso ci voglia l’amore, ma perchè il sesso si fa tra persone ed è dunque di per sè una relazione. Se uno è lì pagato per rispecchiare l’altro il rapporto non c’è (è vero che succede purtroppo anche nelle relazioni “normali”, ma in questo caso è codificato, è la regola). Questo anche mi sembra pericoloso, perchè mi pare parte, come molte altre cose, di una richiesta di passività e di immagine femminile che va contro la nostra libertà. E che poi porta ugualmente a tutt@ chius@ in casa eccetereaeccetera, nello stesso modo in cui vi porta un modo di vedere la cosa bacchettone e moralista. E non perchè il rapporto con una prostituta non sia un rapporto, ma perchè forse è questo che il compratore vi cerca.

Ritorna quindi la domanda su cui verte l’intero discorso: “in un mondo non in vendita, dove ognuno potesse esprimersi come vuole, amare chi e come vuole, fare sesso con chi e come vuole, esisterebbe il sesso a pagamento?“. Forse si, poichè come ci ricorda slavina

le puttane (non le vittime della tratta e neanche quelle che lo fanno per cause di forza maggiore, ma le donne e uomini che scelgono liberamente e consapevolmente di vendere servizi sessuali) vivono il loro lavoro con molta passione, come un percorso di ricerca e a volte quasi con un’enfasi missionaria, perché sanno che il loro lavoro soddisfa un bisogno primario, al quale la morale comunemente intesa vieta (ipocritamente) di dare un valore mercenario, perché sanno che a molta gente non vendono un amplesso o un pompino, ma dei momenti di attenzione, di cura, di affettività. Secondo me la fierezza non é tanto quella di prescindere dalla morale e di utilizzare il proprio corpo liberamente nel sistema di scambio “libero” capitalista (perché come dice Rho, il problema é a monte e ci vendiamo tutte per sopravvivere, chi le mani, chi la capoccia, chi il culo fuor di metafora – perché condannare solo queste ultime?).

La fierezza, a mio avviso, sta nel rivendicare il valore sociale della prostituzione (anche se il fiere di essere puttane viene da uno slogan francese: Nicoupable, ni victimes – fieres d’etre putes (piú o meno)/né colpevoli né vittime – fiere di essere puttane in cui si chiede di considerare la prostituzione come un lavoro come tutti, e quindi privo di un valore aggiunto come quello sociale): non lo pensiamo tutte che se si scopasse tutt@ un po’ di piú, il mondo sarebbe un posto piú vivibile? (poi certo, scopare gratis e magari pure con l’amore é meglio, ma mica é sempre domenica e a volte pure due colpi onesti bastano a sollevare l’umore, l’autostima e a mettere in circolo le endorfine addormentate). Purtroppo da qui a dire che tutte le prostitute/sex worker sono “autodeterminate” e lo facciano in modo “autocosciente”, ce ne passa. Anzi, per conoscenza diretta direi che è raro, ma per fortuna ci sono “focolai” di autodeterminazione sparsi qua e là. Dipende da tante cose: dagli strumenti, dalla possibilità di scegliere in che modo farlo (scegliere con chi ad esempio), dal vissuto, dal rapporto con il potere nel sesso,  etc…. Sul perchè gli uomini vanno a puttane…beh posso mettere giù due ideuzze.

Non mi risulta che i clienti tutti esprimano una richiesta di passività, come dice ilda, anzi spesso chiedono tutt’altro che passività (ad esempio le sex worker trans ne hanno da raccontare a proposito, ma non solo loro). Un cliente mi ha detto che “certe cose” (pompini) a sua moglie non li chiedeva perchè sarebbe stata la bocca che avrebbe baciato i suoi figli! (No comment! E magari a lei sarebbe piaciuto un sacco, chissà!). Un altro mi ha detto che piuttosto di fare lunghi e costosi (inviti fuori, cene, regali etc….) corteggiamenti che magari si risolvevano in un buco nell’acqua o avrebbero previsto relazioni più impegnative, preferiva spendere in rapporti a pagamento e quindi anche fare sesso con più persone. C’è da considerare anche la richiesta di pratiche specifiche (giochi di ruolo, bdsm….).

