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#YoDecido, Bologna: Oggi parla la ragazza con l’orecchino di perla: Mi bombo es mio.

Dalle Mujeres Libres:

Contro chi mi vuole soggetto muto e statico, parlo: mi dichiaro complice delle donne spagnole opponendomi al progetto di legge Gallardón. Limitare o negare il diritto all’aborto significa ridurci a incubatrici di figli. Non mi limito a indossare un orecchino, sono libera di decidere come vivere la mia vita.

Per questo oggi in via Indipendenza avete visto i miei pensieri materializzarsi sui manifesti della mostra che mi ha portato a Bologna. Toglierci ogni scelta ci obbliga ad abortire clandestinamente, negando il nostro diritto alla salute e all’autodeterminazione.

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#Firenze, 1 febbraio: Yo Decido, decido io!

1 febbraio Firenze 1

Riceviamo e volentieri condividiamo:

Treno della Libertà

1° febbraio 2014

“perché io decido”

Le donne spagnole il 1° Febbraio partiranno da molte città verso la stazione Athoca di Madrid per poi recarsi davanti al Parlamento ed esigere che venga mantenuta la legge attuale su salute sessuale e riproduttiva e sull’interruzione di gravidanza. Alle 12.00 il corteo si recherà sotto l’Assemblea dei Deputati, per consegnare il manifesto Yo Decido” al Capo del Governo, al Presidente del Parlamento, alla Ministra Ana Mato, Al Ministro Alberto Ruiz Gallardòn (autore della proposta di legge) e ai vari gruppi.

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Te la farò pagare. Le classi sociali nell’esperienza trans e autonomia dei corpi

trans_flagdi Frantic pubblicato su intersezioni il 29 gennaio 2014 (Via Intersexioni)

Quando ho fatto coming out ai miei genitori, rivelando il rapporto un tantinello apocalitticamente e insanabilmente conflittuale tra la mia identità di genere e il mio corpo sessuato, la risposta non è stata delle migliori. La cosa curiosa è che la prima frase che è uscita dalla loro bocca non è stata quella che mi aspettavo: «come ce lo permettiamo?». Le fragilissime accuse di essere contronatura e voler sfuggire all’omosessualità sono arrivate dopo e sono crollate miseramente, perché fin dal principio erano soltanto puntelli per distogliere l’attenzione dal problema principale: la mancanza di soldi. Non a caso una volta stati dalla psicologa, hanno capito benissimo che non intendevo (o intendo, visto che questo per me è ancora un presente) fuggire proprio da nulla se non da una sofferenza che con le persone che amo e/o faccio sesso non ha nulla a che vedere. Accusare tuo figlio di voler fare il finto etero è abbastanza ridicolo, se tuo figlio è la stessa persona che spiattella in giro la sua bisessualità come se non ci fosse un domani; e soprattutto, è un’argomentazione potenzialmente valida solo per una persona trans attratta esclusivamente da generi diversi da quello a cui sente di appartenere (e al quale, pertanto, appartiene). Categoria della quale indubbiamente non faccio parte.

Il denaro è parte integrante della vita in questa società: basta pensare al conto in banca, all’avere un lavoro, acquistare prodotti e via dicendo; il proprio contributo alla società è misurato esclusivamente in termini economici, e questo stabilisce quanto si è degni di esistere. Quel mucchio di gente che si trova ad essere forza-lavoro, in questo mondo ha dignità d’esistenza solo perché produce il plusvalore che capi/padroni estraggono e di cui campano, come parassiti. E ci riescono perfettamente: il miglior parassita è quello che non si palesa, continuando a parassitare l’organismo in cui si trova; e infatti le colpe della società classista finiscono per essere patrimonio degli immigrati e di altri soggetti sfruttati e oppressi. Tra la contraddizione capitale/lavoro e l’esperienza transessuale e transgender c’è un legame fortissimo, anche se non troppo evidente ai più, proprio per la certosina opera di invisibilizzazione che si compie ai danni delle istanze che una volta messe sul tavolo pongono domande scomode e sfuggono al disegno assimilazionista, eterocisnormativo e normalizzatore dell’attuale politica gay e lesbica mainstream. È un legame che si palesa in tanti aspetti.

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