Ne avevamo parlato QUI (del calendario Pirelli e della foto sopra). Abbiamo continuato a parlare di pubblicità sessiste anche QUI. Abbiamo discusso di queste pubblicità e di postpornografia QUI.
La Lipperini, la conoscete no? Una meravigliosa signora che si occupa di letteratura e anche di linguaggi e codici social-educativi sessisti, ha giustamente pubblicato questa foto che gira da un po’ in rete.
Tra i commenti che riceve c’e’ qualcun* che ha persino messo in dubbio che l’immagine provenisse dal luogo indicato, cioè dal calendario Pirelli 2009.
Per i pignoli e le pignole allora urge un chiarimento. Provate ad andare sul sito del calendario Pirelli. Andate alla foto di settembre e guardate in alto a sinistra. Pigiate next una anzi due volte. verranno fuori due scatti extra per una serie titolata "Africa". La prima delle due foto raggiungibili online è quella che vedete sopra, la seconda è anche più toccante. Andate e giudicate voi.
La delizia del sito del calendario Pirelli è che la prima cosa che ti fanno fare è dare un ok ad un accordo nel quale dichiari di essere consapevole che se usi, copi, diffondi una foto senza il loro consenso incorri in tutte le possibili sanzioni legali esistenti. Il copyright è più importante della denuncia sociale antisessista?
Io propongo un atto di ribellione collettiva. Ripubblichiamo questa foto in tante/i con la paternità che effettivamente ha.
Siamo state stuprate per secoli. Potremo almeno rivendicarci il copyright di una violenza (simulata, senz’altro ma che importa) immortalata dalla "grande" firma che ha tirato fuori questo popo’ di prodotto "artistico"?
Ma poi: sai che ci vuole a fare una foto del genere? Basta un volto sofferente, possibilmente tumefatto, qualche goccia di sangue, giusto per farla più splatter, un po’ di uomini che stringono malamente una donna contro il suo volere è il gioco è fatto. Che eccellente immaginazione, complimenti!
Ma la Lipperini ne ha beccata un’altra in ambienti non sospetti:
Ne parla QUI. Si tratta di un fumetto che parla del massacro del Circeo. A lei non è piaciuta l’immagine. Ha fatto una critica di genere. Ne aveva tutto il diritto. Assieme a lei anche altre si sono lamentate di questa copertina. Un po’ di Dylan Dog, un po’ splatter, la solita nudità delle sagome femminili, donne succubi, trasparenze, curve in ombra, gli stupratori vincenti, in piedi e soprattutto vestiti, l’inferiorità rappresentata dei soggetti femminili, sagome che ricordano vagamente anche la cultura ora definita cult dei corpi femminili in ombra (bond girls, charlies angels, per andare a qualcosa di più recente: coliandro).
Insomma era un parere su una immagine. L’immagine attraverso la quale è stata veicolata la promozione del fumetto che pure tratta di un argomento serio e sono anche certa che in nessun modo può venire fuori che gli stupratori sono eletti a eroi positivi.
In ogni caso la storia è andata così ed è partita una sorta di caccia alle streghe in cui la prima cosa che è stata censurata è il "diritto di critica di genere". Non di una critica tout court, ma di una critica che ragiona sulle cose, siano esse scritte, filmate, rappresentate, immaginate, disegnate, da un punto di vista di genere: quindi con qualche elemento di giudizio in più.
Se la critica di genere dovesse fermarsi a compiacere tutti coloro che ci fanno la grazia di parlare di stupro, come se ci facessero un favore, a quest’ora saremmo tutte in adorazione del primo uomo che inventò la lavatrice (a proposito, grazie!).
Non c’entra lo so, ma era per dire. Il punto in tutta questa storia, e chiarisco che adoro dylan dog e della copertina di cui sopra io non ho una opinione ne’ buona ne’ cattiva, è che la Lipperini è stata subissata di insulti. Non solo a commento del suo post, ma soprattutto nei commenti ad un altro post che apre le danze con un bel "idioti e bigotti" urlando ad uno scandalizzato "al rogo al rogo".
In qualunque modo la si pensi io credo che le risposte date alla Lipperini la dicono lunga su quale sia la mentalità di un sacco di persone che per giunta si immaginano anche colte.
Loredana abbi pazienza, li riassumo per chiarire. Sei stata definita:
Una che prepara la gogna, che fa censura, bacchettona, democristiana, moralista, liceale impazzita. In più sono stati fatti i soliti banali riferimenti alle vetero femministe attribuendo loro (noi saremmo vetero e la cultura maschilista cos’e’?) persino la normale propensione alla "frustrazione". Riassumendo: vetero, femministe, frustrate.
