Da Abbatto i Muri:
In un suo articolo Christian Raimo rileva come, sebbene la componente femminile nelle istituzioni sia aumentata in realtà, poi, sembrerebbe che di femministe lì proprio non ce ne siano. Quello che c’è è una presenza riconoscibile in quanto “comunità ginocratica, genetica più che di genere” (vedi il maternage istituzionale di cui parla Cristina Morini) e continua poi dicendo che “Questo sedicente e presunto femminismo che considera le donne solo come vittime (…) è penoso, inutile, e politicamente regressivo.” Parla di un “sedicente femminismo” e di un “maschilismo benevolo” ovvero quello che io chiamo la cordata dei patriarchi buoni perennemente sollecitati ad assumere ruolo da tutori, e tutto ciò diventa un limite per lui, uomo, che è costretto entro un preciso ruolo di genere che sintetizza con un “o ti meno o ti proteggo“. Dunque al potere abbiamo prevalentemente una categoria femminile che parla in senso eteronormativo di famiglia, figli, maternità, fragilità costante e “veri uomini” che devono tornare ad essere quei virili tutori e patriarchi d’onore pregni come quelli di una volta.
I segnali di quel che succede sono lì da tempo – e tante volte ve ne ho parlato – eppure è veramente difficile renderli evidenti perché le donne nelle istituzioni – e sue o suoi affiliat* – non solo pretenderebbero di rappresentare IL femminismo (unico e solo) ma si comportano esattamente come certi partiti di centro sinistra che nonostante siano al potere fingono di stare ancora all’opposizione. Ovvero: dipingono se stesse costantemente in quanto vittime e si deresponsabilizzano rispetto alle scelte politiche e istituzionali che fanno. In realtà sono donne di potere che propongono e votano leggi, si comportano da lobby, pretendono che i loro emendamenti siano approvati e in tutto ciò calano dall’alto una visione morale che non rappresenta tutte anche se con arroganza dicono di rappresentare le donne.