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Donne povere della Sicilia, unitevi…

In Sicilia esiste un femminismo che è segnato da mille
differenze. Quello che conosciamo di più è rappresentato dall’eredità di parole
di donne discendenti da casati nobiliari o appartenenti a grandi casate alto
borghesi. Poco o nulla sappiamo o abbiamo letto di altre donne. Perché non erano abbastanza
istruite per lasciarci in regalo le loro storie (comunque narrate di bocca in bocca sottoforma di nenie o filastrocche o anche ricordi consegnati per lasciare nuove custodi delle storie familiari) o anche perché il mercato
della cultura un controllo un po’ nepotista e amicale ce l’ha. Il contesto
culturale siciliano ha sempre realizzato un attento ostracismo nei confronti di
donne non di “razza” (Riconoscendo alla casa editrice Sellerio – e talvolta anche alle edizioni La Luna e alle edizioni de La Battaglia – la grazia e bellezza di aver comunque tessuto memorie e racconti altrimenti difficili da rintracciare).

Quel femminismo che parlava di contadini e fame e miseria
lo abbiamo fatto scrivere e raccontare agli uomini o alle donne che non l’hanno mai
vissuto per davvero. Io ho sempre amato leggere di duchesse e baronesse. Mi è
piaciuto leggere di grandi proprietari terrieri e di grandi donne eredi di
enormi ricchezze. Alcune tra loro le ho anche conosciute e al di la’ dei loro
privilegi e della loro fortuna, quella di essere nate in famiglie agiate, emanavano il
fascino di donne che avevano visto mondi lontani. Avevano viaggiato, magari
studiato all’estero, conoscevano le lingue straniere, il francese, l’inglese. Sapevano di arte e letteratura.

Sapevano intrattenere una conversazione su
politica, economia e cultura. Ho letto i loro racconti fatti di piccole e
grandi rivoluzioni in un mondo di padri e figli maschi primogeniti. Le ho viste
farsi suore e abitare nei conventi che i padri ricchi compravano per loro. Poco
ho letto di donne povere, analfabete, contadine e senza futuro. Poco ho saputo
di donne che pure in Sicilia erano la stramaggioranza. Donne come mia nonna e
sua madre e l’altra madre ancora. Il presente sta un po’ colmando il vuoto di
narrazioni. Difficile raccontare con parole non aristocratiche. Difficile
leggere la realtà di quei tempi senza separare proprietari terrieri da semplici
contadine.

E’ difficile ma va fatto. Oggi che siamo istruite e che le contadine
non esistono quasi più. Andrebbe raccolta l’eredità delle nostre nonne per
arrivare fino a noi con interpretazioni non discriminanti, con letture non
unilaterali. Va raccontata anche la nostra vita di donne del sud non
discendenti da preziosi casati che ancora resistono a Palermo e che contano in
Sicilia. Va raccontata la nostra difficoltà di vivere oltre il muro del
privilegio, nel contesto dove l’istruzione quasi produce snobismo che diventa un lusso che ci isola dal nostro
basso ceto e dove persino un libro bisogna scriverlo nei ritagli di tempo tra
un co.co.co. e una pipi’ frettolosa.

Siamo donne che non possiedono immobili
nel centro storico delle città nobili, a cui la curia non venderà mai case a prezzi di favore, che
non potranno mai ristrutturare la propria masseria con un finanziamento
pubblico e un timbro dei beni culturali. Siamo quelle che in ospedale devono
fare la fila lunga delle persone senza raccomandazioni. Che nelle visite ginecologiche vengono rovistate senza rispetto. Come si fa con la merce cui non si attribuisce nessun valore. Siamo figlie di padri
semplici perché i nostri padri hanno buttato sangue per farci crescere o perché
abbiamo difficoltà a ereditare i frutti della loro fatica se non ce li siamo
davvero guadagnati. Siamo quelle che hanno studiato all’università per avere un’altra
possibilità di esistenza. Poi abbiamo scoperto che quella opportunità ce l’avevano
già soffiata sotto il naso e che per fare quello che desideravamo o quello che
ci serviva bisognava emigrare.

Siamo cameriere, commesse, impiegate, donne
delle pulizie, segretarie, maestre. Siamo quelle che non possono volare tra
Roma e Palermo con in mano l’ultimo best seller dell’ultimo premio nobel per la
letteratura. Siamo quelle senza villa privata, senza scoglio rubato e recintato
in riva al mare. Siamo quelle che non hanno macchine d’epoca e non partecipano
alle feste dei vip a Pantelleria. Siamo tante e nessuna conta davvero perché
non siamo mogli di uomini potenti o figlie di nobili decaduti.

Non contiamo perché non
facciamo parte dell’intellighenzia alto borghese che dirige i finanziamenti per
l’imprenditoria femminile. Siamo povere, svantaggiate, senza privilegi e
subiamo il monopolio delle rare risorse e dei rari accessi ai mondi della
cultura e del lavoro. Siamo tante, dappertutto e insieme possiamo fare molto.
Basta iniziare a prendere la parola. Basta immaginare di esistere per davvero.
A partire da ora. (Ci voleva il richiamo rivoluzionario alla fine, eh? :P)

Posted in Corpi, Fem/Activism, Precarietà.


