L’art. 19 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dice:
"Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di
espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria
opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee
attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere."
L’art. 21 della nostra costituzione italiana tra le altre cose dice:
"Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione."
Giusto quest’anno di libertà d’opinione e di stampa si è parlato tanto. C’è chi ha persino organizzato una manifestazione sostenuto dal gruppo "No guinzagli" che faceva la stessa campagna di difesa di tali diritti via web promuovendo uno sciopero virtuale di siti e blog.
Chi, fino ad ora, ha messo in discussione questi principi basilari di ogni democrazia?
Innanzitutto la destra con provvedimenti o proposte di provvedimenti mirati alla censura e al controllo dei contenuti che sono pubblicati in web. Una di queste proposte insisterebbe sul fatto che i blog devono essere equiparati a degli organi di stampa veri e propri, cosa che non è. Ci sono poi proposte che sono dedicate all’oscuramento di interi social network, come quella del senatore d’alia e altre proposte che mirano a "moralizzare" il web ponendo veti e censure sulla base di criteri che rispondono ad una mentalità bacchettona e moralista. Ci sono quelli che vorrebbero introdurre l’obbligo per i blog di rettificare entro un tempo limite di 48 ore. Ci sono quelli che vorrebbero limitare la libertà di opinione e di critica ampliando il reato di "apologia" o addirittura di "istigazione". C’è persino chi vorrebbe moderare il linguaggio in una baruffa che coinvolge abbonat* all’accademia della crusca e periferici delle metropoli sfasciate. Conservatori e conservatrici frequentano il web unicamente per renderlo un luogo dal pensiero unico, in cui il pluralismo non piace e viene dedicata tanta energia per abbattere chiunque non la pensi allo stesso modo.
A parte le proposte di controllo, violazione della privacy e censura, che sono in discussione a proposito del web, in ogni caso la legislazione per il momento ci mette in condizioni di poter esprimere liberamente le nostre opinioni salvo il caso in cui diffamiamo, ovvero diciamo cose false per rovinare la reputazione di una persona. Accanto al reato di diffamazione c’è quello che parla di ingiurie, offese, insulti lesivi della dignità della persona.
Si diffama qualcuno nel momento in cui si dice qualcosa di falso che non è comprovato da documenti, fonti o testimonianza diretta. Non si diffama qualcuno se si esprime una opinione su una azione, un fatto, una dichiarazione, una posizione politica resa pubblicamente. La opinione o la critica non possono considerarsi "diffamazione". Diffamazione sarebbe se si dicesse che l’onorevole leghista è un razzista ed esprimeste una opinione in questo senso senza avere prova che egli effettivamente ha detto o fatto qualcosa che vi può portare a quella conclusione. Diffamazione sarebbe se si dicesse "quella tal posizione politica non è condivisibile per questo e quest’altro motivo" senza partire da una posizione politica espressa in modo chiaro. L’assunto è che non si diffama qualcuno se si commenta quello che ha fatto o quello che ha scritto o persino quello che non ha fatto, chiarendo che non l’ha fatto e per ciò stesso sottoponiamo a critica la "non azione" politica. Si diffama se ci si inventa ciò che ha fatto per sostenere una posizione di un certo tipo. In ogni caso chi si sente diffamato può usare lo spazio commenti o uno spazio di pubblicazione come luogo a garanzia del diritto di replica ed esigere rettifiche che se avverranno garantiscono comunque alle parti uguale diritto di esistenza.
Tipico di chi vuole censurare qualcuno con l’accusa di diffamazione è il metodo di smentire le proprie stesse affermazioni pubbliche, di negare l’evidenza, di esigere numerose testimonianze a riprova del fatto, di sostenere che c’è premeditazione, che c’è un complotto che annulla la prova regina ovvero il fatto in se’. Per esempio: se berlusconi denunciasse per diffamazione chi ha commentato le sue battute sessiste qui e la’ lui si difenderebbe dicendo che non le ha mai dette, che la stampa è comunista, che l’interpretazione è parziale, che il sonoro non va bene, che la pronuncia è stata travisata e che l’audio era disturbato. A questo servono le continue smentite che lui fa per ogni scemenza che dice. Servono precisamente a comprovare la parzialità di chi lo accusa, lo giudica, commenta ed esprime critiche ed opinioni. Non c’è modo migliore per abbattere le critiche alla radice che sostenere che la motivazione di partenza criticata non sia vera. Questa argomentazione è legalese puro, è un modo per non assumersi responsabilità pubbliche rispetto a ciò che si è detto o fatto. E’ un modo per sfuggire alla critica come se fosse possibile sfuggire alla critica quando si assume un ruolo pubblico. Proprio per questo diventa quasi necessario a volte assumere "prove" in video o su materiale scritto.
In questo ultimo anno in cui la situazione politica in italia è diventata decisamente autoritaria, il conflitto politico è stato forzatamente spostato spesso in sede giudiziaria. La denuncia per diffamazione è diventata la lupara della mafia contadina, è una intimidazione, è un modo per fare tacere sotto il ricatto di un processo che dura del tempo e implica spese e in un rapporto di forza tra chi ha più potere e chi ne ha meno si rischia di essere totalmente "uccisi" in termini economici. Questo è quanto è avvenuto con giornalisti e militanti antimafia, per esempio, per i quali non è stato più necessario ordinare l’omicidio che a quel punto si è compiuto definitivamente in tribunale attraverso una richiesta di risarcimento danni che ha succhiato la vita di chi non aveva sufficienti potere e soldi per spuntarla. Spostare il conflitto in sede giudiziaria è una cosa che ha una grande coincidenza quando l’organizzazione politica che viene apertamente criticata usa la pratica giudiziaria come alternativa al dibattito politico.