Poi c’e’ chi ha dato il meglio di se con l’abilità di censurare la critica con il solito vittimismo. C’e’ la ragazza che definisce lo stupro "erotizzante":
"Non so. Io American Psycho un po’ lo avevo trovato "erotico". Sarò perversa
io… Ma in realtà non sento di esserlo davvero. Nè di aver mai desiderato di
essere stuprata. Secondo me qualsiasi immagine di stupro è in parte
"erotizzante". Poi sta ai sani di mente distinguere tra fantasia e realtà. O
anche, tra lettura dei media e realtà."
Ci sono ragazze che pur di mostrare che sono lontanissime dalla sottocultura alla Harmony, si consegnano acriticamente ad una cultura "alternativa" che se si astiene dalla riflessione sulla elaborazione dei linguaggi, dei codici di comunicazione, se si astiene dalla dialettica, dal confronto, se sfugge alla contaminazione, rischia di diventare luogo di legittimazione per misoginie "intoccabili" perchè condite di "onore" "rispetto" "militanza attiva" "machismo resistente".
Ce ne sono altri/e. Li riassumo in un breviario:
Uno."Se si scompone per la trasposizione di un fatto di
cronaca, perchè non lo fa anche con le tragedie greche, dove dei e regnanti si
impadroniscono ad oltranza delle ancelle di passaggio?"
Due. "Bigotti. E’ quel tipo di sensibilità che per anni ha
messo all’indice, in Italia, capolavori del cinema come "Cane di Paglia" o
"Arancia Meccanica", tutta impermeata di veterofemminismo, che ha fatto disastri
per tutti gli anni ’70 e che, ancora oggi, ogni tanto rispunta dietro al
politicamente corretto più d’accatto.
Bisogna rispettare o perlomeno
comprendere questo tipo di sensibilità? No, grazie".
Tre. "Una che scrive certi commenti è normale che calamiti
femministe frustrate e inviperite."
Quattro. "non potrebbe esserci qualcosa che non va in queste
donne e nel loro modo di non voler vedere la realtà dei fatti?"
Cinque. "Fortunatamente, non tutte le donne preferiscono la
versione Harmony della realtà".
Sei. "Son due sagome, come doveva disegnarle? Che son gnocche
da cosa si capisce? Che non hanno una 44 di culo? Le avesse disegnate culone ci
sarebbero state discussioni sul fatto che "l’autore disegna male le
donne"…
Qui ci vuole un minuto di silenzio perchè il mio cervello entra in lutto. Ne commento una tra tutte: Come si fa a parlare di Arancia Meccanica senza averne capito assolutamente niente?
Il film metteva uno contro l’altro due
concetti esasperati, il femminismo eletto a "stile", "lobby", disobbedienza
assimilata in una società di ricche bianche borghesi e la misoginia usata come
arma di ribellione in un contesto normalizzatore. Una critica feroce che però
non è stata efficace quanto quella del black feminism, per esempio. La misoginia
come elemento che scardina il sistema è tanto piacevole per quelli che
seguono il dogma del non-politically correct a tutti i costi ma di sicuro non è
piacevole per me e tante altre.
Gli uomini trovano sempre tante scuse per stuprare
le donne. Scardinare il sistema, la lotta di classe (lo stupro alla ricca
signora fatto dal branco protagonista del film, solo un regista uomo poteva immaginare una cosa del genere). Proprio tanto ma tanto divertente. Per il resto il film è una gran figata, lo rivedrei mille volte.
Anche a me piace lo splatter, ma non quello che rasenta la volgarità. Non mi piace il sessismo e la misoginia, neppure quando si fa "colta"!
Non mi piace il fatto che il diritto di critica debba soccombere dietro tanti "non si dice". Noi non siamo spettatrici passive della cultura. La costruiamo, partecipiamo, la osserviamo, la viviamo, la respiriamo e ne subiamo le conseguenze. Abbiamo il diritto ad esprimere una critica. E la critica a sua volta può certamente essere criticata. Meglio senza insulti stereotipati.
Perciò ecco una prima bozza [1.0?] di un manifesto che ho pensato proprio per rivendicare il diritto di critica di genere:
Manifesto per il diritto alla critica di genere e per una responsabilizzazione del mondo della cultura
1.] Noi non siamo spettatrici passive della cultura; abbiamo il diritto di esprimere una critica di genere; il mondo della cultura dovrà accoglierla senza confondere la critica di genere con la santa inquisizione.
2.] Noi non amiamo la censura, non siamo dame di carità, siamo scrittrici, giornaliste, creative, fotografe, registe, attrici, pittrici, artiste, autrici, lettrici, fruitrici, il cui parere è sempre stato trattato e connotato come di parte, non obiettivo, pregiudizievole. Gli uomini che fanno cultura non hanno l’esclusiva della "obiettività".
