Zeroviolenzadonne è tornata dopo le ferie con le sue rassegne stampa e con questa vignetta che trovo necessaria ed eloquente.
Altrove c’è chi continua a raccattare interventi per legittimare la discesa in campo delle donne zombie del pd resuscitate per via degli esercizi sessuali del premier. Hanno tirato fuori la testolina dalla tomba nella quale avevano seppellito la loro anima femministeggiante o quella di binettiana memoria e guardandosi intorno hanno detto "uh, dove sono le donne?".
Sfugge loro che le donne non stanno in prossimità dei camposanti se non per necessità. La battaglia si fa altrove. Basta allontanarsi dalle zone morte e recuperare il senso di lotta delle creature vive, quelle che esistono davvero e non soltanto sulle pagine dei giornali.
Oltretutto la vera lotta la conducono le donne dentro casa ogni giorno, nel tentativo di percorrere nuove strade, di affrancarsi dalla schiavitù, di recuperare autonomia rischiando la loro vita (eccole le loro tombe che urlano e testimoniano esistenza piena mentre le signore borghesi chiacchierano annoiate sotto l’ombrellone a proposito di un concettuale silenzio delle donne) mentre si trovano di fronte un esercito di gente, donne del pd comprese, che le ricacciano indietro.
A questo proposito è interessante leggere l’intervento degli avvocati matrimonialisti pubblicato oggi su il messaggero e poi dare un’occhiata alla proposta di legge sul lavoro delle donne per cui le rappresentanti del pd starebbero raccogliendo le firme.
Nel primo caso si conferma quanto noi abbiamo sempre detto. Al di la delle parole nessuno fa niente e gli strumenti legislativi esistenti stanno ben attenti a non occuparsi della famiglia. "Tra moglie e marito non mettere il dito" diceva un detto che vale fino ad ora. Ogni legge proposta o approvata si occupa di ciò che avviene fuori. Resta attualmente impossibile far valere una denuncia di stupro se avvenuta all’interno del matrimonio, lasciare un uomo che ti massacra senza essere costretta ad affrontarne le conseguenze, rifarsi una vita senza morire per mano dell’ex.
Avete mai sentito parlare di processi per stupro ai danni di mariti? E di possibilità di denuncia di stalking a carico del coniuge? E di obbligo di allontanamento del coniuge violento in caso di percosse e maltrattamenti? E di alternative sociali – reddito, lavoro e casa – per le donne che devono sfuggire da una situazione di violenza e non sanno dove andare?
Nulla di tutto ciò esiste. Allo stato attuale una donna che viene uccisa si scopre aver già fatto almeno un paio di denunce per maltrattamenti rispetto alle quali nessuno ha fatto niente. La carfagna è stata ben attenta a definire il reato di stalking come persecuzione molesta che avviene da persona altra, che vive lontano da te. Sarebbe interessante capire perchè l’atteggiamento persecutorio di un marito che non lascia respirare la moglie non si dovrebbe chiamare stalking. Interessante anche capire perchè nel nostro ordinamento non ci sia una gran differenza tra le nostre leggi e quelle afghane dato che le donne certo non vengono lasciate a morire di fame se non ottemperano sessualmente alle esigenze del marito ma comunque devono "consumare". Molto curioso l’atteggiamento di chi patologizza gli assassini criminalizzando l’intera categoria dei depressi quando in realtà la depressione, come ci dice celeste e d-k tra i commenti ad un altro post, è proprio ben altro.
Vi sorprenderebbe molto se vi dicessi che questa storia della depressione ha una origine precisa? Quando fu eliminato dal nostro codice il delitto d’onore e il matrimonio riparatore gli uomini che ammazzavano le donne o le stupravano si trovarono a dover affrontare un processo di omicidio o di stupro (inteso allora come reato contro la morale). I difensori di questi uomini costruirono a tavolino delle versioni che normalmente portavano tutte al riconoscimento dell’infermità mentale. "Il mio cliente non era in grado di intendere e volere, signori della corte". E fu così che passarono almeno un paio di parole d’ordine che ancora oggi scorazzano libere di condizionare l’immaginario di generazioni e generazioni di individui e individue. Raptus, gesto inconsulto, attimo di follia, aveva bevuto, era drogato, è depresso, non era in grado di intendere e di volere.
