Da Abbatto i Muri:
In quale direzione poteva evolvere la discussione se parte da un “il corpo è mio ma non è mio”? In senso abolizionista (della prostituzione), è ovvio. Perché la deriva delle discussioni tra femminismi è tutta in senso autoritario.
Dicevo, e lo ripeto, che è una trappola, un trucco e che questa retorica è pronta a stigmatizzare chiunque non la pensi così e dunque anche le sex workers, le precarie autodeterminate, quelle che sono “soggetti” non per assoggettamento alla volontà del gruppo ma perché vivono la soggettività a partire dalla propria, consapevole, rivendicazione di autonomia.
Dire “il corpo è mio ma non è mio” significa che c’è qualcun@ che potrà decidere al mio posto, che può arrogarsi il diritto di privarmi della libertà di scelta, che può mettere in discussione il concetto stesso di libertà e autodeterminazione, che può reinventarselo per adattarlo all’esigenza di indottrinamento imposto a donne che dovranno pensare, respirare, decidere e finanche sognare all’unisono e dichiarando obbedienza al capo, o alla capa.
Da tempo la discussione sulle donne è diventata impraticabile. L’irrevocabilità della querela sulla questione della violenza, la sottrazione di un diritto per consegnare il tuo corpo alla tutela dello Stato, lo stesso Stato dal quale bisogna prendere le distanze a gambe levate perché ci impone restrizioni su sessualità, contraccezione, aborto, il paternalismo infame che vittimizza a più non posso le donne e che amplifica e legittima soltanto quelle che si lasciano vittimizzare; i ragionamenti contorti, autoritari, intrusivi, quando si ragiona di violenza sulle donne, che pretenderebbero di fare diventare quel problema una offesa alla morale invece che ad una persona, dunque togliendo alle donne il diritto di decidere quando, se e come denunciare. L’invadenza nelle scelte sessuali, personali, l’invito a tutte, utilizzando lo strumento dell’emergenzialità e della paura, di riunirsi dietro le barricate ad affidarsi ad altre che poi ti portano dritte a votare per i loro partiti. Quella maniera autoritaria di rimettere in discussione perfino l’età del consenso delle donne, la loro maggiore età, chiedendo di innalzarla perché la libera scelta oramai non è considerata libera, non esisterebbe la consensualità giacché tu sei considerata minore e minorata finché l’apposita commissione, di matriarche e patriarchi riuniti, non ti dirà che sei adulta, dove “adulta” sta per “una che la pensa come noi”.
Continued…