3.] Noi siamo consapevoli di quanto sia fondamentale il ruolo di chi fa cultura nel nostro paese e ci assumiamo la responsabilità di osservare attivamente quanto viene prodotto per presidiare un contesto altrimenti svuotato di contenuto e significato e orientato solo dalla domanda del mercato.
4.] Noi produrremo cultura con la consapevolezza che essa potrà veramente cambiare punti di vista e migliorare le regole del nostro vivere civile.
5.] Noi non dichiariamo la resa ad un mondo (quello culturale) dominato dall’interesse dei marchi di produzione e distribuzione. Noi non ci accontentiamo di essere semplici operaie di una industria (quella della cultura) che è diretta da un unico principio fondante: quello economico.
6.] Noi siamo consapevoli del fatto che la cultura ha sacrificato quasi tutte le sue potenzialità al potere politico. La cultura viene usata per veicolare messaggi utili al progetto politico che attualmente vediamo in atto. Anzi, la cultura è stata diretta, sostituita quasi totalmente con il programma politico dei poteri forti che dominano la nostra nazione.
7.] La cultura ha abdicato al suo ruolo fondamentale e noi non abdicheremo alla responsabilità di insistere affinchè si costruisca una alternativa culturale all’abominio, allo stupro, alla violenza contro le donne, contro le persone più deboli.
8.] Il nostro punto di vista è differente. La nostra visione lucida e radicale. Il nostro posizionamento è "di genere". La nostra critica è "complessa". Non può essere liquidata con superficialità.
9.] Chiediamo ai creativi/e, produttori/trici, distributori/trici del mondo della cultura di essere maggiormente sensibili alle tematiche di genere.
10.] Chiediamo un impegno, non una presa d’atto, ma una riflessione responsabile che induca alla difesa di valori che riteniamo dovrebbero essere patrimonio collettivo e non solo delle donne.
>>>^^^<<<
Ho scritto a commento del post di Loredana:
Nel post c’e’ un chiaro invito alla responsabilità per ogni immagine, messaggio, pensiero etc etc che viene diffuso, veicolato.
Perciò l’idea del manifesto. Penso vada ribadito il nostro diritto a fare critica di genere, ma anche solo semplicemente critica, in ogni contesto. Penso sia indispensabile richiamare ad un senso di responsabilità (d’accordo con Wu Ming 1) individuale e collettiva.
Quello che succede lo vediamo tutt*. Non possiamo nasconderci dietro ragioni varie, soprattutto se riteniamo che la battaglia da fare sia fondamentalmente di tipo culturale.
Altrimenti teniamoci pure tutti i proclami che richiamano "alla certezza della pena", tutte le categorie sociali securitarie e giustizialiste e smettiamo di parlarne.
Ma se ne parliamo allora bisogna parlarne a partire da queste e mille altre cose.
E’ una battaglia contro il sessismo, la misoginia, ci sono stupri, vittime, è una cosa seria ragazzi, non stiamo giocando. Le conseguenze di una cultura fatta male le vediamo ogni giorno. Vale la pena fermarsi due minuti in più a farsi qualche domanda, no?
Chi ha voglia di combattere non abbia paura a rimettersi e farsi rimettere in discussione. Soprattutto proviamo a mettere assieme le energie migliori per lavorare in una direzione utile piuttosto che fare gli offesi, stizziti, perchè si è sbagliato il tiro in qualcosa e c’e’ chi ve lo dice.
ho letto il fumetto, un po’ di corsa perché in pausa pranzo in libreria. mi sembra ben fatto e documentato. come auspicavo i tre aguzzini appaiono per quello che erano: tre coglioni viziati figli di papà.
guido faccia d’angelo viene rappresentato come un vigliacco terrorizzato dal padre, izzo come un complessato perché col pisello iposviluppato, ghira come uno stronzetto con la mamma che va alla villa a fare le pulizie dopo il massacro (dettaglio allucinante che non conoscevo).
donatella colasanti è una ragazza esuberante e risoluta. di carattere.
qualche perplessità mi suscitano alcune battute attribuite alle due protagoniste, che sembrano sperare di poter imparmare un rampollo dei parioli per uscire dal grigiore della periferia. sono cose documentate?
resto della mia opinione sulla copertina in cui le due vittime sono raffigurate come due lolite alla manara.
d-K grazie per avermi fatto trovare sta specie di telenovelas 😀
(Luogo: l’istituto in cui insegnava la mia compagna. Fatti: i ragazzi stanno prendendo in giro uno di loro che è in rotta con la fidanzata perché traditore recidivo)
“Professore’, ma io che c’ pozzo fa’…”
“Ma perché non provi più niente per la tua ragazza?”
