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Donne precarie

Stasera santoro ha fatto una trasmissione utile. Travaglio sembrava quasi fuori posto dato che se non parla di galera non si sente a suo agio. E non si capisce se quando lui da un giudizio morale sui reati lo da sulla base del codice creato dalle leggi di un governo che non piace neppure a lui o cosa. Per esempio: se un disoccupato o una disoccupata agiscono per provare a difendere il proprio posto di lavoro sebbene violino il codice e dunque sulla carta commettano un reato per travaglio sono buoni o cattivi? Perchè c’è un gran problema ad agire nella "legalità" gestita da un governo che si fa le leggi per proteggere la propria "illegalità" quando fai la fame e hai una serie di problemi che solo i comuni mortali possono capire.

A parte questo si è parlato per tutta la sera di disoccupati e le donne erano tante e in studio c’era la direttora dell’unità che anche lei non potendo parlare di berlusconi si sentiva abbastanza fuori posto e non sapeva cosa dire, infatti alla fine di berlusconi, anche se non c’entrava un tubo, ha parlato lo stesso perchè in certi ambienti l’importante è la monotematicità. Tutta questione di coerenza.

Hanno intervistato le donne di un call center che sono fuori, finite, licenziate, donne di ogni età, molte oltre i quaranta, alcune separate, con figli, senza, comunque senza un soldo, con un destino triste, costrette a tornare a vivere con i genitori, che vivono di quel minimo di pensione che forse hanno, costrette a tornare da mamma e papà a quaranta o cinquanta anni. E dato che tante di noi sono precarie e che facciamo tutte più o meno quella fine abbiamo capito fino in fondo perchè le donne di questi tempi parlano due lingue diverse. Ci sono quelle della generazione precedente che un lavoro ce l’hanno, una condizione di stabilità l’hanno acquisita e poi ci sono le quarantenni, le trentenni che sono precarie, disoccupate, povere, costrette a farsi mantenere ancora dai genitori, che non sono in grado di consegnare alle loro figlie nessuna condizione di stabilità, tutto ciò mentre c’è in atto un disegno preciso (la ministra alle pari opportunità lo ha elaborato assieme a sacconi affinchè le donne tornino a casa a fare figli bianchi e cattolici per operare una bella pulizia etnica) che mira a fare fuori le donne dal mondo del lavoro e a consegnare l’economia agli uomini coccolati solo se appartenenti ad una precisa sfera politica e sociale. Per tutti gli altri invece niente, gli spetta lo stesso identico destino che spetta a tutti quanti, donne in testa.

C’erano le mogli siciliane degli operai di termini imerese che mancava poco dicessero che avrebbero messo i propri voti elettorali all’asta su ebay affinchè i loro mariti ottenessero di conservare il posto di lavoro. Gente in vendita, le donne a fare scudo ai tir per fermare la produzione, gli uomini in cima al tetto in una alleanza fatta di solidarietà reciproca dove conta la sopravvivenza e non le chiacchiere borghesi.

Ci è venuto in mente che Monica aveva mandato via mail un comunicato sulle donne che stanno per essere licenziate, quelle dell’Omsa, la marca di calze, che non chiude perchè c’è la crisi ma solo perchè vuole fare più soldi, dopo essersi fottuta come altre imprese italiane incentivi e contributi statali, ovvero i nostri soldi, delocalizza in serbia dove le operaie costano 300 euro l’una invece che 900 per il lavoro di tutta la giornata per tutta la settimana per tutto il mese.

Monica è una consigliera provinciale testarda e su questa storia sta provando a fare qualcosa. Difficile riuscire ma intanto è tra le poche che tirano fuori di queste notizie in un sistema dell’informazione italiana che offre prime pagine alle dichiarazioni del premier, a bertolaso, a loro amici e parenti ma nulla sulle tante donne e sugli uomini che a natale non hanno comprato niente di niente a dispetto delle vetrine e dello sfoggio fasullo di splendori dell’economia italiana che si è fatto nelle reti mediaset.

La crisi c’è, gli sciacalli pure, la gente, noi, abbiamo dei gravi problemi economici e siamo soli e sole. Perchè al governo c’è chi copre i debiti alle grandi aziende, chi offre soldi a chi ce li ha già, chi rimpinza le banche che appena non gli paghi una rata del mutuo ti pignora la casa, i mobili, la vita, ma non c’è nessuno che si occupi dei nostri problemi.

Tutta la nostra solidarietà alle donne che lottano per il posto di lavoro, a quelle che l’hanno perso, a quelle che devono tornare dai genitori, a quelle che sono costrette a restare con mariti violenti perchè non sanno dove andare, a quelle che non hanno alternative alla strada e finiscono a dormire in una stazione ferroviaria, a quelle che vengono ricattate, violentate, molestate per un posto di lavoro e naturalmente a tutti gli altri, i poveri, quelli ricattati, quelli impoveriti, i disoccupati, quelli sfruttati, licenziati, perseguitati per un tozzo di pane, deportati dopo una raccolta di arance.