Berlusconi, come sapete, ne è l’esempio più evidente. Non è possibile esprimere una opinione sul suo operato politico senza avere a che fare con mavala’ ghedini. La stessa cosa si può dire con forza nuova. Non è possibile proiettare il video nazirock o criticare apertamente l’operato politico di quella organizzazione che si intimano immediatamente azioni legali. Lo stesso ancora si può dire della mussolini che ha tentato in tutti i modi di bloccare l’uscita del film "francesca" in cui si critica apertamente il suo pensiero razzista a proposito dei rom.
Caso più eclatante però, dicevamo, è stato quello di repubblica e l’unità, la prima che riceve ben due querele, una sulla vicenda delle domande e delle escort e l’altra più recente sui servizi a proposito dei legami tra berlusconi e la mafia, la seconda perchè ha pubblicato notizie e testimonianze che sarebbero riferite alla funzionalità del presidenziale pene.
Per questi motivi, come si diceva, tante persone sono scese in piazza a sostenere che il limite tra libertà d’opinione e la diffamazione non è così confuso come si crede.
Si può forse sostenere che chi critica l’operato politico di berlusconi voglia diffamarlo? Siamo noi a dare una cattiva immagine di lui o è lui che compie degli atti legittimamente criticabili?
Se tanti spazi in web pubblicano opinioni e critiche circa l’operato razzista di questo governo dovrebbero essere censurati in blocco per questo o non si dovrebbe piuttosto dire che qualunque tentazione di censura è assolutamente segno di una mancanza di libertà nel confronto tra le parti?
Chi teme che si esprima una libera opinione? Chi ha interesse a censurare le critiche altrui?
E il fenomeno, contrariamente a quanto si crede, è anche più diffuso di quanto non si pensi perchè la mentalità giustizialista sovrasta le parti e all’occorrenza diventa bipartisan e bigender.
Ci riferiamo per esempio alle denunce fatte da arcigay a graziella bertozzo e elena biagini, di facciamo breccia, in occasione del pride 2008. Si parla di un altro contesto comunque sempre di tipo politico. Ed è stata una situazione nella quale al confronto politico arcigay ha preferito l’uso della polizia, che ha ammanettato e portato in questura graziella bertozzo, e di un tribunale che dovrebbe stabilire le sorti delle due compagne ree semplicemente di voler portare uno striscione con su scritta una "idea" sul palco del pride.
Quell’episodio ha chiarito fino in fondo come sia possibile che gruppi strutturati nati e cresciuti nel centro sinistra possano diventare tendenzialmente securitari e lasciarsi tentare da pratiche autoritarie.
Più recentemente le tentazioni di censura hanno riguardato, più spesso sulla spinta della destra, un vignettista e un disegnatore di fumetti: vauro e alessio spataro. Qui siamo lontani dal terreno dell’informazione e siamo più sul terreno dell’arte che come è noto lascia libertà d’espressione a chi narra, espone, disegna, racconta. Dicevamo dei due disegnatori: il primo per aver prodotto la famosa vignetta con le bare subito dopo il terremoto in abruzzo e il secondo per aver creato il fumetto la "ministronza" dedicato alla ministra meloni.
Meno recentemente la censura ha riguardato la guzzanti che per quanto oramai monotematica in ogni caso è stata zittita perchè osava fare satira su berlusconi. Nello stesso periodo berlusconi si liberò di luttazzi, che rimpiangiamo molto di più, e di un bel po’ di giornalisti, biagi e santoro in testa.
La scure sulla libertà di espressione e sul diritto di cronaca non ha ancora ultimato il suo giro e minaccia di abbattersi su vari luoghi, persino quelli insospettabili.
E’ diventata quasi una abitudine immaginare che l’opinione politica così come il diritto di cronaca, ovvero quel diritto che lascia a chi presenzia un evento di raccontarlo come l’ha vissuto, debbano essere soggetti a censura.
Come dire che se non vuoi subire pressioni e ricatti devi scrivere sotto dettatura, non devi fare domande, non devi avere dubbi, non devi criticare, non devi fare altro che scrivere sotto imposizione (dando persino a vedere che condividi appieno!) o fare circolare le veline, quelle antiche, volute da mussolini, i comunicati visti e ripuliti dall’ufficio stampa del duce.
Come dire che nell’arte c’è qualcun@ che tenta continuamente di limitare la libertà d’espressione immaginando di poter configurare il reato di diffamazione dove c’è libertà di narrazione e rappresentazione degli eventi.
Questo è quello che accade. Questa è la situazione attuale. Una situazione che vediamo riprodotta ovunque, nei movimenti, tra uomini, tra donne, in situazioni in cui alla critica politica e alla libertà d’opinione si risponde con attacchi pesanti, personali o collettivi. In una situazione in cui alla minaccia di censura non si dovrebbe neppure replicare come se bastasse quella a fare stare zitt* centinaia, migliaia, milioni di persone.
La censura è volontà di controllo delle opinioni altrui. La censura è esercizio di orientamento delle opinioni. La censura equivale alla volontà di indottrinamento delle persone, come avviene in ogni totalitarismo.
Chi censura non può che aspettarsi che qualcun@ smascheri quella censura e di sicuro poi non può prendersela perchè è svelato il suo disegno e la sua natura.
Grande rispetto dunque per chi in questi ultimi anni ha trascorso il tempo girando per l’italia, diffondendo materiali scritti e video, parlando con la gente per raccontare, per svelare il disegno autoritario che sta dietro la politica di questi anni. Perchè chi vuole dominare come prima scelta elimina i liberi pensatori. Altrimenti i grandi intellettuali esistiti nel periodo fascista non sarebbero finiti in galera prima di tutti gli altri.