“Nooo, io la AMO! Però che c’ pozzo fa’…”
“In che senso?”
“Eh, io so’ ‘n ommo… tengo certe necessità… aggia sfuga’! Cioé, io e lei facciamo l’ammore ma certe cose nun s’ ponne fa… Non so se mi capite…”
“Scusami ma non puoi parlarne con la tua ragazza? Magari anche lei ha qualche fantasia del genere.”
“Nooo, essa è ‘na brava guagliona! Se no mica m’a pijave!”
(I fatti che seguono me li ha raccontati la mia migliore amica)
Per diversi anni Silvia è stata con un ragazzo le cui principali caratteristiche erano il militare in Forza Nuova e uno strano comportamento “post-coitale”. Appena finito (dopo pochissimi minuti, a quanto dicono…) di fare sesso lui si incupiva e, spesso, si allontanava lasciandola sola nel letto. Silvia non poteva neanche avvicinarglisi, quando provava a chiedere cosa non andasse (ma, alle volte, anche senza che lei proferisse parola) lui le diceva con rabbia che era una troia, una zoccola, che l’aveva costretto (sic!) a peccare e così via con insulti diversi. Più di una volta la scena madre si concludeva con uno schiaffo ben assestato sulla faccia di Silvia. Non so come né perché ma tutto ciò lei l’ha sopportato per anni, fingendo, ipocritamente, un rapporto perfetto e idiliaco, e preferendo ad un sano “vaffanculo” all’indirizzo del ragazzo il passare da un amante all’altro.
(Scuola elementare di un tristemente noto quartiere di Napoli in cui insegna un’amica. Un bambino di 8/9 anni che spesso ha comportamenti violenti con gli altri bambini, soprattutto con le bambine, passa il segno: blocca una compagna di classe in un angolo e le infila una mano sotto la gonna dicendole una marea di “maleparole”, la mia amica interviene e convoca la madre del bambino)
“Signora, lei si rende conto della gravità del fatto? La bambina anche solo al sentire il nome di suo figlio trema.”
“E vabbuo’!”
“No, signora, che vuol dire ‘e vabbuo’?”
“Maestra, ma so’ cose ‘e criature… Chillo, poi, è maschietto…l’ommo è accussì!”
(Madre e figlia, incinta, discutono animatamente del tradimento che il marito della figlia avrebbe compiuto… Non sono riuscito a sentire tutto ma pare che i due, a causa della gravidanza, non avessero rapporti da qualche mese. Dopo aver discusso sul da farsi la madre conclude così:)
“Che ce vuo’ fa’… Sarà strunzo… Ma è ‘n ommo e chille so’ fatt’accussì: nun se ponne trattene’!”
(Inciso tragicomico: questa frase sembra uscita dalla “Telenovela piemonetese” che la Gialappas prendeva, giustamente, per culo all’epoca di “Mai dire TV”: http://www.youtube.com/watch?v=kdq5TEn-IJY
(In albergo arriva una coppia senza prenotazione, lei è di Padova lui un “locale”. Salgono in camera ma dopo pochi minuti lui scende)
“Scusami, posso fare una telefonata da qua nascondendo il numero?”
(Io, sospettoso) “Mi scusi, perché col numero nascosto?”
(Lui mi si avvicina e con tono confidenziale) “Aggia chiamma’ a mia moglie… ce dico che stongo co’ cocc’ amico mio ma tengo ‘o cellulare scarico…accussì nun me chiamma”
“Capisco” (che si deve fare per campare)
(Fa la telefonata e cercando un po’ di cameratismo mi dice:)
“Aah, ‘ste femmene ‘e ogge… nun se capisce cchiù niente! Chesta (riferendosi a quella che l’aspettava in camera) è scesa ‘nu mumento a Padova pe’ s’ fa’ ‘na chiavata! (con fare compiaciuto) Tu hai capito? Chesta è pure spusata… cioè, pur’io so’ spusate e tengo doje criature… ma pe’ l’ommo è diverso! Chesta è proprio ‘na… vabbuo’, lassamme sta’!”
“piccoli e cattivi”. “forti con i deboli, ma vigliacchetti con i forti”. ecco cosa spero emerga dal fumetto.
http://www.corriere.it/…ggio/04/izzoscuola.shtml
d-K: che dire? storia paradigmatica.
Fika, ho presente le trasmissioni alle quali ti riferisci, anch’io ci capito per caso ma in genere prima di spegnere m’incazzo… 🙂
Le regole e le convenzioni sociali che propagandano le ritrovi anche in persone insospettabili, cosa che m’inquieta alquanto.