Credo comunque che la sessuofobia sia una buona motivazione. Eufemisticamente ho il “forte sospetto” che la mistica del sesso come attività sentimentale, quasi una “santificazione” del sesso, così come il fatto che -nonostante tutto- il sesso fuori dalla “santa coppia” rimane considerato per la maggior parte di donne e uomini (bio o meno) una cosa “zozza”, in fin dei conti una “perversione” rispetto al sesso “coniugale”, sia una roba che si ritorce contro le donne, in molti modi, a partire dalla propria sessualità. Io farei anche attenzione a pensare al sesso come a un “pezzo” di corpo. E’ un’attività e/o un energia che si può vivere (e spendere) davvero in molti modi. Sicuramente da mettere sotto la lente sono le motivazioni che portano a comprare prestazioni sessuali, non chi le “vende”.

Io pagherei? Non so…forse “offrirei” per qualcun’altra/o che conosco bene e so perchè e come vuole sesso a pagamento, dipende, può darsi. Forse pagherei qualcuna/o che conosco (magari una collega amica), si,  forse si, se so come si vive il lavoro, forse potrei organizzare una serata…anche per restituire un favore magari (:un’amica mi ha fatto lavorare più volte in tempi di “magra”)!!! Infine il lavoro sessuale, come tutti i lavori, può essere alienante (questo era la questione più fastidiosa nel mio caso). Detto ció NON DIMENTICO le vittime della tratta e non metto allo stesso livello di un cliente civilizzato (che si lava prima, che consensua le prestazioni, che ti paga il pattuito e che insomma ti rispetta) quegli animali che violentano le ragazzine schiavizzate dalle mafie.”.

La fierezza dell’essere puttane risiede quindi nel rivendicare il proprio lavoro, che deve essere considerato al pari degli altri lavori e di conseguenza tutelato, perché la stigmatizzazione subita dalle/i sex worker ha effetti devastanti come le espulsioni a causa dei fermi sulla strada, con deportazione nei Cie per sei mesi. Inoltre qualora alla prostituzione venisse data pari dignità di qualunque altro lavoro, i/le sex worker sarebbero messi/e in condizioni di poter rivendicare i loro diritti, e, per esempio, far rispettare ai loro clienti delle regole semplici ma basilari (che trovate raccolte in questo documento http://www.lesputes.org/cherclient.pdf  tratto dal sito http://www.lesputes.org/) che spesso vengono violate.

Per quanto riguarda invece la questione sulla consapevolezza o meno di questo lavoro, a mio avviso, è paragonabile a quella di molti altri lavori. Affermo ciò perché condividendo il pensiero che qualsiasi lavoro si basa su un tipo di sfruttamento, penso che di conseguenza nessun* di noi sia liber* di scegliere effettivamente quale lavoro fare (poiché nessun* vorrebbe essere sfruttat*), ma dato che è necessario lavorare ognun* sceglie che limite di sfruttamento accettare. Quindi la prostituzione mi appare una scelta “libera” quanto lo è quella di fare “la maestra precaria”. Usare il proprio corpo è solo una scelta come le altre, e come le altre è libera a metà… a questo punto la domanda che vi pongo è: come rendiamo le nostre mezze libertà totali?

Nel frattempo, per saperne di più vi linko questo video http://www.ngvision.org/mediabase/652 a cura delle sexyshock: “Ne vittime ne colpevoli” che potete scaricare da ngvision.

Alcuni suggerimenti per approfondire.

Bibliografia

Bibliografia (nei testi si parla spesso anche di pornografia in quanto lavoro sessuale), sono testi in italiano, in altre lingue c’è molto di più (anche traduzioni).

Roberta Sapio.”Prostituzione. Dal diritto ai diritti”. Ass. Leoncavallo Libri, 1999. ISBN 88-87175-05-5, ISBN 978-88-87175-05-9, Pagine: 204.
Carla Corso, Sandra Landi. “Quanto vuoi? Clienti e prostitute si raccontano”. Giunti, Firenze, 1998.
Maîtresse Nikita & Thierry Schaffauser “Fiere di essere puttane”, 2009, Milano, DeriveApprodi. con prefazione di Pia Covre, pagg. 132, ISBN 8889969784 , ISBN 13 9788889969786
Annie Sprinkle, “Post Porn Modernist, 25 anni da puttana multimediale”, Venerea Edizioni, 215 pp., 15,00 euro.
Ovidie Becht, “Porno manifesto. Storia di una passione proibita”, Baldini Castoldi Dalai, 2003.

“La grande beffa” di Paola Tabet

Nella wikipedia in inglese c’è questa pagina sulle posizioni del femminismo rispetto alla prostituzione: Feminist views on prostitution e una pagina sulle rivendicazioni dei/lle sex workers: Sex workers’ rights ed infine una sulle cosidette “Feminist Sex Wars”.

