Giorni fa è stato pubblicato un articolo di Natalia Aspesi sulla violenza contro le donne dal titolo: "Quando il nemico è in casa". La Ministra delle pari opportunità Mara Carfagna ha deciso così di scrivere una lettera al direttore del quotidiano nella quale esprime disaccordo sulle conclusioni della Aspesi, vanta i meriti della famiglia, quasi da’ la colpa alle donne perchè subiscono violenze e perchè non reagiscono ad esse ed elenca, senza tenere conto del disegno di legge contro la violenza di genere licenziato dal consiglio dei ministri del precedente governo, gli impegni che il ministero vorrebbe assumersi. Leggete pure se volete farvi un’idea del "Carfagna pensiero" in materia di violenza alle donne.
La lettera al Direttore della Carfagna mi ha sollecitato a scriverle una risposta che condivido con voi. Buona lettura.
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Egregia Ministra Carfagna,
ho letto con attenzione la Sua “lettera al
direttore” di Repubblica nella quale descriveva le Sue considerazioni sulla
questione della violenza alle donne.
Di queste considerazioni non
condivido quasi nulla. Il contenuto della lettera mi ha invece indotto a
scriverLe per introdurLa ad una differente lettura dei dati
statistici sulle violenze contro le donne che certamente Le sono noti.
Una lettura che di sicuro trova d’accordo le 150 mila donne, femministe e
lesbiche che hanno partecipato al corteo contro la violenza maschile dello
scorso 24 novembre e che comprende una visione di quell’impegno culturale che
lei stessa auspica – “per ridare serenità alle donne italiane” – non
tendente verso una direzione familista.
La causa delle violenze degli uomini non risiede nella presunta fragilità
delle donne e di sicuro non va ricercata nel minore interesse a realizzare
“la famiglia, quale cellula primaria della società italiana”.
Noi
sappiamo che la famiglia è effettivamente il luogo all’interno del quale si
realizzano le più atroci violenze. Le basta sfogliare le pagine di cronaca di
qualunque giornale per rendersi conto di quanto, per le donne, sia invivibile
quel meraviglioso “strumento di coesione”.
Sembra invece più
credibile quanto Lei afferma circa il fatto che la famiglia, in quanto
“ammortizzatore sociale” necessiterebbe di tutela. E’ infatti noto che il
welfare italiano chiede alla famiglia di supplire alle carenze di uno Stato che
non provvede alla risoluzione della precarietà di tante persone non in grado di
vivere, emanciparsi dal bisogno ed essere autosufficienti.
Il fatto che
la famiglia sia eletta ufficialmente al ruolo di "ammortizzatore sociale" ci
rende molto chiaro quale sia il ruolo che viene attribuito alle donne in un
contesto che richiede surrogati di servizi, figure palliative obbligate ad
assolvere ai ruoli di cura che altrimenti nessuno svolgerebbe.
Sappiamo che le scelte economiche del nostro paese in relazione al "lavoro"
hanno come immediata conseguenza quella di riportare a casa le donne
obbligandole ad una dipendenza che di sicuro non le aiuta a sottrarsi da
situazioni di violenza. Invece crediamo che la famiglia, qualunque essa sia e da
chiunque sia composta, debba essere una “scelta” e non un obbligo. Di sicuro non
riteniamo che la famiglia sia “un luogo di realizzazione” perchè le donne
sono soggetti complessi che non possono essere indotti a ritenere di dover
puntare tutte le loro chance e i loro desideri su di essa.
Lei non può
negare che la famiglia sia il luogo per eccellenza in cui le donne subiscono
violenze. Non perché vi sia una trasformazione dettata da una distorsione,
quanto piuttosto per il fatto che ad essere distorta è la stessa cultura della
quale Lei si fa portatrice.
Promuovere una politica familista
all’interno della quale è ammesso un unico modello di sessualità è il modo
migliore per legittimare una mentalità di per se’ veicolo di violenza. La
famiglia della quale Lei parla, a parte poche eccezioni, è proprio il luogo in
cui la violenza, la prevaricazione, l’abuso, la molestia, sono la regola.
E’ poi estremamente pericoloso che Lei assegni alle separazioni, ai divorzi e
all’affidamento dei figli la causa delle tensioni che determinano gravissime
tragedie all’interno dei nuclei familiari.
Mi sembra pericoloso perché
non vi leggo ne’ un accenno di scientificità che solo una analisi sociologica
potrebbe assumere ne’ la responsabilità che dovrebbe trasparire dalle parole di
una persona che ricopre il Suo ruolo.