Venendo a qualche altro episodio che m’è tornato alla mente… non so trovarvi una vera e propria coerenza ma il ricordo dell’uno tira l’altro… se riuscirai a farne un post ne sarò contento, in caso contrario m’avrà comunque fatto piacere poter raccontare qualcosa.
(Premessa: sono tutti realmente accaduti, per questo motivo cambierò nomi e località)
Cominciamo dai più drammatici…
Lavoro come portiere di notte in un albergo e qualche tempo fa, durante una festa, entra in lacrime, sanguinante e tumefatta una donna sulla trentina, chiede aiuto e dice che l’uomo con cui sta le ha combinato quello sfacelo. Nel frattempo arriva lui, la aggredisce verbalmente e fa per darle addosso, lo blocchiamo. Due ragazze del personale accompagnano la donna in bagno l’aiutano a ripulirsi e a disinfettare le escoriazioni, mentre il proprietario dell’albergo mi dice di chiamare i carabinieri. Non ho neanche il tempo di alzare la cornetta che il tizio si lancia verso di me ma viene bloccato da un suo amico appena intervenuto, questi lo porta fuori e gli dice di calmarsi. Non sono riuscito a telefonare e decido, comunque, di vedere prima lei come sta: piange ancora ma di rabbia, racconta che lui le ha sferrato un pugno sul naso, quindi con una pedata l’ha spinta a terra e ha cercato d’investirla con la motocicletta. A questo punto le dico che ho intenzione di chiamare le forze dell’ordine, se vuole può aspettarli prima di andare al pronto soccorso. Lei sbarra gli occhi e stancamente mi implora di non chiamarli, che lui ha già dei precedenti, che così lo inguaiamo… che… beh, è stata anche colpa sua, che lei l’ha provocato, ma lui non è cattivo. Le diciamo che sarebbe meglio denunciarlo perché uno che si comporta così non merita alcun riguardo ma è irremovibile; anzi, dice che se ci azzardiamo a chiamare qualcuno lei negherà tutto, dirà di essere caduta dalla moto. Non può denunciarlo… Non può denunciare l’uomo che ama, che avrà anche perso la pazienza (e non era la prima volta) ma per colpa sua… Perché lei non sa stare zitta e lo provoca.
Lui viene convinto dall’amico ad andarsene, intanto il proprietario la accompagna al prontosoccorso dove verrà raggiunta da dei parenti, io, invece, sono ancora convinto che avrei dovuto chiamare i carabinieri.
p.s. la copertina e le tavole non sono più disponibili in rete in alcuno dei siti in cui lo erano prima.
amo i fumetti, e amo le graphic novels.
la mia speranza, non avendo visto l’opera, sia che al di là dell’oggettivamente fuorviante copertina (o solo locandina), offensiva nella sua banalizzazione dei personaggi di Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, la storia nel romanzo sia raccontata per bene, senza sconti e senza mitizzazioni di quei tre figli di papà.
credo sia importante sotolineare che per essere pseudoeroi del male come quei tre, basta essere spietati e senza coscienza. insomma non ci vuole molto, anzi, ci vuole meno di quanto non ci voglia a non essere stupratori assassini e torturatori. che insomma i tre erano deficienti, carenti di qualcosa che invece, probabilmente sbagliando, diamo per scontato nella maggior parte dell’umanità.
non credo siano ragazzini :|||
dicono sia “arte”… noi non possiamo capire, tze’
vabbe. 🙂
bacetti
– ciao ichias, come va?
– ciao aldo. mah! così così. sono un po’ demoralizzata da come vanno le cose. notizie allucinanti, diffusione di immagini offensive che non vengono anenche percepite tali. assuefazione generale. tipo che hanno fatto un fumetto sul massacro del circeo.
– ah! e com’è?
– non lo so, non l’ho visto. ma ho visto la locandina, che forse è anche la copertina, e quelle teste di cazzo di ghira, izzo e l’altro sono rappresentati come imponenti, grandiosamente maligni. colorati in un tenebroso rosso-nero che incombono su due ragazze nude, inermi e prive di qualunque caratteristica di umanità e personalita, che si abbracciano in modo sexy, col culetto in fuori alla manara.
– mah! questi saranno ragazzini che non hanno capito niente del crimine con cui hanno a che fare. uno dei più efferati e detestabili della storia italiana. non avranno capito un cazzo, e hanno deciso di seguire l’onda della cronaca a fumetti, come si usa ora, a volte con buoni risultati per altro.
– non so quanti anni abbiano, non so se sono ragazzini che non hanno capito niente.
– vedrai che è così.
– sarà, ma sono disgustata lo stesso.
– dai, devo andare che c’è il bambino che piange, buona notte.