Ci sono parecchie autrici, artiste, performers (lesbiche, etero o altro)  che ragionano sul lavoro sessuale e sulle sessualità in genere, spesso sono vicine al movimento dei/lle sex workers o sono state sex workers o lo sono ancora:

Virginie Despentes
Gayle Rubin
Beatriz Preciado
Diana – Pornoterrorismo
Annie Sprinkle

Itziar Ziga con il libro “Devenir Perra”

King Kong Theory di Virginie Despentes é bellissimo e in spagna é uscito anche “Manifiesto Puta” di Beatriz Espejo

Documentari:

power to the sister” , Art-Activism-Media. Strumento informativo per la comprensione della prostituzione.

mutantes  (Punk Porn Feminism)” di Virginie Despentes.

Linkografia

SPREAD magazine -illuminating the sex industry
(“We believe that all sex workers have a right to self-determination; to choose how we make a living and what we do with our bodies. We aim to build community and destigmatize sex work by providing a forum for the diverse voices of individuals working in the sex industry.”) http://www.spreadmagazine.org/mission.htm

FIRST (is a coalition of feminists who have come together to support the rights of sex industry workers and advocate for the decriminalization of adult sex work. We are guided by the fundamental principle that sex industry workers should have equal benefit of the human rights protections that are available to all members of Canadian society. To be a society that is truly committed to equality, freedom and human dignity, we must recognize the rights of sex industry workers…) http://www.firstadvocates.org/position-statement

In europa:

http://www.sexworkeurope.org/  The International Committee on the Rights of Sex Workers in Europe (ICRSE) strives to raise awareness about the social exclusion of female, male and transgender sex workers in Europe, to promote the human and civil rights of all sex workers at national, regional and global levels and to create strong alliances between sex workers, allies and other civil society organisations.

http://www.services4sexworkers.eu/s4swi/  is a website that presents a directory of services available for sex workers in 25 European countries, and legal information regarding sex work, migration and access to health. We informs sex workers, health and social workers about respectful and non-discriminatory support available across Europe. The website was developed by the TAMPEP project in the framework of the TAMPEP 8 programme, a European network of 26 organisations in 25 EU countries, which works with and for sex workers since 1993, and advocates for sex workers’ rights.

In italia: http://www.lucciole.org/
ed in italiano (consultabile su femminismo a sud!) c’è il manifesto della Rete PutaLesboNeraTransFemminista

Poi:

Scarlot Harlot, inventrice del termine sexwork
http://www.bayswan.org/Scarlot.html

il collettivo madrileño Hetaira
http://www.colectivohetaira.org/web/index.php

che fa parte del network
http://trabajosexual.org/

poi il network europeo di lavoratori e lavoratrici del sesso
http://www.sexworkeurope.org/
che coprodusse il video Ni coupables, ni victimes

Posted in Fem/Activism, Pensatoio, Scritti critici, Sex work.


7 Responses

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  1. arianna says

    Sono d’accordo con te, ma allora forse la società è strutturata in tale maniera che non si riesce proprio a fuggire dai suoi meccanismi e alla fine si finisce sempre per rassicurare i maschi, forse dal patriarcato non si sfugge, nonostante i grandi passi avanti che si sono fatti, non si riesce a scardinare tabù millenari, ne siamo prigionieri tutt*, sia maschi che femmine, peccato che a faticare e a rimetterci di più siano quasi sempre queste ultime. E tuttavia non voglio smettere di lottare e di sperare.
    Per quanto riguarda l’indicibilità del lavoro sessuale, certo che bisogna parlarne, tanto e dovunque e in tutte le maniere, ascolatere i pareri, anche contrastanti, prenderli in considerazione per renderci più capaci di capire, direi che è importantissimo riflettere sullo stigma ed eliminarlo, lo stigma è sempre pericoloso perché elimina a priori la riflessione. E la riflessione e la discussione ci aiutano a non cadere nei mille tranelli che abbiamo dinanzi.
    Auguri a tutte, ovunque e comunque.