Per la legge costoro sono semplicemente persone da curare, abitualmente soggetti eccezionali che giusto in quel particolare momento, per una cattiva combinazione di coincidenze astrali hanno deciso di ammazzare una donna. Chi non è in grado di intendere e volere nel momento in cui commette un reato ha diritto ad un trattamento differente. Se ammazzi lucidamente ti spetta un tot di anni di carcere e se invece c’hai il raptus ti spettano pochi anni di terapia. Capita sovente che chi è in regime di terapia se ha dimostrato di stare meglio può tornare a curarsi a casa e questo è quanto.
Si tratta di una scappatoia, una via d’uscita, un modo per garantire agli uomini di poter fare quello che hanno sempre fatto. Motivo per cui si discute di grandi condanne solo per chi compie delitti di una gravissima efferatezza. L’assurdo è che si attribuiscono 30 anni alla madre infanticida di cogne, senza riconoscerle nessuna depressione o raptus, e poi se ne danno 10 con patteggiamento e rito abbreviato a colui che ha ammazzato una donna come se l’intento fosse più di punire un mancato adempimento di un ruolo sociale piuttosto che il delitto in se’.
Ed a proposito di ruoli che bisogna dire un paio di parole sul modo in cui le donne del pd concepiscono il welfare. Scrivono un disegno di legge sul lavoro femminile dove i dettagli che emergono dalla differenza di genere sono orientati all’adempimento di obblighi familiari e di cura. Nulla di diverso rispetto a quanto proposto nel loro "tempo di essere madri" dalle donne fasciste di casapound all’amministrazione alemanno.
Si parla di una serie di incentivi alla partecipazione al lavoro delle donne, incentivi dati per lo più a datori di lavoro che alle donne stesse.
Il primo paragrafo parla di donne atipiche, quelle che la stessa politica sulla flessibilità nel lavoro per "valorizzare la nostra differenza" ha reso totalmente precarie. Quelle che sono rimaste vittime della totale assenza di autonomia progettuale e politica delle donne del pd dai propositi liberisti con welfare basato sul lavoro di cura delle donne come ammortizzatrici sociali che molta della loro parte politica esprimeva ed esprime.
Coerentemente insistono in una direzione che la storia ha dimostrato essere totalmente sbagliata. Lo ha dimostrato la storia, ma lo dimostrano soprattutto i dati che ci dicono che le donne vengono ricacciate a badare al focolare domestico, che nessuna di noi ha voglia di part time e flessibilità perchè ci serve stabilità e sicurezza economica.
Ecco dunque le loro "nuove" e "rivoluzionarie" proposte:
– incentivi fiscali ai datori di lavoro se le loro dipendenti pagano asili nido e colf;
Una pensata che immagino riguardi una fascia precisa di donne perchè personalmente io non ho mai avuto una colf e non ho mai fruito di un asilo nido.
– incentivi a sostegno delle flessibilità oraria e del part time;
Ancora soldi ai datori di lavoro privati che notoriamente sono interlocutori comprensivi nei confronti delle donne e potendo si fregherebbero ogni incentivo possibile senza comunque garantire alcunchè. Resta comunque il fatto che le donne non vogliono flessibilità e part-time. Le donne vogliono un lavoro sicuro con le garanzie che in ogni stato democratico dovrebbero essere concesse anche in caso di maternità. Parliamo di lavoro con contratto a tempo indeterminato e del riconoscimento alla maternità senza bisogno di alcun incentivo. Perchè pagare in varie forme sempre e solo i datori di lavoro, come se ci stessero facendo un favore, invece che contribuire alla vita stessa delle donne che adempiono a questo stramaledetto obbligo di riproduzione della specie? Perchè non pensare allora ad un reddito minimo con la garanzia che vi sia l’opportunità di un lavoro certo, full time, con contratto riconosciuto? E perchè mai si parla sempre e solo di madri? E le altre?
– ancora vantaggi per i datori di lavoro con l’opportunità per chi assume nel sud di proroghe e incremento del credito d’imposta;
Cosa che apre le porte a imprenditori del nord che delocalizzano il lavoro produttivo al sud per sfruttare manodopera femminile a basso costo con l’aiuto dello stato. Come se fosse la romania.