Una simile considerazione sembra
voler attribuire una sorta di giustificazione alle violenze come fossero causate
da stress troppo forte rispetto al quale Lei si propone di intervenire per
alleviarlo.
Lei evidentemente non sa che la violenza maschile ha una
origine precisa che si manifesta in ogni situazione e se è vero che l’umore
degli uomini violenti si appesantisce in presenza di fattori di stress è anche
vero che questi non derivano di sicuro soltanto dalle separazioni e dagli affidi
dei figli.
Ha Lei forse intenzione di semplificare la vita di queste
persone in ogni aspetto? Lei immagina davvero sia più utile la
via del compatimento invece che la responsabilizzazione degli uomini? Ma non
bisognerebbe semmai, per modificare la cultura della violenza, insegnare ad
accettare, da adulti, le separazioni e i divorzi?
Spiace deluderLa
dicendo che un Suo intervento diretto a risolvere il problema della violenza
contro le donne non dovrebbe ne’ “coccolare” gli uomini
ne’ attribuire colpe a scelte di vita che sono assolutamente
personali.
Gli uomini non picchiano perché fremono dal desiderio di
vedersi affidato il figlio dopo una separazione. Le basterà chiedere i dati a
qualunque tribunale dei minori per sapere che il padre troppo spesso non versa
gli alimenti ne’ adempie al proprio ruolo di genitore nonostante vi sia ampia
disponibilità da parte delle madri.
Capita anzi che i bambini vengano
uccisi assieme alle loro mamme proprio da quei padri che intendono l’intera
famiglia quale proprietà. Ed è questo l’aspetto fondamentale sul quale la
cultura non interviene: il possesso.
Non sono passati molti anni da
quando è stata eliminata la figura del capofamiglia. Non è trascorso molto tempo
neppure dal momento in cui il padre è stato privato dello ius corrigendi, il
diritto di correzione di ogni membro della famiglia.
E’ di quella
modalità che stiamo parlando, prima legalizzata e ora culturalmente legittimata.
Ed è una modalità che non si risolve con gli esempi di “concretezza” cui Lei fa
riferimento.
Bisogna intervenire sulla cultura. Bisogna impedire che vi
sia una attribuzione di ruoli alle donne che devono poter autodeterminare le
proprie esistenze. Ed è a questo punto che sono obbligata a ricordarLe che è Lei
per prima a dare un messaggio distorto sul ruolo e le funzioni delle donne.
Sono certa che è in grado di capire che sostenere la Sua posizione
contraria all’interruzione di gravidanza equivale a dire che le donne non
possiedono il proprio corpo e non hanno il diritto di autodeterminarsi.
Delegittimare le donne nelle proprie scelte rafforza quella visione che le
immagina bisognose di tutori che decidano per loro quasi non fossero in grado di
intendere e volere.
Se le donne sono delegittimate e non hanno voce in
capitolo sulle proprie scelte non si può di certo intervenire dal punto di vista
culturale per salvaguardarle da situazioni di violenza. Il messaggio che Lei
trasmette è che le uniche donne che non meritano di essere picchiate o, peggio,
uccise, sono quelle che si dedicano alla famiglia come luogo primario di
realizzazione e che accettano supinamente di fare dei figli. Secondo questi
parametri è facile che gli uomini si sentano in diritto di dover esercitare su
di noi una sorta di controllo sociale, come fossero aguzzini che ci tengono a
bada mentre adempiamo ai nostri ruoli, o che si sentano autorizzati a dover
reintrodurre il loro sistema di correzione per insegnarci ad essere ben educate,
protese alla cura delle esigenze familiari e mai in contraddizione con i ruoli
che proprio questa cultura patriarcale ci assegna.
Bisogna anche
intervenire praticamente, sono d’accordo, ma non nel modo che intende Lei. Di sicuro non ci sembra un gran segno di "concretezza" il fatto che il governo tagli il fondo di 20 milioni di euro per la prevenzione e il sostegno alle vittime della violenza sessuale. Anzi questo ci dimostra che avevamo ragione: il governo usa i nostri corpi per legittimare la propria politica razzista e poi ci sottrae fondi indispensabili per attuare una politica contro la violenza.
Ecco invece quanto noi intendiamo per "concretezza:
E’ necessario puntare su una politica che rafforzi le possibilità di
autodeterminazione delle donne. Non serve un sistema di leggi che rafforzino il
modello securitario. Dentro le nostre case serve che noi siamo in grado di
difenderci, di individuare i pericoli per prevenirli, di avere luoghi ai quali
poter fare riferimento per andare via prima che si possano verificare mille
tragedie, di avere diritto ad una abitazione e ad un lavoro che ci permettano di
vivere autonomamente senza dover restare piegate alla dipendenza economica dai
mariti.
