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Il “pornoterrorismo” è una minaccia! (come potrebbe piacere alle moraliste?)

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da Abbatto i Muri:

E’ assolutamente comprensibile che un certo femminismo dogmatico, borghese, abolizionista e moralista si senta minacciato dal “pornoterrorismo”. Perché il pornoterrorismo è una minaccia, in primo luogo al patriarcato, al capitalismo, e poi a chi immagina di lottare contro di esso riproponendo un burqa (finanche mentale) per le donne. Le donne viste soltanto come vittime, mai autodeterminate, e “coperte” in nome del rispetto per la nostra dignità sono residuo della peggiore retorica patriarcale. E chi non comprende quanto urgente sia riappropriarsi di linguaggi e immaginario per sovvertirli, pur reclamando a gran voce il diritto a essere nude quando e se lo vogliamo, e quanto urgente sia non censurare la nostra sessualità ha solo da aprire una chiesa. Una bella e antica chiesa. Solo un po’ alternativa ad altre. Buon porno autodeterminato a tutte!

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#Svizzera: rapporto istituzionale propone regolarizzazione a tutela delle #sexworkers

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da Abbatto i Muri:

Comunicato ripreso da QUI. Parla di un rapporto a cura di una commissione istituzionale che sarà origine di provvedimenti in Svizzera. Il gruppo di esperti che si è occupato di queste ricerche respinge il modello svedese e pragmaticamente, per meglio tutelare le sex workers dall’esposizione allo sfruttamento, si dirige verso la cancellazione dello stigma sociale e giuridico relativo le regole del “buon costume” e immagina una serie di buone prassi da adottare. Tutto ciò, mentre in Italia ancora bisogna spiegare ai politici perché la Legge Merlin va abrogata, lì è deciso e discusso senza mai sovradeterminare le sex workers che sono state coinvolte in questo percorso. Ecco il comunicato e buona lettura!

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Berna. È necessario proteggere meglio dallo sfruttamento le donne che lavorano nel settore a luci rosse migliorando il quadro normativo nell’ambito di una politica nazionale sul lavoro sessuale. È quanto raccomanda un gruppo di esperti istituito dal Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP). Nel rapporto, pubblicato il 24 marzo 2014, il gruppo peritale propone varie misure, tra cui l’abrogazione della contrarietà al buon costume, e respinge il divieto della prostituzione sul modello svedese.

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Come l’attivismo anti-violenza mi ha spinto a diventare un’abolizionista del carcere

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Da Incroci De-Generi:

Traduzione di un articolo di Beth E. Richie apparso su The feminist wire

La scelta di tradurre e pubblicare questo articolo è motivata in larga misura dallo stato in cui versa il femminismo bianco, liberale e borghese, italiano e non solo. Pur nella specificità e nella diversità dei contesti cui Beth Richie fa riferimento, l’approccio del femminismo nero alla violenza offre indicazioni di analisi e di metodo molto più complesse e complete, pressocchè ignorate non solo in Italia, ma più generalmente in Europa, da quel femminismo bianco liberal-borghese che ha monopolizzato il dibattito, impoverendolo e spostandolo a destra. Quest’ultimo, infatti, è stato ridotto ad un essenzialismo vaginale che mistifica la realtà, sorvola sulle numerose disuguaglianze che strutturano gerarchie di potere fra le donne stesse, invoca un ricorso sempre più massiccio alla logica della carcerabilità e tace sulla violenza che anche lo stato perpetua contro le donne, in particolare quelle non europee, appartenenti alle classi sociali medio-basse e non conformi al genere. Ben lungi da ogni tentativo di appropriazione culturale, ma riconoscendo e sottolineando il grande contributo del femminismo nero allo sviluppo di una teoria e di una prassi intersezionale di cui si avverte estremo bisogno anche fuori dai confini d’America, con questa traduzione si vuole invitare a riflettere sulle costanti che si possono individuare tra le cosiddette politiche anti-violenza americane analizzate da Richie e quelle in atto in Italia ed in gran parte dell’Europa.

Buona lettura

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