  2. rho says

    Il fatto che sottolineavo è che nessun lavoro è “indicibile” quanto il lavoro sessuale. Perchè? Non dovremmo riflettere su questo stigma, su questa indicibilità?
    Poi sulle maestre o educatrici e badanti, non fa riflettere che sono lavori “femminili”? “Rassicurano” gli uomini? Beh di certo sono assolutamente si curano dei loro “bisogni” compreso lo sgravarli da responsabilità “domestiche” e relazionali. Non è strano che nei primi anni di vita ci sono solo donne senza nome (mamma, nonna, zia, tata, baby sitter, la maestra, etc…) intorno ai bambini ed alle bambine? Ed invece ci sono stati illustri pedagogisti uomini che potevano osservare e teorizzare mentre le donne sono concretamente dietro a casa, vecchiaia e infanzia (Socrate, Platone, Aristotele, Quintiliano, Raimondo Lullo, Comenio, John Locke, Jean-Jacques Rousseau , Johann Heinrich Pestalozzi, Friedrich Froebel, Cecil Reddie, Johann Friedrich Herbart, Ferrante Aporti, don Bosco, Ralph Waldo Emerson, Paul Robin Francisco Ferrer y Guardia, Rudolf Steiner, Georg Kerschensteiner, John Dewey, Ovide Decroly, Edouard Claparède, Janusz Korczak, Makarenko, Adolphe Ferrière, Kurt Hahn, Alexander Sutherland Neill, Célestin Freinet, Jerome Bruner, Paulo Freire, Aloys Fischer, Paul Natorp, Giovanni Calò, Hugo Gaudig, Friedrich Wilhelm Foerster, Jean Piaget…rare eccezioni sono state Maria Montessori e le sorelle Agazzi). Anonime maestre ma non pedagogiste…si, mi sembra una posizione rassicurante per “il maschile”. 😉

  3. rho says

    Per chi è a roma venerdì…

    Infosex
    laboratorio sulle forme di vita metropolitane

    Vi invita alla presentazione di

    >>> Sticky Boy. Per Dio e l’Impero (edizioni TEA)

    e POWER TO THE SISTERS

    video-documento di Istituto Micropunta (60’)

  4. arianna says

    @ rho
    Non intendevo giudicare duramente (sarebbe assurdo da parte mia) nessun lavoro svolto da donne, tanto meno le sex wolker, e mi dispiace se il post (lungo e scritto di getto, la prima volta che scrivo ad un blog) sia sembrato una critica contro tale lavoro. Il mio era un ragionamento, forse troppo enfatico, puramente teorico e non di giudizio sul lavoro effettivo, o di critica sociale e morale, sul fatto di andare fiere di fare sesso a pagamento con maschi, ma siccome parlavo appunto teoricamente, intendevo di andare fiere di tutti i lavori che fanno sentire l’uomo al sicuro e valorizzato sessualmente, quindi anche molti mestieri di cura se l’uomo si sente superiore nel relegarli alla donna; fino alle maestre (rassicurano gli uomini? Forse sì, dal momento che devono seguire programmi dall’alto e devono vedersela con famiglie agguerrite), anche se in una società seria sarebbe il lavoro più importante, fondamentale, nella lotta a tutta la cultura sessista esistente.
    Credevo fosse dato come ovvio che sono favorevole al riconoscimento di tutti i diritti, e del più ampio riconoscimento sociale, per tutti i lavori svolti dalle donne, compresi quelli sessuali e non mi sarei mai sognata di dire che lavorare in banca, vendere gioielli, insegnare, fare la cameriera, la parrucchiera, la poliziotta sono lavori più giusti dei lavori delle sex wolker o badanti o altro. Non credo ai lavori giusti, tanto più che il mio discorso finale sul creare offerta per tutt* non era un paradosso ma una cosa per me molto seria e piena di rispetto per tutt*. So bene che la società sessista non cambierà molto facilmente e forse mai e non mi sento certo all’altezza di dare consigli a nessuno, solo per parlare, per scherzare, tanto per sdrammatizzare, forse suggerirei (sapendo che è un folle, impossibile consiglio da attuare, specie nella nostra nazione) alle donne che fanno lavori di cura di mettersi in cooperative dove, in maniera legale e riconosciuta, si stipendiano i maschi che accontentano sessualmente le donne paganti.
    Quindi ci tengo a precisare che non ho nulla contro i diritti e sulla dignità delle sex wolker e di altri lavori e nel riconoscere che la vita è dura e faticosa per tutte. L’unico punto che per me e solo per me, non è un’accusa o una colpa, ma un dato di fatto, è che fare la velina, o la modella, o anche la santa e la moglie si badi bene, tutto ciò insomma che aiuta a ribadire la sessualità retriva imposta dall’alto sia all’uomo che alla donna, sono lavori che rassicurano l’uomo (lo rassicurano nelle ansie che, in un mondo migliore, sarebbe bene ci fossero, per indurlo a riflettere e a ribellarsi) in un modo che per me, e solo per me probabilmente, appare molto forte e mi dà fastidio, Ma non nel senso che sono infastidita dalle sex wolker o dalle mogli che possono e devono pretendere di fare ciò che vogliono, dalle donne insomma che non c’entrano assolutamente niente, Ma che sono inquieta Unicamente contro una società patriarcale e capitalista che crea queste situazioni e le impone senza via di scampo e da cui io per prima non posso sfuggire, non credere che mi inganni o mi senta migliore o più libera di qualunque altra donna qualunque lavoro faccia. Insomma mi infastidisce il modo in cui il patriarcato usa le mie necessità e capacità a suo favore, perché non so come contrastarlo. Per il resto tanto meglio che il lavoro di sex wolker possa essere sicuro come dici e che le donne comunque se la sappiano cavare e che non smettano mai di protestare, rivendicare, chiedere riconoscimenti e diritti per i loro lavori e per essere felici.
    Sono pienamente d’accordo sulla pari dignità, lo davo per scontato, io per prima sono pronta a battermi per la dignità e i diritti delle sex wolker e per il loro riconoscimento.
    Insomma il mio era solo un discorso di teoria, di ciò che personalmente sento( forse tutte sciocchezze) e che di certo non è e non vuole essere legge; forse era un discorso non pertinente al post e se è così me ne scuso.
    Saluti, arianna

