http://www.youtube.com/watch?v=IvRFl0raLZc
Il trailer è in giapponese e dunque non capirete un’acca. Però potrete osservare le immagini, il tipo di animazione usata e ascoltare la musica.
Per recensioni da "intenditori" vi rimando qui e qui. Per quello che mi riguarda so soltanto che la storia è tratta da un libro di Hiroshi Mori e la regia è di Mamoru Oshii.
Di Anime avrete sentito parlare anche voi. Sapete che è il tipo di animazione che ha invaso il mercato mettendo in difficoltà la concorrenza disney. I personaggi di questo film di animazione somigliano un po’ a quelli del primo goldrake. Corpi quasi del tutto asessuati, espressioni severe e vento a spettinare l’eterno ciuffo che copre l’occhio.
A pensarci bene ricorda vagamente il look dei Dari e solo per averli citati chiedo venia alla mia figliola che continua a scuotere la testa e a dirmi che "se tu hai sopportato il mio periodo dark io posso tollerare il tuo periodo emo…". Per inciso io non so neppure che diamine sia un’emo. Volevo solo dire che mi ricorda il look di una generazione più recente che con quei film animati è cresciuta e che in qualche modo si pettina e colora come i giovani nipponici.
Dicevo del film. Di una lentezza sconvolgente. Mi sono addormentata tre volte mentre i miei compagni di visione mi pizzicavano per tenermi sveglia.
Il ritmo è allucinatorio, ipnotico, alienato. La musica minimalista, stesso giro di note che si ripete all’infinito. Le immagini spesso si ripetono e rappresentano abitudini che anch’esse si riproducono. Solo alla fine, se riesci a sopravvivere, capisci che tutto ciò ha un senso.
A quel punto ti è chiaro che chi ha scritto la storia è un genio e chi ha cercato di rappresentarla attraverso l’animazione non è da meno. Di sicuro non c’è nulla di banale e provo a dirvi il perchè.
E’ una storia senza luogo e senza tempo, con un luogo e un tempo non percepito dai suoi protagonisti, i kildren, associazione tra killer e children, eterni adolescenti brevettati per uccidere i quali possono morire solo in battaglia aerea. Sono piloti che appartengono ad uno dei due gruppi di simulazione di una guerra transeuropea, Rodstock, che intrattiene i cittadini con scene in 3D e visualizzazione di ogni fase delle battaglie, obiettivi e nemici inclusi.
E’ il tempo in cui la guerra non c’è perchè tutto è oramai regolato dalle leggi di mercato e bisogna dare comunque l’impressione che un conflitto vi sia perchè nessuno abbia la tentazione di farlo esplodere autonomamente. Un modo per tenere a freno istinti di ribellione attraverso la paura e di proporre il tranquillante della flotta armata pronta a farsi uccidere per difendere i cittadini.
A questo scopo la Rodstock, uno dei due pezzi della guerra privatizzata, fornisce piloti replicanti. Morto uno ne replica un altro esattamente identico, con eguali caratteristiche fisiche ed eguali capacità. La storia è dunque immobile perchè immobili sono i suoi personaggi. Immobile la routine di voli, battaglie, sconfitte, in cui l’unico elemento di eccitazione è rappresentato da una sorta di nemico "imbattibile" che è entrato nel mito riuscendo a superare l’età adolescenziale per approdare a quella adulta..
In questa paralisi alienata ed emotiva i personaggi si muovono come se dovessero morire il giorno dopo e dunque bevono, fumano e fanno sesso con chi gli pare con la disperazione tipica di chi non trova un obiettivo per il futuro.
La frase che chiude il film, che vi suggerisco di vedere al di là della striminzita e banale sintesi che io vi ho fornito, indica che puoi ripercorrere la stessa strada mille volte ma puoi farlo da mille angolazioni diverse ed è con questo invito ad essere curiosi per la propria quotidianità che l’autore e il regista si rivolgono alle nuove generazioni di giapponesi a loro avviso incastrate in questa modalità senza tempo.
Di Giappone non ne so molto a parte quel poco che ho appreso chiacchierando di aikido con chi lo pratica, però se devo fidarmi di amelie nothomb, scrittrice belga che adora il giappone al punto tale da scegliere di abitarci, trovo che sia più vivo di quanto è descritto in questo film. Non posso saperlo. Posso prendere spunto dai film di Takeshi Kitano, o anche dal film di wenders Fino alla fine del mondo o di quello di sofia coppola Lost in translation. Negli ultimi due casi si sbircia il mondo di tokyo e quello che sorprende è l’alineazione nella velocità. Ma il giappone non è solo tokyo e, dico una banalità, mi lascerò raccontare il giappone da chi giapponese lo è di nascita.
Mi resta una curiosità: non so assolutamente niente dell’autore della storia, Hiroshi Mori, che sembra averne scritte altre. Per quello che trovo online sembra non esserci nessun suo titolo tradotto in italiano (invece abbiamo una innumerevole quantità di titoli idioti di americani senza un briciolo di originalità). Se mi regalate qualche notizia sarà gradita.
Di Mamoru Oshii so che ha fatto ghost in the shell, lo spirito nel guscio, invece questo Hiroshi Mori non l’ho mai sentito nominare.
Cercherò di ricordare the Sky Crawlers.
P.S. ma i commenti sono moderati? Forse adesso non ha più molto senso moderare i commenti.
http://it.wikipedia.org/wiki/Google_Sidewiki
Comunque complimenti per il blog, sempre molto carino e informato.