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Il femminismo col copyright al tempo della libera condivisione dei saperi

1173845_637278386291099_1286171987_nDa Abbatto i Muri:

Cosa speravi di trovare nel femminismo tu che sei una di periferia? – mi disse un’amica che ben sapeva quanto grande fosse l’amarezza, la disillusione, la tristezza.

Cosa speravo di trovare io, femminista di periferia, nel tentativo di de-colonizzarmi e trovare parole e pensieri per esprimere il mio punto di vista? Speravo di trovare casa, calore, accettazione della diversità, libertà, riconoscimento, generosità, coerenza. Speravo di trovare anche contraddizioni, umanità, imperfezione, giammai santità e dunque la possibilità di esprimersi in modo disallineato, senza dover aderire a logiche precise e senza partecipare a dinamiche di branco.

Che a capo del branco ci sia un uomo e una donna alla fine cosa cambia? Niente. Non cambia niente. Funziona tutto allo stesso, identico modo.

Cosa speravo di trovare io, femminista a margine, in un contesto spesso fatto di benestanti pensionate, stipendiate, donne cresciute all’ombra di un partito, signore che si autopubblicano un tot di libri e poi scrivono la propria biografia (modeste!) su wikipedia come se le conoscesse qualcuno. Cosa speravo di trovare io tra donne che a volte ho trovato geniali e altre volte depresse, disancorate dalla realtà, a parlarti di fumo mentre tu hai la precarietà che ti brucia il culo, a raccontarti come sia dannoso un manifesto pubblicitario mentre tu ti chiedi quanto avrà guadagnato la modella, a dirti che alcuni mestieri sono poco dignitosi per le donne mentre tu ricordi tutte le volte che hai indossato una minigonna e hai mostrato il corpo per campare.

Cosa speravo di trovare io, femminista di periferia, tra quelle che mi chiedono di impegnarmi per chiedere la censura di questo e quello, per promuovere leggi che servono a loro, donne bianche, moraliste, borghesi, possibilmente con la colf straniera alle loro dipendenze, a volte candidate di partiti maggioritari e perciò a impormi le quote rosa come prioritarie, io che ancora ho da capire come fare a non essere invisibilizzata da donne differenti per classe, ceto, identità politica e livelli di consapevolezza. Cosa speravo di trovare tra donne che piegano le lotte femministe agli interessi di partito e poi le svuotano di contenuto e finisce che da donna libertaria quale sono mi obbligano a diventare una specie di fascista che vuole più galera per chiunque o che ragiona per securitarismi e infine immagina che le donne siano sempre brave e buone a prescindere. Si, certo. Come no.

Continued…

Posted in AntiAutoritarismi, Comunicazione, Critica femminista, Pensatoio, Personale/Politico, R-esistenze, Scritti critici.


Basta aggiungere una “M” e lo Zoo va giù…

Room with a Zoo

da Intersezioni:

Premessa necessaria: Gli zoo pubblici, per come li conosciamo oggi, affondano le proprie radici nel periodo di espansione coloniale europea. Storicamente, gli zoo di animali sono nati insieme agli zoo umani. Gli zoo umani erano una componente chiave delle fiere ed esposizioni mondiali, nelle quali le potenze coloniali mostravano la loro ricchezza e tecnologia avanzata accanto ai “selvaggi” conquistati. Venivano pertanto costruiti villaggi di popolazioni indigene come replica del loro supposto “habitat naturale”,  di modo che il pubblico potesse vederli nei loro supposti  ”costumi tradizionali”. Questi individui erano spesso schiavi. Per lungo tempo i “selvaggi” vennero mostrati a fianco della fauna selvatica, a rafforzare la pretesa dei conquistatori che gli indigeni fossero l’anello mancante tra  animali ed esseri umani.

Nel libro Metamorphoses of the zoo: Animal encounter after Noah, Ralph Acampora, citando la famosa e triste storia di Ota Benga, giovane guerriero pigmeo recluso nello Zoo del Bronx nel 1906, afferma:  ”A prescindere dall’indignazione che ci suscita la prigionia di Ota Benga, la questione cruciale è quella posta da Hari Jagannathan Balasubramanian: Per quale motivo la maggior parte di noi non condanna, oggi, quello che nel 2107 sarà percepito come davvero vergognoso? Forse, nel 2107, gli zoo saranno visti come una vergogna.”

Continued…

Posted in Animalismo/antispecismo, AntiAutoritarismi, Ecofemminismo.


A Riccardo Venturi: solidarietà!

A Riccardo Venturi vogliono togliere le parole. Rischia fino a 5 anni di galera, aggiungi un terzo della pena per una ulteriore accusa di recidiva, e tutto questo per l’accusa di Offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica. Ne parla QUI e il post per cui è stato denunciato e rinviato a giudizio sarebbe QUESTO.

Dal basso di questo blog, avendo sempre avuto chiaro che neanche la satira ci salverà e che oggi qualunque forma di dissenso orale, scritta, è sottoposta a controllo e repressione, avendo chiaro che, chissà, anche su di me come su qualunque altr@ blogger che scrive ciò che pensa, pioveranno sulla testa chissà quante e quali denunce, mi chiedo come sia possibile, oggi, immaginare che l’Italia si salvi perseguendo e punendo un uomo come Riccardo.

E’ un gran compagno, una persona di cuore e quando dico cuore lui sa che glielo stringo forte perché è tanto generoso quanto umano. Uno di quegli anarchici schietti che non te la mandano a dire e che ti basta dirgli ciao, gli stringi la mano e ti dà il braccio intero. Dice che non vuole solidarietà ma la solidarietà se la piglia comunque perché oltretutto quello che succede a lui non è un fatto privato. Non è solo personale. E’ un fatto politico.

Davvero c’è chi vorrebbe mandare in galera Riccardo per questa ragione? E per fortuna che la legge si è un minimo evoluta. Pensate che un tempo per una cosa così c’era la pena di morte…

Ps: c’è ancora qualcuno che dice che la rete avrebbe bisogno di più controllo e di più leggi repressive?

Posted in AntiAutoritarismi, Personale/Politico, R-esistenze.