– ancora incentivi ai datori di lavoro se si assumono donne over 35 che si sono assentate dal lavoro per un "dimostrabile" periodo dedicato alla cura della famiglia.
Se sei stata disoccupata perchè ti hanno licenziato, non hai trovato lavoro, hai studiato, ti sei riqualificata, hai avuto una perfida malattia, per te c’e’ il nulla. Il premio incentivo va al datore di lavoro che premia la concorrente che si è fatta il culo più grande con i figli, i familiari disabili e gli anziani non autosufficienti. Ovvero: dopo che ti sei fatta il mazzo per sopperire alla mancanza di servizi che lo stato non ti offre invece che ricevere una medaglia al valore, una busta paga, una pensione che attesti il valore di quanto hai fatto, ti spetta solo la concessione di un trattamento da invalida civile, di quelle che hanno diritto a lavorare come cieche al centralino perchè i datori di lavoro sono incentivati a farlo. Siamo considerate alla stessa stregua di scarti, roba da buttare, ci fanno la concessione di un incentivo consegnato a colui il quale ci raccatta dalla strada e ci offre un tozzo di pane. Che carini!
Affascinante è poi il solito capitolo sull’imprenditoria femminile che normalmente impegna tanto le donne del pd. Se non hai lavoro la loro contromossa è infatti quella di consigliarti di accendere un mutuo, svenderti tutto lo svedibile per mettere in piedi una attività autonoma che se andrà bene durerà un paio di anni e poi – schiacciata dai grandi gruppi di distribuzione di qualunque cosa e dai mega negozi in franchising – dovrai chiudere rimanendo ancora disoccupata e per di più con i debiti da saldare.
Esse ci dicono:
– che si potenziano gli strumenti, e questo corrisponde a finanziamenti più alti in quella direzione, a sostegno della formazione professionale e di promozione all’imprenditoria femminile.
Dovete sapere che la formazione in italia è un business e la formazione di gruppi umani in condizione di svantaggio lo è ancora di più. Le donne sono considerate in svantaggio e perciò già la comunità europea sborsa un sacco di euro per progetti di vario tipo la maggior parte dei quali finalizzati soltanto a mantenere in vita gli stessi soggetti che presentano il progetto senza che vi sia garanzia di nessun risultato in nessuna direzione.
Le donne che partecipano alla formazione di tipo professionale per esempio vengono quasi sempre scelte tra quelle che comunque erano state individuate dalle aziende per un inserimento nel lavoro. Altre saranno scelte sulla base del loro valore monetario: per ogni donna l’europa ti attribuisce un tot, se sei donna e immigrata vali il doppio, se sei donna e immigrata e non so vali ancora di più. Per queste donne tanti corsi si trasformano in una vera e propria perdita di tempo. Quasi nessuna di queste donne otterrà un lavoro dopo il corso e di questi corsi invece i centri per l’impiego – con incarichi esternalizzati – ne offrono tanti. Chi ci guadagna? I formatori, le formatrici, le responsabili di progetto, le coordinatrici di progetto. Le operatrici molto poco perchè guadagnano meno di mille euro mensili e sono quelle che si danno più da fare per portare a termine i progetti prima di capire che a nessuno frega nulla del fatto che li porti avanti decentemente oppure no.
Neanche a dirlo molte associazioni, gruppi, cooperative, ong, onlus che campano di questo sono targate pd (ovvero ds poi pd).
Continuiamo:
– vorrebbero che fossero riservati dei sostegni alla nascita di nuove imprese femminile.
Questa è la solita norma che non arriverebbe mai da nessuna parte. Di quelle che si mettono tanto per fare bella figura. Di fatto quando gli aiuti esistono passano di mano in mano prima di arrivare, ridotti all’osso, ai soggetti interessati. Una cosa pensata più per lasciare tracce di interessi e contante nei circuiti bancari e finanziari che non per mettere effettivamente in moto una impresa che rende autonoma una donna.