– buona notte, aldo.
d-K: hai presente quelle trasmissioni del pomeriggio dove fanno parlare adolescenti e adulti che moraleggiano sulle vite altrui stabilendo contorni e abitudini di vita per ciascuno di noi? ecco: io normalmente ci capito per caso e spengo. i ragazzi invece vedono quelle stronzate!!!
sono regole e convenzioni sociali reiterate e che fatica per smontarle tutte punto per punto.
è una battaglia pesante.
vabbe’. mi sono tornati a galla un sacco di ricordi. per ora dormo pur’io. domani ci si pensa.
grazie!
ciao
Fika, ho dato un’occhiata dalla Lipperini ed effettivamente c’è da mettersi le mani nei capelli!
Ti lascio con due esempii, poi vado ad infilarmi sotto le coperte ché le palpebre non le tengo più su…
La mia compagna ha insegnato per un anno Inglese in una scuola privata convenzionata con un istituto tecnico della provincia di Napoli. Il primo giorno di lezione uno degli studenti le fa: “Professore’, ma vuje ‘o tenite ‘o guaglione?”
“Sì”
(Con un certo stupore) “E nun ve dice niente che faticate? Io n”a facesse fatica’ maje a guagliona mija!”
Anni fa, all’epoca delle superiori, mentre passeggiavo con mio cugino, incontriamo una sua compagna di classe: aveva un livido mal celato dai capelli tra lo zigomo sinistro e l’orecchio e senza ombra di dubbio era molto triste. Preoccupati le chiediamo cos’è che non va, e lei, dopo qualche resistenza:
“So’ stata ‘na scema! Aggia fatto ‘na strunzata! So’ juta a bballa’ quanno ‘o guaglione mije nun puteva e isso s’è ‘ncazzato e m’ha lasciata. Mo’ nun me vo’ senti’ cchiù… Nun m’arrisponne manco ‘o telefono.”
(Non abbiamo mai appurato l’origine del livido, ma, che fosse o meno opera dell’ex, è notevole che lei si sia sentita in colpa e abbia continuato a “flagellarsi” per un problema che era solo del ragazzo: una gelosia – direi – patologica)
francesco, ti ha risposto d-K per me 🙂
d-K: se leggi come sta continuando il dibattito sul secondo post della lipperini ti metti le mani ai capelli. sofismi e paroloni per dire che in fondo noi non dovremmo occuparci di tutto ciò… chissà chi deve occuparsene allora! ma.
se hai altri esempi raccontali tutti. noi non si butta via niente. li copio tutti quanti così come li scrivi e ci faccio un post apposito con i sottotitoli 😀
penso siano più esemplificativi di tante spiegazioni. sai quanto ci “sfirniciamo” il cervello noi per immaginare narrazioni semplici nelle quali tutt* si possono identificare in modo da fare arrivare alcuni messaggi in modo diretto?
taaaanto ma proprio taaaanto, fino a diventare macchiette in parodia di noi stesse…
se fai altri esempi noi si prova ad aggiungerne altri che sicuramente ci verranno in mente 🙂
Fika, se serve ne ho altri di esempi del genere.
Francesco, mi pare che in parte stiate dicendo le medesime cose. Imparare a tenere conto della propria parzialità non è tanto un vantaggio quanto una maniera di guardare il mondo: quando si tratta di rapporti tra esseri umani è impossibile avere lo schema di analisi perfetto, bisogna sceglierne uno, tra i tanti, o mescolarne sapientemente più d’uno. La prospettiva che deriva dagli studi di genere può essere uno di questi.
Ad ogni modo mi sembra assurda la bagarre che s’è scatenata per un’opinione critica (tra l’altro, esteticamente, quella copertina non è granché): invece di approfittarne per riflettere s’è preferito attaccare in branco l’origine del dissenso… quanta maturità!
Ricordando che storicamente la parzialità maschile è sempre stata occultata da una presunta “universalità” del suo punto di vista, anche “gli spettatori”, oltre che “le spettatrici”, dovrebbero cominciare a esprimere una critica di genere che tenga ben presente e faccia tesoro della sua parzialità e muova, quindi, dalla riflessione su sé stessi in quanto genere. Nel momento in cui i mezzi di comunicazione delineano ciò che è “vero maschio” lo fanno escludendo tutto il resto secondo canoni che sono sempre relativi e storicamente individuati ma propinati come universali ed eterni. “L’uomo che non deve chiedere mai” da il voltastomaco anche a molti maschi, ve lo posso assicurare.
“francesco secondo la tua logica allora tutti i giudizi critici dati da uomini sono accomunati dal fatto di appartenere allo stesso genere.”
Naturalmente.
Poi possono anche avere ulteriori cose in comune (stessa cittadinanza, stessa istruzione, ecc.)