  5. rho says

    @ arianna
    Il problema è il lavoro tutto. Il tuo discorso è interessante e regge se ti rifiuti di essere sfruttata in qualsiasi contesto. Ma come ben sai, a meno che non hai qualche aiuto, non è possibile. Inoltre dimentichi la possibilità da libera professionista, se vuoi, di rifiutare prestazioni a chi non ti va. Non si tratta di accudire ma di stipulare un contratto per prestazioni occasionali. Se messe nelle condizioni adeguate, le sex worker possono scegliere -nei limiti delle ampie possibilità di mercato- i clienti, addirittura si potrebbero autorganizzare e non trovarsi “sole” con sconosciuti. Infine sulla sicurezza come è noto, i rischi sono nelle case chiuse, nelle strade buie e isolate e sopratutto nelle mura domestiche: il violento troppo spesso “ha le chiavi di casa”. Sulla legittimazione di un immaginario sessista potrei banalmente dire che fare la maestra, la baby sitter o la badante, la donna delle pulizie è la stessa storia, ma guadagni meno. Mi aspetto un boicottaggio e/o una critica femminista con la stessa enfasi di tutti i lavori che legittimano la visione della donna come “curatrice”. Ma nessuna dice alle donne che fanno questi “altri” lavori femminili (per scelta?) che “non è un agire da rivendicare ma una delle tanti, troppi espedienti cui siamo spesso costrette, e che se rende più facile la vita ad alcune donne che lo scelgono come lavoro che magari loro piace anche, volge al peggio la vita di altre donne che di riflesso vengono trattate come zerbini da maschi subito rassicurati sul loro potere”. Questa è una critica che non può riguardare solo i lavori sessuali. E’ chiaro che si parla di scelte “relative” in relazione al sistema sessista, ma non è giudicando così duramente le scelte delle altre che cambieranno le cose. Cosa consigli concretamente a tutte le sex-worker, badanti maestre, etc? Lavorare in banca? Vendere gioielli? Insegnare all’università, al liceo, alle medie? Fare la cameriera, la parrucchiera, la poliziotta? L’ausiliaria dell traffico? Qual’è il lavoro “giusto”? La stilista? Vendere polizze assicurative? L’agente immobiliare? L’operaia? O sposarmi? Qual’è un lavoro politicamente corretto? Vorrei una lista dei lavori antisessisti, antimilitaristi e anticapitalisti. E magari vorrei pure avere la possibililtà di fare il percoso che mi porterà a tale lavoro “non compromesso” . Così non mi sbaglio. Mi dispiace ma in questo discorso non riesco a non vedere una “moralizzazione” sessuale, e una pesante condanna, anche non voluta.
    Per prima cosa per me viene la pari dignità, poi si possono fare tutti i discorsi che vogliamo. rho

