Scrive René Girard, antropologo, critico letterario e filosofo francese, che:
“Oggi si può perseguitare solo dichiarando di essere contro la persecuzione. Si possono perseguitare solo i persecutori. Uno deve dimostrare di avere per avversario un persecutore se vuole soddisfare il proprio desiderio di persecuzione.“
Da ciò deriva il fatto che chiunque aspiri a perseguitare qualcun@ debba necessariamente provare che quel qualcun@ sia pessimo. Più giù troverete definiti quelli che, secondo Girard, sono gli stereotipi della persecuzione. Tra questi ne trovate uno che parla di credenze, l’accusa rivolta a qualcuno costituisce di per se’ un fatto per il quale non è neppure necessario stabilire una prova.
Ci sono casi in cui quella credenza si realizza sulla base di antipatie, risentimenti, paranoie e convinzioni personali ed altre in cui si usano le righe proposte o tratte dalla cronaca che sembrerebbero semplicemente indicare l’oggetto adatto alla futura persecuzione. Per aver ragione della propria necessità persecutoria poi, di solito, si esige un pubblico o comunque un branco, movimento, comitato, gruppo, partito, che viene appositamente galvanizzato affinché la ragione di quella persecuzione appaia ancora più plausibile.
Persecuzione, sia ben inteso, non è critica e non è neppure “opinione”, ma è l’attitudine scomposta, insistente, ingiuriosa, infamante, molesta di trarre consenso dalla persecuzione ai danni di qualcun@ perché trasgredisce la norma, qualunque essa sia. E dunque c’è chi pensa sia opportuno perseguitare la ex moglie o chi ritiene di perseguitare l’ex fidanzato, poi c’è, ancora, quella persona che ha pubblicato una immagine, ha reso una intervista, ha scritto un articolo che non capisci, perché non corrisponde le tue convizioni, e dunque da lì parte un attacco sistematico che non smette mai perché, come dice Girard: “Il non vedere l’altro come portatore di un sistema differente ma anormale non permette di poterlo distinguere come differente dal proprio sistema, ciò mette in crisi il sistema stesso perché non sa più come differenziarsi e rischia di cessare come sistema. Così le persecuzioni servono a chi le mette in atto anche solo verbalmente a riposizionarsi come gruppo minacciato dalla crisi identitaria del suo sistema che non sa più come differenziarsi dalle altre differenze.”