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Lesbica? Niente figlio.


Qualche mese
fa di una cosa simile si parlò in Spagna. Oggi è la volta di Palermo (giusto per ribadire le origini spagnole della sicilia). Stiamo parlando di una storia che però ha più pepe. Una donna pare sia stata ripudiata dai suoi genitori che in alleanza con il padre del nipote hanno ottenuto l’affidamento congiunto del bambino. Un po’ con loro e un po’ con il padre.

Il patto pubblico tra il padre della donna e il genero risale al momento in cui i due tolsero con la forza il bambino alla madre dopo aver malmenato l’amica con la quale era andata a vivere. Le accuse che le sono state mosse ruotavano appunto principalmente attorno a quella di lesbismo.

La madre ha perciò dovuto subire un lungo iter giudiziario durante il quale si è dovuta difendere in tutti i modi e per riottenere l’affido del bimbo ha dovuto giustificare quella nuova convivenza opponendo alle accuse una denuncia per diffamazione (sentirsi diffamata perchè dichiarata lesbica mi pare un modo di avallare una mentalità terrificante come quella di cui è stata vittima, una maniera di criminalizzare a sua volta l’orientamento sessuale lesbico relegandolo nella sfera dei comportamenti "anormali" da non attuare, se così è ho parecchie difficoltà a immedesimarmi nella donna e persino a comprenderla, ma non conosco bene la storia e quindi non so effettivamente se è stato così o se la denuncia riguardava altre cose dette in quel contesto malefico).


Il fatto che
la negazione dell’orientamento sessuale che le veniva attribuito sia stata la sua principale linea di difesa dimostra comunque quanto sia difficile ragionare in Sicilia di diritti senza dover attraversare il terreno frustrante e terribile dei pregiudizi. Al momento pare che la battaglia sia vinta e che il bambino sia stato riaffidato a lei che insiste sempre nel definirsi non lesbica e si ritrova ancora a doversi giustificare da una accusa che è abbastanza paradossale che venga considerata dentro un’aula di giustizia. A me sembrerebbe infatti opportuno porre l’accento su quel giudice che le ha tolto il figlio affidandolo a nonni e papa’ lesbofobi sulla base di argomenti che non potevano in alcun modo essere posti in relazione con la "efficienza" della donna nell’essere madre. 

Come se in Sicilia si applicasse un codice a parte che pare più ispirato al diritto canonico o a quello di certi paesi arabi (che è un’altra nostra bella radice culturale di appartenenza). A prescindere dal fatto che lei sia lesbica o meno (e se lei dice di no ovviamente nessuno può affermare il contrario) quello che fino ad ora le è accaduto rende comunque chiara l’idea di cosa avviene ad una donna non eterosessuale (ma anche le etero non se la passano da dio) in un contesto del genere: sputtanata dal marito, cacciata via dai genitori e infine defraudata da un giudice del diritto ad essere madre per una questione di orientamento sessuale. Una donna non ha il diritto di offendere gli uomini della sua famiglia in alcun modo, pena l’alleanza dei due contro di lei.

Una donna in sicilia non ha diritto ad essere madre e donna allo stesso tempo. Se sei mamma e ti permetti di avere una vita sessuale al di fuori dal previsto contesto coniugale allora sei un po’ puttana. Perchè una donna con figli*, separata, divorziata o vedova o ragazza madre (che viene chiamata così anche se ha 46 anni e ragazza non lo è più e fa un figlio senza un uomo accanto) per la mentalità sicula è una madonna che ha da essere imbalsamata, a celebrare il lutto perenne per la assenza del "fu" pene nella sua vita, a dilaniarsi e disperarsi senza mai poter mostrare gioia, felicità e persino soddisfazione nell’aver scelto di intraprendere percorsi di vita in autonomia senza un uomo accanto. Se non hai la pinnuzza a portata di mano non sei niente. Se non te la sposi sei meno che niente. Se poi vai a vivere con un altra donna e sessualmente ne fai volentieri a meno, apriti cielo… Ne abbiamo di strada da fare in Sicilia, eh?

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio.


2 Responses

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  1. FikaSicula says

    si Angy cara, hai perfettamente ragione!
    di strada abbiamo da farne un po’ dovunque. ciascuno racconti il proprio luogo e si sommeranno tante intolleranze e tante istigazioni alla violenza contro donne, gay, lesbiche, trans…

    quelli con le tonache sono i primi ad istigare…
    un grande bacio a te :)**

  2. Angy says

    Bologna, settembre 2006: due ragazzi gay vengono aggrediti e picchiati selvaggiamente da un gruppo di teppisti mentre passeggiano per strada.

    Commento all’episodio del vescovo ausiliario della città, mons. Vecchi: “LA VIOLENZA E LA TRASGRESSIONE SONO CUGINE” (Repubblica)

    Quindi la trasgressione, non l’INTOLLERANZA, é cugina della violenza, capito?!
    Ma quale trasgressione??? Trasgressione a regole che non abbiamo scelto e che non condividiamo….

    Bhe anche a Bologna ne abbiamo di strada da fare….

    Baci carissime
    Angy