Abbiamo bisogno che i centri antiviolenza non dipendano dagli
umori degli amministratori locali ma è necessario che si realizzi un registro
nazionale che attribuisca loro un riconoscimento e un ruolo importante e
necessario.
Abbiamo bisogno di una legge che stabilisca delle priorità
difficili, certamente non plateali come l’adozione di eserciti o centinaia di
poliziotti che in ogni caso non saranno mai in grado ne avranno mai il diritto
di pattugliare le nostre case.
Abbiamo bisogno di una legge che non
affidi la nostra difesa ad altri uomini ma ci permetta di rafforzare la nostra
sicurezza, la nostra vita con risposte concrete a bisogni concreti.
Abbiamo bisogno che sia stabilito un principio che in maniera forte
dica che le preferenze sessuali dei figli non devono riguardare i padri. Non ci
deve essere nessun genitore autorizzato ad accoltellare una figlia perché è
lesbica.
Il suo obiettivo come Ministro per le Pari Opportunità è
garantire che le opportunità siano veramente “pari” per tutte le donne.
Abbiamo bisogno di essere tutelate da un provvedimento che riconosca le
nostre reali necessità. Ci guardi bene, osservi e non si perda a cucirci addosso
bisogni che non abbiamo.
In fondo si sta parlando della nostra pelle e
non della sua.
Cordiali saluti
Quella di darle un ministero oltre ad essere una palese violazione del codice deontologico umano,ovvero un atto di immoralità assurda ,sarà per le donne una vera sciagura nonchè arma a doppio taglio;se ci lamenteremo di lei potranno venirci a dire che a quel punto tanto valeva dare la direzione delle Pari Opportunità ad un uomo!
A proposito del taglio ai fondi per la lotta contro la violenza sulle donne, ne ho parlato sul mio blog personale e ora cerco di avviare un po’ di tam-tam per fare rumore e non lasciar passare questa vergognosa iniziativa del governo in mezzo al silenzio estivo. Date un’occhiata:
http://marielademarchi.blogspot.com/…-fondi.html
Uniamo le nostre voci? Avanti!
Un caro saluto,
Mariela
…vabbè che la coerenza non è di casa da quelle lande, ma mi piacerebbe tanto chiedere alla signora Carfagna come mai Lei non è a casa a sfornare figli e come mai i suoi amichetti d’area predichino politiche familiste razzolando tra divorzi, convivenze (loro sì, tutelati “di fatto”) e plurifamiglie..
Certo non è lecito giudicare il Pater…
Se ci penso mi sà che quelli con la “Famiglia” più tradizionale sono da tutt’altre sponde (tipo Bertinotti) ..quantomeno curioso no?
sottoscrivo anco me
scusate ma le carfagna??
non e quella che a fatto successo facendo vedere le tette, e il sedere in tv??
Tv, poi mediaset, dove son tutti, cattolici come
lo psiconano, zilvio?? eh la dice lunga, che donno/a?????
saluti.
ottima lettera.
mi sto domandando se, tra i tanti punti su cui si deve agire per quanto riguarda la cultura in dichiarato arretramento, il nodo ‘pari opportunità – carfagna’ (dialogo e pressione nei confronti del ministro e del simbolo) sia un nodo chiave.
fuoriposto non avevo dubbi che i piani contro la violenza alle donne non avrebbero avuto la priorità con questo governo, figuriamoci :(((
che schifezza!
io propongo un bell’incontro di lotta nel fango tra la Carfagna e qualche esponente lesbo 😉
più seriamente… non so sei hai letto questo:
“””I fondi contro la violenza contro le donne. Spazzati via venti
milioni. Non che siano tantissimi ma certo erano moltissimo per gli
oltre cento centri antiviolenza che in Italia si occupano di dare
protezione e un tetto a donne sole, ragazze-madri maltrattante, per lo
più straniere, con bambini piccoli. Storie di senza nome, poco
performanti da un punto di vista mediatico, e però passa anche da
questi Centri antiviolenza il livello di civiltà di un paese.”””
( http://www.repubblica.it/…e/decreto-fiscale.html )
ciao
barbara 🙂
si che sono aperte le sottoscrizioni. la mando a lei, ai giornali, a chiunque possa servire. ogni suggerimento è ben accetto 🙂
mik, grazie della sottoscrizione!
Sottoscrivo pure io con entusiasmo.
La tua risposta è perfetta, pensi di aprire le sottoscrizioni?? La mia ce l’hai…
A chi la mandi?
Baci!
Bà