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#Femminicidio: la #17esima vittima del 2013

480231_334784236592841_1751263082_nDa Abbatto i Muri:

Femminicidio. E’ la #17esima vittima dall’inizio dell’anno. Avevano una relazione. E’ finita. Lui la amava “troppo”. La perseguitava. Lei lo ha denunciato per stalking. Lui l’ha uccisa e poi si è suicidato. Questo è ciò che la stampa racconta tra mille altri dettagli che fanno tanto pornografia sentimentale.

Ci sono le foto di lei, immancabili, perché era una ragazza giovane e carina, dal sorriso pulito, come Vanessa, come Stefania, come altre i cui volti ben si prestano ad una campagna che possa essere utile a chiedere aggravanti e ulteriori soluzioni autoritarie.

Il Femminicidio, giusto per dire, non è l’uccisione delle femmine. Per capire cosa significa bisogna indagare sui ruoli di genere, quelli cui sei chiamata ad aderire. Dato che sei donna puoi essere, fare, solo questo o quello. Nulla di più. Così impone la cultura patriarcale.

Tu appartieni. Non puoi dire di no. A rafforzare il mito del possesso ci sono tante canzoni che parlano di “bisogno”, tante parole che educano a ritenere che lo stalking sia solo corteggiamento. Eppure sarebbe semplice da capire. Un NO vuol dire semplicemente NO.

Per questioni “d’onore” e per vendetta di genere sono morti quest’anno, fino ad ora,  anche #6 uomini e #1 bambina. Quest’ultima uccisa dalla madre che non accettava la separazione. E sono due le donne che hanno ucciso un convivente e una partner per ragioni che restano nella modalità di gestione del rapporto o della sua fine. #21 sono gli uomini che hanno ucciso nelle stesse circostanze.

Continued…

Posted in Comunicazione, Critica femminista, Omicidi sociali, Pensatoio.

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La principessa e Supermario

Dal Blog di Olmo Cerri:

Articolo pubblicato su Voce Libertaria.

Dalla parte delle bambine RELoADeD
È almeno dal 1973, quando Elena Gianini Belotti dà alle stampe il suo “Dalla parte delle bambine” che si riflette sul fatto che i ruoli “maschili” o “femminili” non sono assolutamente innati o preordinati. È sempre più chiaro (seppur non ancora acquisito) che questi, sono frutto dei condizionamenti culturali che la persona subisce nel corso della propria crescita. La nostra cultura utilizza tutte le armi a sua disposizione per perpetuare e riproporre, attraverso il comportamento degli individui dei due sessi, il mito della “naturale” inferiorità femminile (che si coniuga in fragilità, delicatezza, sensibilità, incompetenza) e della “naturale” superiorità maschile (potenza, forza, abilità tecnica). La tecnologia, e nel particolare i videogiochi, riescono a sfuggire a questa apparentemente inevitabile logica? È questa la domanda che ci si è posti nel corso del seminario “Dalla parte della bambine RELoADeD” tenutosi all’Hackmeeting, l’incontro delle controculture digitali che ha avuto luogo lo scorso giugno negli spazi del Centro Sociale “SOS Fornace” a Rho, nella periferia milanese.

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Posted in Comunicazione, Disertori, R-esistenze, Sessismo.

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Egitto: la violenza sessuale come arma

Mideast Egypt

Da Intersezioni ripubblichiamo la traduzione di questo articolo che spiega e denuncia le molestie avvenute contro le manifestanti in Piazza Tahrir e alcune delle risposte da parte delle attiviste stesse.

La traduzione è stata realizzata da Elena e la revisione da Martina, entrambe del gruppo Traduzioni militanti. Grazie!!!

Buona lettura!

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CAIRO. “Eravamo un gruppo di 20 donne dirette a piazza Tahrir per prendere parte al secondo anniversario della rivoluzione del 25 gennaio. Mi tenevo per mano con Rawija, una signora di 67 anni. Quando siamo arrivate vicino alla piazza un gran numero di uomini ha iniziato a tentare di separaci l’una dall’altra. Più andavamo avanti più il cappio si stringeva. Hanno trascinato Rawija lontana da me e ho visto il panico sul suo volto. Ero sola, circondata da cinque uomini con altri dieci intorno a loro, che mi palpeggiavano. Avevano dei coltelli e mi stavano molestando fingendo al contempo di volermi proteggere. Uno di loro mi toccava mentre diceva: ‘Non avere paura, ci siamo noi con te’. Hanno iniziato a spingermi verso una zona buia e mi è preso il panico. La stessa scena accadeva dappertutto intorno a me con gruppi di uomini, circondati da altri gruppi più numerosi, e le donne al centro che gridavano. Mi sono fatta trascinare dal flusso di persone e sono riuscita a raggiungere una zona illuminata. Ho visto un mio collega che cercava di raggiungermi e finalmente è riuscito a liberarmi da questo circolo di follia. E’ successo tutto nell’arco di qualche minuto ma altre donne hanno subito aggressioni simili per un’ora o più mentre i loro vestiti venivano strappati con i coltelli. Quello che ho passato io è nulla a confronto di quello che è accaduto quel giorno a innumerevoli donne.” Continued…

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