– Mio marito è gay! – Me lo dice senza guardarmi negli occhi. Poi solleva lo sguardo per cercare la mia reazione.
– Perchè lo dici proprio a me?
– Perchè tu queste cose le capisci…
Passi tutta la vita a barcamenarti tra donne "normali" che ti osservano come fossi un esperimento da laboratorio riuscito male, che ti ricordano ogni giorno quanto loro sono fortunate ad essere fondamentalmente "semplici" e "senza pretese" e che quasi ti compatiscono quando ti dicono che sei una specie di genio, una che ha la visione d’insieme, quando ti vedono come fossi una sorta di sfigata cronica come il protagonista dell’ultimo film di woody allen "Basta che funzioni", una visionaria che se l’azzecca è perchè non ha un cazzo da fare, invece loro con famiglia e tanti figli non finiscono mai di faticare.
Ti sei chiesta tante volte quanto è grande il confine tra l’essere donne "semplici" ed essere semplicemente donne incapaci di andare oltre il proprio naso. Ti dettano norme sull’estetica, sulla pettinatura, sul modo di esistere, di fare, di muoverti. Ti rimproverano se tu sei troppo sicura di te perchè questa cosa rivelerebbe una spocchia eccessiva che toglie "femminilità". Stai ferma a contemplarle ogni volta che vengono a trovarti per insistere in un rapporto del quale neppure a loro frega niente, sentendoti in colpa quando preferisci non perdere tempo e leggere un buon libro invece che stare a sentire piagnistei continui alternati a fasi di autoesaltazione in una schizofrenia spesso intollerabile. Fai tutto questo e oltre fino a che non arriva il momento della resa dei conti.
Solo allora capisci perchè hanno insistito a chiamarti per le feste comandate, a venirti a trovare sebbene non fossero state invitate, a cercarti per raccontarti di cose delle quali sapevano bene che non ti fregava niente. Lo hanno fatto perchè quando non sanno dove andare, non sanno con chi parlare, non possono usare nessuna delle loro abituali "conoscenze" formali per parlare davvero di se’, vengono da te perchè "solo tu puoi capire". E in quel caso non sai se devi spararti un colpo in testa o saltare la fase ipocrita della lusinga.
– Non ho capito qual è il punto…
– Te l’ho detto. Mio marito è gay. – E’ disperata e non capisco esattamente cosa devo fare.
– Negli ultimi anni hai passato il tempo a dire quanto fosse perfetto il tuo matrimonio anche se era chiaro che avevi dei problemi…
– Che problemi?
– La tua vita sessuale aveva dei problemi…
– E tu come facevi a saperlo?
– Perchè ogni volta che io ti parlavo della mia vita sessuale mi tiravi una tiritera sulle meraviglie del matrimonio e dell’affidabilità del maschio.
– Si, ma io non volevo offenderti.
– Ma non sto dicendo questo. Dico solo che si vedeva lontano un miglio che avevi dei problemi perciò non capisco se sei disperata perchè tuo marito non ti permette più di portare avanti la finzione o non so…
– Sei ingiusta…
– Ingiusta? Sei stata con un uomo per 10 anni facendoti scappare solo qualche volta che era un rapporto senza passione, lo chiamavi "uomo freddino" e poi cercavi l’aspetto positivo della faccenda e elencavi i suoi comportamenti repressi come se fossero grandi pregi. Ti sei tenuta un marito che non ti desiderava e non ti faceva sentire una donna amata per pura convenienza, per rispetto delle convenzioni sociali…
– Non è vero. Io lo amavo.
– Davvero? E tutte le volte che dicevi di essere una donna sfiorita, che non capivi perchè andare avanti, che cercavi modi alternativi per compensare il vuoto della tua vita affettiva?
– Ma abbiamo due figli. Come faccio a portarli avanti da sola?
– Essere gay non significa smettere di amare i figli. Che male c’è?
– Non c’è niente di male ma lui se ne vuole andare. Non vuole più restare qui. Ha chiesto il trasferimento perchè qui la sua famiglia, la gente, tutti lo farebbero stare male.
– Decidi cosa fare. Puoi trasferirti anche tu per permettere ai tuoi figli di vedere suo padre o puoi dire a lui che i suoi figli vengono prima di tutto.
– Non so cosa devo fare. Ma ti giuro che non lo sapevo.
– Non lo sapevi? Ne sei sicura?
E la discussione continua sui perchè e i percome un uomo "diventa" gay come se si convertisse ad una religione o gay lo era da "sempre" anche se il sempre equivale ad un destino privo di capacità di autodeterminazione.
Lei continua a parlare e dice che quando era piccolo lui ha vissuto un paio di situazioni di "molestia" da parte di uomini. In entrambi i casi si è vergognato di ammettere che gli era piaciuto. Continuando con le chiacchiere è riuscita a dire che lui non era poi così piccolo, aveva 15 e poi 18 anni, una madre oppressiva che gli diceva che i pensieri impuri erano frutto del demonio e una vita sessuale disastrosa, fatta di eccessivo controllo, senza abbandono e spontaneità perchè se reprimi una emozione per paura di farti male sei represso per tutta la vita.
Descrive un uomo pieno di ansia e di paure che si ostinava a voler essere esclusivamente "etero". Il suo rifiuto rasentava l’omofobia e a lei faceva comodo che lui da quel torpore non si svegliasse mai.
Poteva continuare all’infinito, lui incastrato nella sua prigione e lei intrappolata assieme a lui per paura della vita, di una vita in cui l’amore è più rischioso, con più incertezze.
