Da Abbatto i Muri:
Leggo questo articolo e, a parte immaginare che Miley Cyrus dovrà sorbirsi un altro sermone, mi vengono in mente molte cose. Si ragiona sulla “morte che ti fa bella“, quella usata come pretesto fashion per pubblicizzare un marchio d’alta moda o per rappresentare soggetti ripresi da famosi fotografi. L’indignazione è forte, ché non si gioca con la morte delle donne perché il #femminicidio e bla bla bla.
Mi viene in mente, non so perché, una ironica Edwige Fenech quando rispondeva alle critiche delle signore che la rimproveravano perché protagonista di filmini sporchi adatti a un pubblico sessista e lei diceva che in fondo non c’era nulla di più pulito perché faceva tante docce e con quelle docce si manteneva e manteneva la prole. Non so quanto siano pagate queste modelle per essere rappresentate belle e morte ma credo che faremmo lo stesso errore di chi le vuole lì come oggetti inanimati se le trattassimo ancora da oggetti e non considerassimo innanzitutto anche le loro storie. Perciò guardando la faccenda dalla loro prospettiva diciamo che fare la donna morta in pubblicità (come talvolta la vittima di violenza) è diventato un mestiere (non da ora, se pensate ai tanti film che campano di vittimizzazione del femminile e straripano di cadaveri donne) e con la precarietà che c’ammazza, e non sto usando un eufemismo, senza che nessuno si assuma la responsabilità di tante morti “ordinarie” e quotidiane, se mi chiedessero di farmi immortalare in quelle pose, per soldi, lo farei anch’io.