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Il sapore della pipì

Avete mai assaggiato la pipì? Sapete che sapore ha? A me la sparò dritta in
gola un pezzo di merda che poi mi disse: “non ti preoccupare, fa bene
alla voce!”. Facevo la badante. Lui era un vecchio porco. Gli piaceva
che glielo tenessi in mano quando doveva pisciare. La scusa era sempre
la stessa: non era in grado di reggersi da solo e aveva paura di
farsela nei pantaloni. Quella volta lo drizzò mentre lo sbottonavo.
Prese la mira e assaggiai la sua urina.

Era anche un sadico. Gli dovevo pulire il culo almeno due volte al
giorno. Si cagava addosso in continuazione. Si teneva lo stimolo come
fosse un segreto e poi sparava una scorreggia di quelle puzzolenti che
travasano dalle mutande. Si girava su un fianco e lasciava che lo
lisciassi con la spugna e lo asciugassi con un panno di cotone. Voleva
essere strofinato per bene ma si guardava dal dirmi che avrebbe
voluto che gli sparassi una sega.

Un giorno gliela feci. Lui non si oppose. Alla fine mi guardava come
fossi un angelo caduto dal cielo. Capii allora che quello era il regalo
più grande che avrei potuto fare agli anziani. Mi specializzai in
prestazioni sessuali per vecchi sofferenti. Fu sufficiente il
passaparola e nel giro di qualche settimana la mia agenda si riempì di
appuntamenti.

Mi chiamavano prevalentemente i figli. Le figlie mi facevano assumere
dai mariti, però le sentivo suggerire sottovoce mentre appuntavo le
istruzioni. Erano figli pieni di premure. La mia esperienza di badante
li tranquillizzava circa la mia competenza. Mi offrivano cartelle
cliniche, orari per i farmaci, elettrocardiogrammi. Io mi occupavo del
battito e misuravo la pressione.

Ufficialmente continuavano a retribuirmi come fossi una badante. Mi
pagavano a notte. Offrivo un servizio completo che comprendeva la
pulizia e la ninna nanna. La differenza stava nel prezzo. Per lavare
tutti i giorni i culi rattrappiti di quei relitti il prezzo si aggirava
sui 5/600 euro al mese. La stessa cifra, con la nuova professione, la
guadagnavo in due notti.

A me interessava che tutti rispettassero gli accordi. Io facevo felici i vecchi e loro facevano felice me.

Ci fu una volta che il figlio chiedeva di partecipare al regalo che
aveva voluto fare al padre. Era uno di quelli affezionati al concetto
di “patria”, in latino la nazione dei padri. Gli dissi che ero
specializzata in servizi sessuali per uomini anziani. Mi chiamò puttana
e fece notare che nella mia posizione non mi conveniva rifiutare.
Invece presi il corridoio poi le scale e infine richiusi dietro di me
la porta di quella casa.

Il giorno dopo arrivò la polizia. Il bastardo mi aveva denunciata per
molestie, furto e circonvenzione di incapace. La mia faccia fece il
giro di tutti i giornali e all’improvviso tutti quei distinti signori
che fino a qualche giorno prima facevano la fila per prenotare i miei
servigi dissero che avevo assistito per tante notti i loro vecchi, che
non potevano immaginare, che effettivamente ai moribondi mancavano dei
soldi e quindi si unirono alla denuncia e mi chiesero un risarcimento
danni.

Il caso approdò in parlamento dove discussero di una legge che si
occupava appositamente di quella questione. Ipotizzarono il reato di
prostituzione aggravato nel caso in cui fosse compiuto con degli
anziani e distinti signori. Nei talk show parlarono a lungo dello
scandalo e insistettero sulle circostanze descritte da quel fetente che
mi aveva denunciato per primo.

Nel corso del processo ci furono centinaia di persone inferocite che si
accampavano sotto casa e aggredivano chiunque osasse portarmi un po’ di
pane, qualche pezzo di formaggio, il minimo indispensabile per farmi
sopravvivere a quella condizione di prigionia forzata.

C’era una tizia, soprattutto, che urlava slogan a squarciagola e a me
sembrava di averla vista da qualche parte e in effetti poi ricordai di
averla ammirata in uno di quei programmi televisivi in cui la fanno
vedere ma non la danno. Non so se li avete visti. Somigliano a tanti
spot promozionali della figa e non sono neppure fatti bene. Non c’e’
sensualità, nessuna professionalità. Troppo squallidi e lascivi. Avessero chiamato me avrei fatto
vedere come si fa.

A processo finito quegli stronzi avevano prosciugato i risparmi di una
vita. Mi condannarono a dieci anni di prigione. Tra indulto e
condizionale passai dietro le sbarre solo qualche anno. Fu lì che mi
contattò un prete. Brava persona. Aveva questo enorme desiderio di
redimermi e poi faceva tanti discorsi strani.

Mi aspettò all’uscita e mi portò in una specie di comunità. C’erano
tanti signori anziani da assistere, lui compreso. Mi ritrovai a fare la
stessa cosa per la quale ero stata condannata.

Sapete chi era quello più esigente di tutti? Il prete.

Così ho imparato una cosa. Se fai le seghe a pagamento ti disprezzano.
Se invece le fai gratis ti offrono riparo nella casa di dio. Spero solo
che non mi chiederanno mai di fare “carezzine”, come le chiama padre Tullio, a sua entità divina. Credo che poi avrei seri problemi a rivolgermi a lui in preghiera…

>>>^^^<<<

E’ una storia di pura invenzione. Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale.

—>>> La foto viene da Riotclitshave

Posted in Corpi, Narrazioni: Assaggi, Omicidi sociali.


4 Responses

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  1. iMe says

    una delle tante solite storielle…

  2. xname says

    Non male …

  3. vivian says

    Quella strana forma di pornografia che rende gli uomini convinti di poter usare il corpo delle donne a loro piacimento. Poi se dietro quel corpo c’è un pensiero che li rifiuta, li soddisfa o addirittura li usa a sua volta… è divertente. O terribilmente triste?

  4. Illecito says

    Spiazzante e piacevole da leggere.