12 Responses

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  1. FikaSicula says

    Grazie a voi Le viole,
    per le parole e per il coraggio. perchè siete rare e lo sapete, noi lo sappiamo.
    Questo spazio è anche vostro. per ogni azione, iniziativa e ogni cosa utile vorrete far sapere in giro noi ci siamo.
    fateci sapere presto quando avrete il telefono e il link e sarete immediatamente recensite e diffuse dovunque per noi sia possibile arrivare.
    un abbraccio da sorelle, care viole
    🙂

  2. le viole says

    Le viole. Grazie di cuore. Per lo spazio, la risposta, l’ascolto, il peso, le parole.

    Hai sottolineato bene il mondo maschile di un certo femminile e altre hanno sottolineato bene la necessità di una presenza maschile in un certo femminismo… ma non deve venire da noi (riteniamo) l’invito, ma la loro identità e coscienza deve farli sentire parte in causa. Soggettiva.

    Plurale maschile, appunto. Per esempio.

    Intanto ti diciamo che lavorare su un piccolo territorio.. è difficile.

    Ma anche intenso. A volte, pericoloso. Come pericolosa è la Sicilia.

    Siamo in cooperazione con un comitato locale per la morte di Graziella Campagna (ricordiamo?).

    Il 12 dicembre ricorre il suo assassinio. Noi ci saremo accanto a quelle persone che SUL TERRITORIO non vogliono tacere.

    Creeremo un percorso comune dalle nostre esperienze.

    Noi ci saremo. Perché siamo. Perché percepiamo di essere. E non può essere altrimenti.

    I soldi. E la cooperazione sociale.

    Ridiamo…

    L’umanità richiede umanità come un bimbo richiede latte dal seno… e quando il latte va comprato o nutrito chi lo spiega alla bambina che i soldi fanno latte?

    Eppure ci siamo. Abbiamo deciso di esserci. Perché questa la nostra identità e la nostra voglia di vivere.

    Ci piace essere qui. Con desiderio e piacere.

    E sappiamo di non essere sole.

    Puoi pubblicizzare la nostra email. Il telefono? Domani andiamo a comprarlo, aspettavamo che i nostri datori di lavoro ci pagassero!

    Il sito? Aspettiamo qualche amica o anche amico per la cooperazione. Tra un po’ lo avremo e ve ne daremo il link.

    Siamo appena nate. E’ inverno. Inizia a fare freddo.

    Ma non abbiamo sbagliato stagione.

    Buon 24 e 25 a tuttE!

    Ben venga il femminismo e ben venga un certo modo di riappropriarsi del nostro genere.

    Assolutamente Politically scorrect.

  3. FikaSicula says

    ecco le viole questa è una storia che va raccontata perchè fa arrabbiare e perchè fa pensare. altro che modelli di sviluppo, in sicilia siamo davvero all’anteguerra.
    altrimenti non si capisce quanto sia grande la generosità delle donne che operano in questa/quella terra.
    non avete un sito internet mi pare di capire. posso rendere pubblico il vostro indirizzo mail? un numero di telefono? così faccio un post che parla di voi e vediamo se c’e’ qualcun’altra disposta a raggiungervi o a fare qualcosa assieme a voi…

  4. le viole says

    … anche altrove non si sta bene, lo sappiamo.

    Le viole vengono, sicule, da altrove e scelgono di radicare in terra sikana.

    Facezie. Il comune ci ospita in due locali che abbiamo dovuto ristrutturare a nostre spese (ma, ci diciamo, meno male che ci sia un tetto che ripari le nostre azioni e meno male che non ci sia fitto per questo tetto), la luce è a carico del comune (avrebbe dovuto mettere un contatore a parte, troppo complicato, quindi…) …

    Il telefono?

    A nostre spese… Uno sportello antiviolenza…

    Lavoriamo altrove per “investire” (!) nel nostro Centro… Un progetto di vite, e non puoi non esserci.

    Arredamento? A nostre spese.

    Il servizio? A Nostre spese.

    Per ora ci siamo. Piene e forti.

    Consapevoli che per la serietà richiesta dal Centro il volontarismo non può durare molto. Pena l’efficacia dell’agire.

    In attesa del primo bando e della prima “sensibilità” della prima Istituzione…

    Chi offre di più?

    Retorica. Ogni quanti abitanti la normativa europea prevede un Centro Antiviolenza?

    E chi paga?!

    E io pago… diceva qualcuno..

    Grazie a noi tutte di esserci e agire…

  5. FikaSicula says

    grazie le viole,
    si, prima o poi apriremo di certo un confronto sulla cooperazione in queste pagine. dite che succede e quali difficoltà avete e di sicuro si aggiungeranno altre a parlare di questo. io racconterò della mia espreienza che è davvero a tratti squallida. per fortuna ci siamo noi, per fortuna ci sono le viole… altrimenti davvero sarebbe una pena cercare di fare qualcosa di buono in Sicilia (ma anche altrove vi giuro che non si sta così bene bene)

    un bacio

  6. le viole says

    … ci hai chiesto di descriverci. Questo richiede calma e tempo e parole pesate.