“invece se un giudizio critico lo da un uomo rivendica l’universalità del suo parere.”
Ecco perchè i critici cinematografici usano il plurale maiestatis! 😀
“essere consapevoli della parzialità e della prospettiva, dell’angolazione dalla quale si intendono vedere le cose è un valore aggiunto e non un limite come sembrerebbe dalla tua descrizione.”
No. La parzialità del punto di vista è un limite, che magari ci impedisce di apprezzare un’opera (visto che stiamo parlando di arti).
Essere consapevoli della presenza di questo limite e non ignorarlo, invece, è una cosa positiva (anche se non arriverei a definirlo un valore).
Faccio un esempio terra-terra: da bambino mi piaceva una serie di cartoni che seguivo costantemente e che poi hanno interrotto.
Un mese fa ho scoperto che li davano di nuovo in tv e ho provato a seguirne una puntata, ma ho mollato per quanto mi annoiava. Questo perchè nel tempo ho accumulato nozioni ed esperienze che hanno cambiato il mio punto di vista e il mio modo di percepire le cose, per cui alcune cose non mi piacciono più, mentre ne apprezzo di nuove.
d-K: no non serve la traduzione 🙂
frequento abitualmente il napoletano e frequento fin troppo il linguaggio delle dimostrazioni “d’amore” ricercate da donne e anche da uomini…
tutto un altro capitolo da trattare.
penso che lo farò presto. l’ho già fatto ma va ripreso il tema in modo da fare capire bene che voglio dire 🙂
grazie dell’ottimo spunto 😀
“Non so. Io American Psycho un po’ lo avevo trovato “erotico”. Sarò perversa io… Ma in realtà non sento di esserlo davvero. Nè di aver mai desiderato di essere stuprata. Secondo me qualsiasi immagine di stupro è in parte “erotizzante”. Poi sta ai sani di mente distinguere tra fantasia e realtà. O anche, tra lettura dei media e realtà.”
Credo tu abbia dato implicitamente una risposta al perché l’immagine dello stupro possa essere “erotizzante” per alcune donne in un altro post. Ovvero:
“Lo stupro è un complimento, un gesto di attenzione, un favore per quelle che non si filerebbe nessuno, una modalità lusinghiera di ammirare una donna. Diciamolo con chiarezza. La maggior parte dei maschi italiani la pensa così.” (Aggiungerei anche che per alcuni la prevaricazione e la violenza è anche l’unica maniera per concepire un rapporto con l’altro sesso.)
In tal senso una volta interiorizzato un modello anche chi ne è, potenzialmente o meno, vittima ragiona secondo gli schemi che di questo sono propri con una miriade di effetti che possono andare dall’accettare come ineluttabile qualsiasi forma di dominio a vedere dell’erotismo in un atto di pura e semplice violenza. Ovviamente da qui al desiderare di essere stuprate la distanza è siderale ma non sottovaluterei tali processi soprattutto quando capita di sentire cose del genere:
(Mi trovavo in un autobus, in provincia di Napoli, e due ragazze chiacchieravano: una delle due era convinta che il fidanzato non la “amasse” più e stava motivando i suoi timori) “L’altro giorno, poi, mi so’ fermata a parlare sotto casa con un amico di mio fratello che Lui non conosceva… quando l’ho visto arrivare mi pensavo che m’avrebbe azzaccato ‘nu pacchero… cioé, primma l’esse fatto… invece mo’ no! Capi’, c’amma salutato e ce n’amma jute… nun m’ha manco fatto ‘nu cazziatone perché stevo parlanno cu chill’ato!”
(Serve la traduzione? :D)
francesco secondo la tua logica allora tutti i giudizi critici dati da uomini sono accomunati dal fatto di appartenere allo stesso genere.
invece se un giudizio critico lo da un uomo rivendica l’universalità del suo parere.
essere consapevoli della parzialità e della prospettiva, dell’angolazione dalla quale si intendono vedere le cose è un valore aggiunto e non un limite come sembrerebbe dalla tua descrizione.
Il fatto che un punto di vista sia soggettivo, e quindi parziale, credo sia lapalissiano.
Quindi, se ho ben capito, è un manifesto di persone che esercitano la critica, accomunate dal fatto di appartenere allo stesso genere.
Sottoscrivo in pieno e… a proposito di genere penso che noi generiamo e ci auto-ri-generiamo grazie al nostro ingegno, alle nostre forme d’arte, ai nostri saperi, a quelli ereditati e a quelli che saremo in grado di tramandare.