– la proposta di legge chiede di disporre la riqualificazione e il rifinanziamento del fondo nazionale per l’imprenditoria femminile;
Si parla di accesso al credito e non di regali. Di mutui, di banche che concedono prestiti e poi se li ripigliano con gli interessi. Nessun regalo. Si tratta di soldi che vanno a rifinanziare un fondo che sta chissà dove (una banca? ci mettiamo a finanziare le banche con l’alibi delle donne bisognose?), gestito chissà da chi, che finirà in bocca ai soliti o alle solite note. E ancora non abbiamo capito come questo progetto dovrebbe aiutare le donne senza lavoro dato che insiste con il dirottare soldi ovunque mentre condanna le donne a lavori di cura e le premia simbolicamente con un obolo se hanno fatto bene e a lungo le schiave del welfare formato pd.
– un paragrafo è dedicato alla conciliazione familiare.
Torna la questione del lavoro di cura e qui arriva l’unico punto decente di tutto il progetto: l’istituzione del congedo di paternità obbligatorio. Noi sappiamo bene che si tratta di forma e non di sostanza e che una cosa del genere non sarà fatta mai. Tuttavia speriamo che la società volga in quella direzione riconoscendo a noi il diritto di avere un lavoro vero.
– si parla poi di rafforzamento di prestazioni assistenziali ancora e semplicemente a favore di famiglie e figli.
Niente sulle donne, nulla sulle anziane, nulla sulle studentesse con diritto al tempo per la formazione, nulla sulle ragazze madri, nulla sulle categorie sociali che non rientrino nello schema della famiglia etero e patriarcale.
– un passaggio sulla tutela della maternità delle donne che svolgono lavoro autonomo.
E ancora sento l’aria di una punizione per chi non ha figli, non ne vuole avere, per chi non rientra nello schema. Non si capisce tuttavia perchè le lavoratrici autonome (le professioniste) dovrebbero aver diritto ad una paga per il periodo di astensione obbligatoria mentre per le atipiche invece si prevedono solo sostegni ai datori di lavoro (per farci la grazia di tenerci il posto di lavoro?).
La parte restante parla ancora di detrazioni per assistenza a bambini e anziani e di rifinanziamento del fondo per gli asili nido che non si capisce se vi sia mai stato.
Riepilogando: in tutto ciò, dunque, per l’appunto, si parla di impresa, di datori si lavoro, di reiterazione delle politiche economiche liberiste a svantaggio delle donne, di piccole medaglie sul petto alle eroine che svolgeranno il proprio lavoro di cura non per scelta ma solo perchè costrette, di mantenimento in vita per ungere quei circuiti da formazione/terzo settore che campano sulle spalle del disagio altrui (i soldi dirottati – spesso inutilmente – in quella direzione potrebbero essere messi in circolo per servizi o per rendere autonome le singole persone), di finanziamenti a destra e a manca e di un paio di passaggi che ci potrebbero essere utili.
E le donne? Non ci sono o forse in questo disegno di legge ci sono solo le donne del pd. Per tutte le altre c’è l’inferno.
Ps:
Non si capisce perchè se non si è in grado o non si vuole ripensare il welfare a partire da una prospettiva di genere (il genere non è donna=madre=badante=lavoro di cura) poi si parli di progetto di legge che dovrebbe fare bene alle donne. Se non fosse firmato da donne pd questo progetto potrebbe infatti tranquillamente essere stato redatto dalla confindustria. E mi chiedo a questo punto se ci sia una qualche differenza!.
Vediamo se il commento che ho lasciato lì passerà la moderazione, in fondo sono stato moderato e sintetico.
Lo ripropongo qui:
“Che abominio!
Invece di risolvere alla radice il problema (legge 30 del 2003 e d.lgs. 276/2003) si peggiora il tutto con ulteriori discriminazioni tra chi ha figli e chi non li vuole avere, tra professioniste e non, tra chi vuole aprire un mutuo da minimo 50 mila euro per un’attività che chiuderà in un paio d’anni e chi ha ancora la lucidità per non rovinarsi ulteriormente la vita.
La proposta è un mistro tra Casa Pound e Confindustria, complimenti.
Non è vero che in Italia non c’è una destra liberale europea: siete voi.”
Mi complimento per questo post che la dice lunga sull’idea della donna che ha il Pd: moglie, madre (non divorziata però) e con partita iva.
Io ormai mi sono convinto di una cosa, di qualsiasi problema si tratti per il pd esiste un’unica soluzione: finanziare le imprese (magari aggiungendo “piccole” davanti a imprese così fanno tenerezza, ma il concetto è lo stesso), mai che si parli di finanziare le lavoratrici e i lavoratori!