Vi lasciamo al comunicato: 

Monica Perugini consigliere provinciale COMUNISTI SINISTRA POPOLARE sugli sviluppi della vicenda OMSA FAENZA
 
Chiusura totale, senza nemmeno passare dagli ammortizzatori sociali.
Subito in mobilità e smembramento del sito produttivo di Faenza: è
questa la proposta di Golden Lady che mercoledì 20 i dirigenti del
gruppo hanno presentato nella sede faentina di Confindustria alla Rsu e
ai sindacati ed alla città che si  sta mobilitando  per difendere il
posto di lavoro di 320 operaie e la produzione locale dello storico
marchio sorto proprio in Romagna e poi acquistato dalla famiglia
castiglionese di Nerino Grassi che oggi vuole delocalizzare in Serbia
dove lavoro, trasporti e servizi costano assai meno,  così come sono 
assai inferiori diritti e garanzie dei lavoratori.
Anche lo stabilimento di Gissi in Abruzzo trema perchè Grassi ha
acquistato in Serbia dove avrebbe assunto 1800 lavoratori: per Mantova
la vigilanza è d’obbligo in quanto, in simili condizioni, Castiglione
sarebbe costretto a fare solo il magazzino: per una simile, ridotta
attività infatti  basterebbe la metà del personale. Non si conprende
quindi il silenzio dei sindacati castiglionesi che non hanno ancora
dimostrato la loro solidarietà alle operaie di Faenza e preso posizione
sulle intenzioni di Grassi che nel confronto faentino ha gettato la
maschera, mostrando qual è il vero volto dell’imprenditoria anche
nostrana, di fronte ad una crisi troppo spesso usata per massimizzare i
profitti e liberarsi di chi ha lavorato in linea una vita e viene 
sacrificato a prescindere da qualsiasi considerazione, compresa la
vicinanza non solo geografica.
I comunisti di Sinistra Popolare hanno presentato un ordine del giorno
in consiglio provinciale a sostegno della proposta di mantenere in
Italia le produzioni, impendendo le delocalizzazioni, mostrando anche
la solidarietà delle istituzioni  ai lavoratori di OMSA e NUOVA PANSAC
in lotta per il posto di lavoro.

Posted in Anticlero/Antifa, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà.


One Response

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  1. Aubrey says

    Parafrasando il post ufficiale direi “stavolta il blog
    sembra quasi fuori sintonia dato che se quando parla di Travaglio e Santoro non li denigra come giustizialisti e forcaioli non si sente a suo agio. E non si capisce se quando non lo fa è per mancanza di appigli o per sincera convinzione”.

    Scherzi a parte, una riflessione:
    è possibile che ogni volta che si tratta la questione della perdita di lavoro non ci si soffermi mai a pensare che non si tratta solo di casi o di corruzione, ma che è proprio il sistema ad essere sbagliato? Mi spiego: al di là del fatto che i cosiddetti “capitani coraggiosi” della nostra imprenditoria sono per lo più una cosca di intrallazzatori (se va bene) con meno scrupoli dei mafiosi stessi… ma anche laddove ci si trova davanti ad un piccolo o medio imprenditore che si muove sul filo dell’onestà e cerca di avere sott’occhio tutti gli aspetti corollari all’amministrazione della sua ditta, il concetto resta sempre quello del “maggior profitto al minor costo”. Se oggi vendo un paio di scarpe a 150,00 € che me lo fa fare di venderle a meno per venderne di più? Poi mi tocca anche produrne di più, cioè lavorare di più! Finché c’è ancora qualcuno che me le compra a 150,00 € coprendomi da solo tutti i costi io le continuo a vendere così, anzi, finché trovo chi le compra man mano aumento anche il prezzo.
    Se invece le vendo a meno magari molta più gente le compra, ma anche ammesso (e non concesso) che il mio guadagno totale sia lo stesso in entrambi i casi (nel secondo secondo me si finisce per guadagnare di più, sulla quantità) il risultato visto dall’altra sponda (quella del consumatore, della società civile) sarà che molta più gente avrà potuto permettersi un paio di scarpe, e magari che molta più gente dovrà lavorare per produrle, portando più stipendi e velocizzando la produzione.

    L’esempio concreto che porto non posso dire da dove viene, ma dove lavoro io ci sono state polemiche anche a mezzo stampa sugli stipendi dei dirigenti (molto alti, considerato che il lordo mensile va dai 9.000 ai 15.000 € a testa), e la difesa è stata “ma il numero dei dirigenti è diminuito di quasi la metà, per cui sono aumentati i carichi di lavoro su quelli rimasti e abbiamo dovuto aggiungere ai loro stipendi le relative competenze”. Dico io: ma facendoli lavorare a stipendio dimezzato (e basterebbe anche meno per una vita più che dignitosa) e lasciando -volendo- carichi minori di lavoro a testa (così lo farebbero anche meglio) non si dà da mangiare al doppio di famiglie?