Ma l’America è lontana
dall’altra parte della luna
Cantava Lucio Dalla nella canzone Anna e Marco
http://www.youtube.com/watch?v=Fi-FnBV4ql8
E mentre in america il nero avanza in senso di una liberatoria vittoria, la solita italietta da 4 soldi deve andare controcorrente e far vedere ciò, il nero bloccato, braccato anche solo per esigenze “artistiche”
Che poi da dove inizia l’arte e finisce quel senso di buon gusto, ci farò presto un sondaggio
da wikipedia:
– il genere (gender) rappresenta una costruzione culturale, la rappresentazione, definizione e incentivazione di comportamenti che rivestono il corredo biologico e danno vita allo status di uomo / donna
un punto di vista di genere (non a caso esistono i gender studies) è un posizionamento preciso.
tu pensi che la tua critica sia imparziale e non influenzata dal tuo “genere”? non c’e’ un corredo culturale, una costruzione simbolica che ti porti dietro e che si realizza in ogni tua espressione critica?
la critica di genere è una critica che non pretende di essere oggettiva e lo dichiara. è diversa. va vista in quanto tale.
chiunque dica che il proprio punto di vista è imparziale mente.
non si può ragionare d’arte, di cultura oggettivizzando la materia quando i presupposti della discussione sono stati resi “universali” da una discussione che ha eletto il soggettivo a universale.
la critica di genere ha dunque questo qualcosa in più. la connsapevolezza di una parzialità e anche la pretesa che tale parzialità sia sommata all’altra che invece pretende di essere unica, sola, esclusiva verità possibile.
domani con meno sonno potrò condividere con più chiarezza se non è chiaro così 🙂
parliamone
Sì, ma cos’è la critica di genere? Cosa la distingue dalla critica tout court?
no grazie a te cara 🙂
a presto, si
un abbraccio
caspita se sei produttiva, ti lascio con la segnalazione della foto del calendaro pirelli e quando mi riconnetto trovo che ci hai già fatto su un bel po’ di post. sono contenta.
intanto grazie.
poi parliamoci presto, del manifesto e non solo.
wow. hanno avuto sfiga. se ti tenevano un po’ ora non avrebbero bucato le mille notizie degli stupri. che mentecatti…
lo stupro non è d’attualità eccerto allora chi se ne frega…
l’unica cosa vetero che esiste è la malafede!
un abbraccio
Non me lo faccio dire due volte e,”obbedisco”,immediatamente
🙂
Sono d’accordo, in tutto e per tutto, con i concetti espressi nel tuo post. Solo un’aggiunta (personale), sul concetto di “vetero femminismo” che da un pò di tempo gira come critica “chic” dei nuovi ‘progressisti’, alle letture, prassi e politica di genere. La stessa critica mi era stata posta in un sito che si dichiara dalla parte della giustizia ‘giusta’ molto seguito dai bloggers. Ho sempre risposto a questa accusa(???) che essendo tonta(!!!), non capisco cosa vuol dire vetero-femminista. Essendo esso,una categoria storica (e non solo,ma vai a fare capire…), chiedevo perché, lo stesso termine,non viene usato quando si parla del movimento studentesco (vetero-studentesco)o per gli ecologisti(vetero-ecologista)? Ovviamente nessuna risposta, solo censura giustificata dal fatto che (secondo i gestori di quel sito tanto ‘giusto’), il femminicidio, non era un argomento di attualità. Eravamo nell’anno di grazia, 2008…
un abbraccio
emma cara 🙂
l’ho scritto che è la versione 1.0
se hai suggerimenti dimmi pure.
raccogliamo un po’ di opinioni dopo questo primo giro e vediamo cosa se ne pensa.
poi facciamo una versione 2.0 mordacissima 🙂
un abbraccio
ciao
Cara Enza, noi esprimiamo come, dove e quando vogliamo il nostro punto di vista, come donne, su ciò che si scrive o si dice di noi! La ‘Suprema’ della santa inquisizione patriarcale vorrebbe zittirci e ‘arrostirci’ in nome della fallocultura! Vai col manifesto, ma lo vorrei più ‘mordace’ , come tu sai fare. Un abbraccio, emma
si che puoi :!
boh. che strano.
se mi mandi il tuo utente facebook via mail ti cerco io
ciao
(Chiedo venia per il commento doppio e mal digitato (come al solito…).. Uffa. : )
Volevo dire che su FB ho la tua stessa privacy e forse, a parte l’iscrizione al gruppo, non posso entrare in contatto con te in nessun altro modo, vero? Clara)
(O.t.: Ciao Fika, volevo solo segnalarti questo, ma forse l’hai già letto: http://www.carmillaonline.com/…09/02/002928.html
Ehm.. io sono un ‘appassionata di social network ma non ti posso aggiungere, ho visto dal gruppo che hai creato.. Io le tue stesse impostazioni nel profilo.. Non potremo aggiungerci mai?
Clara)