  6. Arianna says

    Fermo restando che se delle lavoratrici chiedono diritti, e sicurezza, hanno sempre ragione e nessuno glieli può negare, vorrei sottoporre a pareri diversi alcuni miei pensieri.
    Mi chiedo perché bisogna sempre fare da balia agli uomini. Più di altri lavori, quello della prostituta, (e quando d’ora innanzi utilizzerò questo termine intenderò sempre anche quelli socialmente più accettati e protetti da contratti come velina, modella per pubblicità dubbie e tutti i lavori insomma che si avvicinano all’idea di sesso nel cervello maschile) mi appare molto vicino a quello di balia, di cura, di assistenza. Ha qualcosa di inquietantemente vicino alla buona donna di casa (e non vuol dire niente che le donne di casa siano le prime ad odiare le prostitute e a volerle eliminare, se non che forse le invidiano, nella disperata, insensata rincorsa a soddisfare il maschio) che si trova, nella sua immensa beneficenza, quasi da santa, ad accontentare anche gli altri mariti meno fortunati.
    E siamo sempre a parlare di maschi e dei loro bisogni. Ma è ovvio sono i datori di lavoro, di quasi tutti i lavori, e va bene, c’è sfruttamento in molti lavori cui sono costrette le donne, come negli uffici nelle amministrazioni pubbliche, nei negozi etc…, però esiste un contatto curativo nel dovere fare sesso a pagamento ( e in altri lavori simili), per rassicurare, per rincuorare, per non far deprimere il maschio che altri lavori hanno meno. Qui si tratta sempre di convincerlo della propria virilità, difficilmente una prostituta(e tanto più velina, modella) può permettersi anche un accenno celato di presa per i fondelli, se non richiesto espressamente; e non per paura che l’uomo diventi violento ma semplicemente perché lui sennò si deprime e lei non fa più il suo lavoro e allora lui giustamente non paga. Che poi alcune fingano e quindi prendono in giro l’uomo, non intacca in lui l’orgoglio, semplicemente perché non se ne accorge. Se fai altri lavori fai la schiava, sicuro, vieni sfruttata, stritolata, umiliata, anche abusata sì, però è una violenza di sistema a cui tu sai di non partecipare. Certo è una ben misera gratificazione, lo ammetto, mentre fai da schiava pensare che non lo fai attivamente ma passivamente. E questo forse rende orgogliose le prostitute, pensare di agire e non di rimanere passive, insomma di farsi pagare, è una scelta onestissima che non ha nulla di immorale in sé, né di sporco, ma di certo è un abbaglio credere così di fregare il sistema e farsene un vanto, del fatto di pagare, al maschio, gliene importa fino ad un certo punto e forse lo fa sentire anche più padrone. Alla fine è sempre una capitolazione, come per altri lavori, anche se meno faticosa e stressante, una capitolazione non certo nell’ottica femminile ma per lo sguardo dell’uomo che questo appunto vuole.
    Ripeto, non c’è nulla di male, né di colpevole ma deve essere chiaro, per me, che non è un agire da rivendicare ma una delle tanti, troppi espedienti cui siamo spesso costrette, e che se rende più facile la vita ad alcune donne che lo scelgono come lavoro che magari loro piace anche, volge al peggio la vita di altre donne che di riflesso vengono trattate come zerbini da maschi subito rassicurati sul loro potere. Credo che sia una soddisfazione per molti maschi sentire dire alle donne -siamo tutte puttane-, una soddisfazione che non mi piacerebbe dare, che scandalizza al massimo qualche beghina e qualche gerarchia religiosa e ipocrita, ma che fa sganasciare dalle risate un sacco di deficienti maschi e questo è irritante. Ci sono dei parametri per prendere per i fondelli l’altro, lo sfruttatore; nella prostituzione è molto più difficile, direi impossibile, contestare il datore di lavoro, chi paga, e visto che molte lo fanno con assoluta convinzione e con tanto di altisonanti argomentazioni, con enfasi missionaria, a questo punto non sarebbe neanche etico, eppure proprio questo è qualcosa di serenamente maschilista, perché la donna che per vocazione si preoccupa solo di rassicura l’uomo a letto, che sia lavorante, moglie o amante, è proprio ciò che vogliono molti maschi che poi noi critichiamo se con quella rassicurazione nel cuore si permettono ben altre nefandezze. Poi è anche vero che a molte donne importa poco del resto del mondo e anche questo è un diritto del singolo non criticabile, che io non contesto.