In un attimo di lucidità lei mi dice che suo marito la faceva sentire più sicura. Come può un uomo che non ti desidera, non ti vuole, non ti ama fino in fondo, farti del male?
Non può. O almeno questa era la convinzione che prestò si rivelò sbagliata. Soffriva da anni chiusa in un rapporto in cui lei disperatamente chiedeva amore e lui disperatamente non era in grado di darlo.
– Dovresti essere contenta. E’ finita! – le dico.
– Io sono sola. Non sono contenta. Ho due figli e non mi vorrà nessuno.
– Ti tenevi un marito che non ti amava per paura di restare sola? Per insicurezza? Perchè pensi che non ti vorrà nessuno?
– …
– Dovresti superare da sola le tue paure. Non hai bisogno di un marito-comparsa chiuso nella sua vigliaccheria. Non hai bisogno di sollecitare la sua paura per la tua vigliaccheria. Ricomincia a vivere. Curati, truccati, fai tutte le cose che piacciono tanto a te, liberati da un po’ di orpelli e smettila di fare la vittima.
– Non è semplice…
– No. Infatti fare la vittima dentro un rapporto sbagliato è la cosa più semplice. Le crisi di abbandono, le insicurezze, le paure, ti torna tutto indietro se lui ti dice che è gay perchè non puoi più prendertela con lui…
– E se lo fa perchè vuole lasciarmi?
– E’ possibile. Ma guarda che il sesso è un fatto chimico. Non ha niente di dogmatico. Se domani dovesse incontrare una donna che gli fa sangue è possibile che gli vada a genio.
– Allora non gli piacevo io?
– Lui piaceva a te? Ti faceva sangue? Ti attraeva?
– Non lo so. Forse no. Ma quelli che mi attraevano mi hanno fatto soffrire…
– E questa è l’unica verità che ti serve per andare avanti. Ti sei rifugiata in un rapporto "freddo" e "sicuro" perchè hai avuto paura di farti male e nel frattempo anche tu hai smesso di vivere…
– Io non sono come te. Non so reinventarmi. Faccio la mamma, sto con la mia famiglia, curo mia madre e ho un lavoro che non mi piace.
– E va bene. Ti sei rilassata dieci anni e ora devi rimetterti a combattere. E’ questa la vita, no?
– Tu ci provi gusto a soffrire…
– No. Io ci provo gusto a vivere. I rapporti che sanno di morte mi fanno un po’ schifo.
Mi rendo conto di usare quel momento per realizzare il mio riscatto, la mia rivincita personale. Lei è lì, vulnerabile, e finalmente posso dirle quanto io sono "superiore" a certi atteggiamenti, ad un certo modo di vivere, a lei. Io sono quella giusta e lei quella sbagliata. Mi vengono in mente le tante volte in cui avrei avuto bisogno anch’io di aiuto, di chiacchiere autentiche, di una amica che fosse stata in grado di dirmi con chiarezza le cose che mi servivano. Mi è venuto in mente che in fondo la mia vita è fatta anche di miserie e fallimenti e che quella donna fragile, il cui mondo stava andando in frantumi, meritava meno presunzione e arroganza. Mi è venuto in mente che stavo sprecando l’unica occasione in cui avrei potuto stabilire un rapporto vero con lei perchè ero io a non essere vera.
– Scusami. Io non sono nessuno per giudicarti. La mia vita è un casino. Tu hai fatto una scelta e nel bene e nel male l’hai portata avanti. Io non ho mai avuto tanto coraggio. Sei una gran donna, coraggiosa, umile, che non ha avuto paura a manifestare disorientamento. Mi dici che stai soffrendo e ti sto dicendo che è colpa tua…
– Non ti devi scusare. Avevo bisogno di questo, altrimenti non sarei venuta da te. Io credo che mi sottovaluti. Non sono come te. Ho bisogno di sicurezza, non so vivere nel caos. Ma ho passione e sono viva. E io prendo delle cose che dici solo quello che mi serve e quello che mi hai detto mi è servito.
Se ne va dopo un caldo abbraccio. Ha una andatura più lesta e le spalle più dritte. E’ più sicura di se’ come se avesse preso una grande decisione. Io mi sento stremata perchè è così che ti senti quando devi fare il muro contro cui rimbalzano le consapevolezze altrui. Devi essere tanto forte per rimandargliele indietro e altrettanto forte da non spedire assieme a quelle anche cose che fanno stare bene solo te.
Dici cose che le altre vogliono sentirsi dire, diventi la voce della loro coscienza, l’osservatrice che materializza le immagini della loro vita e devi stare attenta a starne fuori. Ti senti usata ma stai usando perchè da tutto ciò trai una enorme gratificazione e se hai fatto bene il tuo lavoro hai guadagnato una amica. Una vera amica. La prossima volta sarai tu ad aver bisogno di lei. Neanche a dirlo: anche l’amicizia è una relazione complicata.
(commozione)
[che dire? Dàje, a tutt’e due]
un pezzo bellissimo.
mi ha fatto riflettere e mi ha commosso, ma forse è una parola che intende qualcosa di troppo manifesto…diciamo che si è mosso qualcosa, dentro e molto lontano dalle sacche lacrimifere, o come accidenti si chiamano.
anche io ho avuto un’amica così, solo che era lesbica e cattolica, monogama e pragmatica, attaccata alla famiglia ed era la mia ab tenebris lux.
è finita.
forse non ho fatto bene il mio lavoro.
le amicizie sono relazioni molto piu complesse delle relazioni amorose, almeno per te…e ringrazio l’autrice (non so mai con certezza a chi rivolgermi) di avermi dato l’ennesimo punto di vista. anche se mi ha intristito.
buona notte compagna.