    Ora siamo in attività per il 25 novembre. Apriamo lo sportello Antiviolenza a Villafranca Tirrena.

    Giornata intensa. Con una parte istituzionale (prima o poi, apriremo un confronto sul surreale mondo della cooperazione sociale su queste pagine?!) e un’altra conviviale e artistica, dalle 16 del pomeriggio nell’Aula Consiliare del Comune e poi in piazza.

    Intanto, vi lasciamo una poesia che apre alla nostra descrizione.

    Buone giornate a tutte, lavorando per ogni 25 novembre!

    Sono la piccola “Viola del Pensiero”!
    Non mi curo di cieli imbronciati!
    Se la Farfalla tarda
    Posso, per questo, mancare?

    Se il Codardo Bombo
    Resta al calduccio,
    Io, devo essere più risoluta!
    Chi farà la mia apologia?

    Caro – Antiquato, fiorellino!
    L’Eden, anche, è antiquato!
    Gli uccelli sono tipi all’antica!
    Il cielo non muta il suo azzurro.
    Né io, la piccola Viola del Pensiero –
    Sarò mai indotta a farlo!

    Emily Dickinson

  7. FikaSicula says

    grazie a te emma 🙂
    a presto!
    baci

  8. e.p. says

    Donne povere della Sicilia, senza immobili e rendite, donne proletarie del nord senza una lira, senza un lavoro, senza niente, uniamoci!
    W la Rivoluzione Femminile Proletaria!
    (bellissimo il post, grazie di cuore)

  9. FikaSicula says

    avevo capito Vi,
    la precisazione non era necessaria (per me) :)*
    chiunque abbia radici in quel sud sa che le donne della mia e di altre terre meridionali hanno necessità di essere donne due volte di più. perchè devono combattere per esistere e perchè devono combattere contro la facile colonizzazione culturale e politica di altre donne che ci appiccicano addosso facili interpretazioni e anche inadeguate soluzioni.

  10. v. says

    Non sono “sicula”, ma il fatto di essere nata il quel Sud che da bambina ho girato in lungo e largo con la mia famiglia ( quando ancora il “nomadismo” non era una parola alla moda, ma solo una necessità) e poi ho lasciato per “emigrare” verso quel Nord amato/odiato (vivere sola , andare all’università … e insieme il luogo dove – lo avevo appreso da bambina, “origliando” un discorso non destinato a me-, non si “affitta a meridionali”. E tante volte anch’io mi sono sentita “altra” e non sempre piacevolmente! … ), allora dicevo il fatto di essere nata ” a Sud” (e di tornarci, spesso, sempre … e quanto ci sarebbe da dire su questo andare e tornare), mi fa capire veramente (penso) quella difficoltà, quel “difficile” di cui parli.
    Un abbraccio
    v.
    PS: a scanso di equivoci: non è un discorso di tipo “essenzialista” il mio. Non capisco perché “sono meridionale”, ma perchè ho fatto “l’esperienza” di cosa significa esserlo (precisazione forse inutile?)
    ancora un bacio

  11. FikaSicula says

    Grazie Viole 🙂
    sono felice che abbiate scritto e mi piacerebbe che raccontaste quanto è difficile il vostro lavoro in Sicilia, piu’ che a roma o a bologna, piu’ che a firenze o milano. lo so che è più difficile. raccontate di voi e troverete altre donne pronte a raggiungervi. chi siete, come siete nate, di cosa avete bisogno. qualunque cosa sia, questo è anche il vostro blog e lo pubblico subito.
    vi abbraccio tutte

  12. Le viole says

    Esistere e percepire di esistere. Colta la differenza.
    Siamo solo nel momento in cui, percependo di essere, agiamo.

    E gli atti sono lì. Guardabili, toccabili, udibili, gustabili, annusabili… incrociabili in movimento.

    Leggiamo con partecipazione i tuoi scritti.

    Noi siamo, abbiamo percepito di esistere e iniziamo ad agire per rimodellare la frattura delle nostre esistenze.

    Siamo donne, poche, di una città particolare della Sicilia, Messina.

    DI un comune, come tanti, della provincia messinese. Quasi sua periferia.

    Abbiamo costituito una Cooperativa Sociale “Le viole” per aprire uno Sportello Antiviolenza “Un vivaio per le viole”.

    Facciamo piccole azioni, la notte, che permettano un risveglio diverso a cittadinanze dormienti.

    Ma qui (più che altrove) è dura. Ed è dura perché mancano braccia di donne che assieme possano accogliere, attutire cadute, permettere salti, farci addormentare e risvegliare serene e protette…

    Cogliamo il tuo invito.

    Noi ci siamo. Per agire assieme ad altre individualità femminili e siciliane. Negando la cultura del privilegio.

    Per percepire di esistere e per essere. In un mondo che fa di tutto per negare la umanità di ciascuno. E ancor di più di ciascuna.

    Ma l’individualità è nostra e noi ce la dobbiamo difendere.

    Un abbraccio e un grazie per il tuo lavoro,

    Le viole