    Non mi convince, poi, il pensiero che -se si scopasse tutt* un po’ di più il mondo sarebbe un posto più vivibile-, perché il punto è proprio come si fa il sesso, non parlo di sentimenti ,di amore, di lunghi e costosi corteggiamenti, di inviti fuori, cene, regali, di parole inutili, parlo di sesso e basta, che per rendere felici andrebbe fatto in assoluta libertà da stereotipi insegnati e indotti ripetutamente dal sistema e dalla cultura millenaria imperante che castra la mente della donna e anche e soprattutto dell’uomo. Io credo che sia prevaricante la coercizione della cultura maschilista e nel cervello dei maschi e in quello delle stesse donne e quindi permea interamente il sesso e ciò ci allontana mille miglia dalla liberazione anche ipotetica di tutt* e da un mondo più vivibile. Solleticare la sessualità maschile per lavoro, comunque lo si faccia, deve avere i propri diritti riconosciuti, ma forse dovremmo anche insistere con maggior rabbia nel protestare per altri lavori cui si rivolgono con fatica le donne, per renderli di più alta responsabilità, più civili, ben pagati e importanti, invece che rivendicarci tutte orgogliosamente crocerossine di un sistema sommamente maschilista.
    Inoltre mi sbaglierò ma mi pare che sia quel genere di lavoro quasi impossibile da rendere sicuro, come si fa? Bisognerebbe fare i salti mortali per avere una buona percentuale di sicurezza, nel senso che al momento che si rimane soli e nudi con un perfetto estraneo, non si può proprio prevedere che non ti capiti il pazzo, è vero che ci sono anche altri lavori che espongono ad un rischio elevato, ma quasi mai sono così drastici nel renderti disarmata di tutto. E comunque è impossibile sfuggire ha organizzazioni criminali potentissime, che possono contare su una richiesta illimitata, quindi arrivare ad ipotizzare di potere fare come si pare è un po’ azzardato. Leggevo un articolo sull’Olanda e la Germania, dove nonostante la prostituzione sia legalizzata e controllata, tantissime sono le donne che ancora sono pesantemente sfruttate e messe lì controvoglia e intensissimo è il mercato dei trafficanti.
    Fare poi di un lavoro quello che deve risiede invece nella fantasia più sfrenata è secondo me uno sbaglio profondo, non per nulla voluto dai maschi, per rafforzare il loro sistema di potere, mi spiego: dubito che i maschi che fanno sesso a pagamento, almeno la maggioranza, siano uomini che discutono con la donna su ciò che porta piacere, uomini insomma che vogliono aprire il proprio cervello a nuove esperienze, su una base di parità o di gioia condivisa, che è poi quello che rende veramente appagati. Magari capita quello curioso o disposto a lasciarsi stupire ma è pur sempre lui che regola il gioco, è lui che chiede/ordina alla donna di stupirlo, sempre lui che, per quanto masochista sia, decide di far fare alla donna la parte attiva, la dominatrice e l’aguzzina; per quanto gentile, fantasioso, disponibile sia, è assodato che decide lui, è ovvio, altrimenti si deprime e non si combina più nulla. Si dirà, tanto la prostituta poi fa sesso come vuole e con chi vuole al di fuori del lavoro (cosa poi da verificare dato che molte donne inconsciamente pensano di fare ciò che vogliono e fanno invece ciò che vuole la tradizione da loro), ma intanto avrà rinfocolato in tantissimi maschi, ma davvero tanti, l’idea che a casa loro dovranno essere loro a comandare, che le mogli o le fidanzate sono delle stronze perche non li soddisfano o delle sante da non degradare con il sesso, ma che le donne in genere, non della famiglia, devono o sono addirittura contente di fare a letto come decide lui, visto che lui le fa pure guadagnare con poca fatica.
    Ripeto, i diritti richiesti non possono essere elusi, non ci deve essere discriminazione e non voglio assolutamente, né mi interessa, lo trovo inutile, dare un giudizio morale o etico sulla scelta personale e libera di tante donne secondo le loro necessità e possibilità, né addossare loro colpe che sono tutte nella cultura maschilista, ma teoricamente e polemicamente parlando le prostitute(e con loro le donne che si prestano a dare un’immagine di asservimento all’uomo) sono delle pro-uomini ambulanti, iconologicamente ben definite, delle cartine di tornasole per l’ego degli uomini, che infatti le hanno sempre volute a portata di mano, più o meno nascoste secondo i tempi e gli umori religiosi, sono la mitica figura cui gli uomini ricorrono con fiducia bovina quando tutto gli va storto nella vita, quando le altre donne li mandano a quel paese. Questi lavori diventano una pillola potentissima per la fiducia del maschio, inteso come stereotipo, è più gratificante di tutto, più del fatto che sono padroni nell’azienda, padroni di toccare le loro dipendenti o colleghe, di sfruttarle, di insultarle o licenziarle.
