da Gli Altri:
di Angela Davis
La prima risposta ai problemi sociali delle persone che vivono in povertà è diventata l’incarcerazione. Quegli stessi problemi sono stati tutti raggruppati insieme nella categoria “criminalità”. L’essere dei senza tetto, la disoccupazione, il disagio mentale, l’analfabetismo sono alcuni di questi problemi, che scompaiono dalla scena pubblica quando gli esseri umani che ne sono protagonisti vengono relegati e chiusi in una gabbia. E la pratica di far scomparire un vasto numero di persone dalle comunità dei poveri, degli immigranti e da quelle dei neri è diventata letteralmente un grosso affare economico.
Quando si fa scomparire un gran numero di esseri umani per dare l’illusione di risolvere un problema sociale è necessario creare infrastrutture penali, merci e servizi devono essere resi disponibili per tenere viva la popolazione imprigionata. A volte bisogna trovare il modo di tenere questa popolazione impegnata mentre talvolta – soprattutto nei carceri di massima sicurezza- bisogna privarla di qualsiasi attività significativa.
Tutto questo lavoro, che era una volta competenza primaria del governo, viene ora svolto da corporation private il cui legame con il governo nel campo che viene eufemisticamente chiamato della “correzione” è pericolosamente affine con il complesso militare industriale. I dividendi dell’industria della punizione, proprio come quelli derivanti dagli investimenti nella produzione di armi consistono fondamentalmente nella distruzione sociale. Tenendo dunque presenti le somiglianze strutturali e il legame tra questa industria e il governo, l’espansione del sistema penale si può caratterizzare come un “Complesso industriale delle prigioni”.
Quasi due milioni di persone sono oggi rinchiuse nell’immensa rete carceraria americana. Circa cinque milioni – inclusi coloro che sono in libertà condizionata o liberi sulla parola – sono gli individui posti sotto la diretta sorveglianza del sistema giudiziario. Tre decadi fa la popolazione carceraria era circa un ottavo di ciò che è adesso. Se le donne costituiscono ancora una percentuale relativamente piccola di questa popolazione, oggi il numero di donne incarcerate in California per esempio, è quasi il doppio di quello che era negli anni Settanta la popolazione carceraria femminile dell’intero Paese.