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Il #Pd riprova a guadagnare consenso grazie al brand “vota donna”

da Abbatto i Muri:

Vediamo: il Pd è quello che ha promosso una paternalista legge sul femminicidio che non è servita a niente se non come pretesto per legittimare repressione. Non si è occupato di prevenzione, ancora oggi i centri antiviolenza battono cassa affinché il governo faccia quel che vagamente ha promesso, mentre i femminismi filo/istituzionali gli suonano le serenate bene auguranti dalla 27esimaora e forse, dico forse, io lo spero, una oramai conosciuta vittima di violenza scansa la candidatura nella liste di quel partito. Candidatura che dimostra come il Pd preferisca rappresentare  lo status di vittima alla quale lo Stato presta soccorso e dona spazi per quel ruolo e non altri che quello invece che favorire l’autorappresentazione delle donne autodeterminate le cui richieste vengono perennemente ignorate.

D’altro canto il Pd della nuova era mostrò sessismo fin dall’insediamento del governo. Con otto donne ministre l’operazione di marketing fu ben riuscita. Era il Pd della stessa corrente che al Parlamento Europeo si era astenuto dal voto del rapporto Estrela sul diritto delle donne ad un aborto sicuro e assistito; è quello che ancora al Parlamento Europeo votò a favore della autoritaria risoluzione abolizionista della prostituzione. E’ il partito in cui in tante, prima ancora che ragionare della pessima legge elettorale scelta, si preoccupavano solo delle quote rosa. Lo stesso partito che ha tra le sue fila donne, ora a quanto pare candidate alle europee, che vorrebbero risolvere i problemi della comunicazione in rete con la censura. E’ il partito che sta portando avanti il Jobs Act che è uno strumento atrocemente neoliberista che massacra le ultime garanzie per i lavoratori e precarizza ulteriormente le nostre vite. Parlo del partito che ha voluto la legge per realizzare la Tav Torino/Lione che intendono far realizzare lì a costo di criminalizzare chiunque tra i valsusini vi si opponga.

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Anna siamo tutte noi

095815597-adec7f36-390a-45cd-97f4-04b55ffc3673Da InfoAut:

Pubblichiamo il comunicato con cui i compagni e le compagne del Csoa Gabrio hanno preso parola sul vergognoso sciacallaggio con cui i giornali locali hanno trattato la vicenda di Anna, compagna del centro sociale mancata pochi giorni fa.

“Torino, donna muore dopo l’aborto con la pillola”, La Stampa, 11 aprile 2014

“Aborto, muore in ospedale dopo aver usato la RU486”, Repubblica, 11 aprile 2014
Morta dopo l’aborto farmacologico, anche il ministero apre un’inchiesta”, La Stampa, 12 aprile 2014
Torino, una donna di 36 anni muore in ospedale dopo aver effettuato un’interruzione di gravidanza.  I quotidiani hanno le idee chiare. C’è aria di scoop, inizia la giostra.Eh già, perché non solo è morta di aborto (dato ancora da verificare, dal momento non ci sono gli esiti dell’autopsia), ma di aborto farmacologico e si tratterebbe del primo caso in Italia, uno dei pochi nel mondo.

Non importa che quella donna si chiami Anna (il grande pubblico conoscerà il suo nome appena qualche ora dopo il decesso) e nemmeno importa davvero chi sia stata e se avrebbe voluto diventare la prima pagina di un quotidiano. Quel che conta è che fa notizia: la sua morte spalanca le porte alla mai sopita polemica sull’interruzione di gravidanza col metodo farmacologico, da pochi anni entrata anche in Italia nei protocolli ufficiali per l’IVG. E, per gli antiabortisti, rappresenta una ghiotta occasione per tentare il colpo e sferrare nuovi attacchi alla legge 194, che dal 1978 consente alle donne di scegliere se portare avanti o meno una gravidanza.

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#Milano #MoltoPiùDi194: occupata la direzione sanitaria del Niguarda!

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Le compagne di Milano, anche in vista del presidio festante che si terrà domani, hanno occupato la direzione sanitaria del Niguarda. QUI il file Pdf che vi spiega quello che succede in Lombardia. In basso il loro comunicato e delle foto.

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Milano, 11 aprile 2014

Negli stessi giorni in cui gli integralisti cattolici sfilano per la città ostentando macabri crocefissi ornati di feti sanguinanti e chiedendo il ritorno dell’aborto clandestino, abbiamo deciso di “andare alla fonte” dei problemi che già ci affliggono -e che questi signori vorrebbero istituzionalizzare- e di stanare chi se ne rende complice quotidianamente, in particolare le direzioni sanitarie degli ospedali che:
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