    Non ci sono soluzioni ovvie, né facili, naturalmente, la clandestinità è sempre un danno da evitare in tutti i casi anzi da condannare decisamente, e così anche, soprattutto, la criminalizzazione delle prostitute, interessante forse è l’esperimento svedese, se vero, che punisce e fa pagare solo i clienti, nessuna multa, nessuna sanzione per le lavoratrici del sesso, ma pubblico esposizione, multe salate e carcere per chi compra, per chi vuole essere rassicurato. Insomma se il maschio è in crisi facesse sesso da sé, andasse dallo psicologo, ma sarebbe bello che si togliesse dalla testa che ci debba sempre stare la mamma a ricordargli che è virile, potente e superiore. Perché ci tengo a ribadirlo la colpa di tutto ce l’ha il capitalismo e il patriarcato, oltre che la gran massa di persone violente, le donne in questi casi cercano semplicemente di ragionare e decidere per il loro bene, ognuna con il proprio pensiero, che si spera sia libero da condizionamenti purtroppo molo forti.
    E per finire, se proprio non si può sfuggire dalla gabbia del sistema, (fermo restando che il non plus ultra è che si realizzi, in un mondo senza più falsi moralismi e ipocrisie, il semplice fatto di parlare e chiarirsi e giocare, facendo ciò che piace e non sempre e solo ciò che piace alla tradizione, e in tale liberazione di pensiero in toto, si potrebbero risolvere anche i problemi dei/delle timid*, sfigat* e di chi ha un handicap, perché in una vera liberazione sessuale, pansessuale, il sesso sarebbe ovunque e a portata di mano e di tutti i cinque sensi di chiunque), si deve dire che anche le donne si sentono sole, non comprese e sono spesso non realizzate sessualmente. Va bene che siamo più autonome e intelligenti dei maschi ma non è comunque giusto. Perché non se ne parla mai? A chi si devono rivolgere le povere donne? A quando l’assistente sessuale per le donne paganti che non faccia l’unica cosa che hanno in testa i maschilisti? Perché non si riesce a e mettere su qualcosa? Prostituti (o anche prostitute) per donne a prezzi bassi, che facciano solo ciò che gli viene chiesto, questo è qualcosa su cui nessuno si batterà mai, sembra non interessare a nessuno, né a uomini, né a donne. Altro che “siamo tutte puttane” urliamo anche “vogliamo tutti puttani”. Ne abbiamo anche più diritto dei maschi che a letto fanno fatica a fare un poco di ciò che desiderano le compagne che non seguono la tradizione data. Che ci siano degli orgogliosi lavoratori del sesso che a letto facciano al cento per cento ciò che vogliono esclusivamente le donne paganti che non è sempre ciò che hanno in testa i più. Insomma una soluzione sarebbe, come per la droga, la prostituzione di stato, pagata con equità, con tanto di massima sicurezza, risarcimento danni, assicurazione, pensione, ferie etc…,riconosciuta socialmente, senza acrimonie, ma rigorosamente con quote uguali per tutt*, ovvero: offerta per maschi e femmine etero, e offerta per maschi e femmine omo, in egual misura, o si accontentano tutt* o non si accontenta nessuno e per chi vuole il brivido del proibito e del sordido, un bel parco giochi a tema ottocentesco o simili, con tanto di buono sconto, il capitalismo ringrazia (forse il maschilismo un po’ meno) e anche, per una volta, tutt* i/le consumator*, se proprio dello sfruttamento non si può fare a meno, rivendichiamolo sì, ma per tutt*, altrimenti c’è qualcosa che non torna.
    Mi spiace di essere stata prolissa, direi forse troppo, è la prima volta che scrivo ad un blog, e probabilmente non mi sono neanche spiegata bene, perché il tema naturalmente è molto, troppo complesso. Al di là di tutto il sito è bellissimo, grandioso, una ventata di libertà, forza e profondità, i commenti sempre intelligenti e sferzanti, bene, continuate così.
    Saluti, Arianna

  7. Emanuele says

    Concordo che la scelta della prostituzione è libera, e le donne che scelgono questa professione hanno diritto ad essere rispettate.
    Occorre però rispettare alla stessa maniera anche gli uomini che frequentano queste donne: per loro il sesso può essere una necessità che (purtroppo per loro) non riescono ad avere tramite un rapporto che non sia a pagamento